Il foro Clodi
A questo punto è doveroso fare una considerazione: i percorsi stradali si erano deteriorati e ricoperti di erba poi diventata terriccio con il loro successivo interramento, inoltre, la Tabula Peutingeriana raffigurava luoghi la cui viabilità nei secoli era cambiata. Ad esempio le Fosse Papiriane, sono indicate come “Fossis Papirianis”, cioè con un ablativo, come ad indicare un ostacolo quasi insormontabile, tanto che manca anche la via Aemilia Scauri, l’attuale “Sarzanese”, pur essendo indicate le miglia in tre tappe (XII, XV, VIIII) per un totale di chilometri compatibile con la distanza reale tra Taberna Frigida e Pisis.
Questo significa una cosa importante, e cioè che le zone raffigurate erano quelle della viabilità romana e non potevano esserci, dunque, tutti i centri abitati che, nel frattempo, si erano sviluppati nel tardo medioevo. La Tabula Peutingeriana risale, quindi, al periodo romano con una viabilità che la copia del XIII° secolo non rispecchia più affatto. La viabilità del periodo imperiale seguiva tracciati vallivi di fondovalle, che offrivano una maggiore velocità di percorrenza, soprattutto di difficile percorrenza da parte di legioni in marcia cadenzata, mentre, nel medioevo le strade e i percorsi si moltiplicarono, seguendo tracciati anche a mezza costa e di crinale e non mancarono i percorsi di attraversamento intervallivi.
Dopo i Goti, i Bizantini e i Longobardi, che avevano mantenuto un controllo amministrativo più diretto, con l’arrivo dei carolingi, i vescovi divennero vere e proprie figure di riferimento nell’economia rurale e cittadina medievale. Contemporaneamente, l’incastellamento sostituì le curtes, che invece tendevano alla unificazione territoriale con accentramento del sistema delle tasse coordinate dalle pievi. Da qui la necessità di costruire nuovi castelli per il controllo di un sistema ad alta viabilità, che aveva scardinato il sistema curtense. Ad esempio a Sala (come era conosciuta Piazza al Serchio in epoca longobarda) vennero costruiti ben quattro castelli e per il controllo dei percorsi a mezza costa fu necessario edificare un castello, il castrum de Verrucola Girardingorum, lungo una possibile via di commercio, altrimenti senza controllo.
In genere si pensa al castello come sistema difensivo contro i pericoli esterni, ma il castello era, anche, molto utile al sistema erariale. Il primo nemico da tenere sotto controllo era il popolo: fondamentale era evitarne le ribellioni con un controllo capillare sulla vita e riscuotere da esso più denaro possibile.
Nella vita medievale i castelli erano di proprietà vescovile e, direttamente o indirettamente, controllati dal vescovo. Solo col tempo, alcune famiglie cominciarono ad affrancarsi da questo controllo, quando si cominciarono a formare le Signorie, che per il popolo significò passare dalla padella nella brace.
Le comunicazioni lungo la valle del Macra giungevano con le medesime caratteristiche garfagnine storiche (vie di fondovalle romane e vie di mezza costa e vie di crinale medievali) fino al valico del Malus Passus, comunicazione con la valle dell’Enza, o della Caesa, comunicazione con la val di Taro lungo la cui via si trovava Fornovo, “foro Novo”, la cui certezza topografica deriva dal nome stesso. Entrambi i passi raggiungevano Parma per vie parallele, rispettivamente lungo le valli dei fiumi Enza e Taro.
Nel medioevo, quindi, si sviluppò un reticolo di comunicazioni tra i borghi, “un’area di strada”, fatta di sentieri e mulattiere o poco più, che nel frattempo si erano consolidati e che nascosero il percorso romano, non più mantenuto in efficienza. Le montagne del territorio nei versanti delle due rive del fiume Macra, infatti, sono costellate di raggruppamenti di case oramai perse, disabitate e ridotte a ruderi.