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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Il Codex Vindobonensis 324 e il mondo antico (quinta parte)

DiGian Luigi Telara

Dic 26, 2022

La parte dellaTabula Peutingeriana relativa alla zona tra Lunes e sotto Pisis è oggetto da anni di accese discussioni tra i vari studiosi in merito all’indicazione “Boron”che, per alcuni, indicherebbe delle montagne sopra La Spezia, mentre, secondo altri, si tratterebbe del passo del Bracco. A sud di tale indicazione, sono segnati due tracciati fluviali, di cui uno, il primo, secondo quanto detto finora, è un flumen (manca cioè il tracciato rosso) e l’altro un “fluvius” (vi è associato il tracciato rosso), ma non ne è indicato il nome. Che manchi il nome in realtà non è veramente importante. Come abbiamo visto, il mancato segno di assenza di percorribilità lungo il loro decorso, almeno del primo dei due, ne esclude l’interesse. Il viandante, magari un pellegrino, che avesse chiesto in una “mansio” il nome del primo dei due fiumi, magari il Vara o il Parmignola, non lo avrebbe associato a nulla e dunque sarebbe passato oltre. Per il secondo, avendo avuto conferma della sua percorribilità, ne avrebbe seguito il decorso salendone la valle. Questo era il modo di viaggiare in epoca romana. Per questo motivo, quando si arrivava alla foce di un fiume, saperne o meno il nome non aveva alcuna importanza, e, una volta chieste le informazioni, sarebbe stato facile decidere in che senso proseguire il viaggio, senza particolari difficoltà. Bastava chiedere notizie alle mansioni, magari confrontandole con una mappa trascritta a mano e tenuta nel sacco da viaggio come una reliquia preziosa. Su questa mappa poteva esserci scritto “fiume ignoto”, e Macra, Auenna, Vesidia, Arnu e Umbro, i nomi dei fiumi rappresentati nella Tabula Peutingeriana. Questi fiumi sono stati identificati nei corrispettivi attuali Magra, Laventia (oggi Carrione), Versilia, Arno e Ombrone.

Alcuni studiosi hanno diversamente descritto questi fiumi, parlando invece dei fiumi Macra, Aventia, Serchio, Arno, Fine e Cecina che vengono prima dell’Umbro, indicando, in totale, sette fiumi come nella Tabula Peutingeriana. I primi due fiumi presenti nella Tabula Peutingeriana relativa alla area apuana, in ogni caso, restano senza nome, senza alcuna corrispondenza con la mappa. Nella descrizione cartografica ci sono degli errori, per cui è impossibile trovare una corrispondenza geografica del loro decorso. Diciamo che un abitante del luogo non ha difficoltà ad identificare il primo tracciato con la linea rossa col Macra, fiume la cui foce, nella Tabula Peutingeriana, giunge al mare a sud di Luni e che parte, a monte, con percorso vallivo dal passo Caesa (Cisa), sulla vecchia Aemilia Scauri, vicino a cui fu fatta edificare da Liutprando, all’inizio del VIII, secolo l’Abbazia di Berceto sul versante del Taro. Sul versante del Macra, invece, si trovava un secondo xenodochium, quello di San Benedetto di Montelungo. Viceversa il Macra segnalato sulla Tabula Peutingeriana è il fiume successivo (verso sud), senza tracciato rosso associato, e che dovrebbe essere l’Auser, cioè il Serchio. Questo Macra della Tabula Peutingeriana sbocca al mare a nord di Pisa. Da tenere presente che in antico l’Auser passava nell’entroterra di Lucca e sboccava nel lago di Sesto (tra Lucca e Bientina) e da lì un emissario del lago raggiungeva l’Arno che sfocia, ovviamente, poco oltre Pisa, all’epoca molto più vicina al mare. Nella Tabula Peutingeriana manca ogni riferimento a questo percorso: non compare né la confluenza nel lago, né l’emissario del lago sull’Arno. Il fiume successivo verso sud che è descritto nella Tabula Peutingeriana tra quelli con il nome è l’Auenna, identificato con l’attuale Carrione. Questo fiume ha la linea rossa da sorgente a foce. Va ricordato che nella pronuncia dei paesi a monte di Carrara ancora oggi la “v” si legge “u” e non è detto che in quel tempo tutto il carrarese non pronunciasse così la “v”, secondo l’idea che i “paesi a monte” siano un residuo di una antica pronuncia ligure. Il Carrione viene fatto sfociare a sud di Pisa, dove si trovava il porto che nella Tabula Peutingeriana è indicato dal nome “Turrita”, da varie fonti citato anche come Triturrita, probabilmente per la presenza di più torri. Non tutti gli studiosi hanno identificato l’Auenna con il fiume di Carrara: alcuni non l’hanno proprio rapportato ad alcun fiume, non conoscendo il fiumeCarrione. Altri invece hanno letto addirittura “Sienna”, fiume di difficile identificazione. Tra l’altro va detto che a Siena è riferita la presenza di un fiume sotterraneo, la Diana, la cui esistenza è stata supposta sin da tempi remoti per via del rumore di acqua che scorre, rumore sentito distintamente in alcuni quartieri della città e cercato attivamente durante il XIII secolo, ma mai trovato e intorno a cui esistono alcune leggende intrise di mistero. Altro fiume “senese” è l’Arbia, famoso per la battaglia di Montaperti del 1260 quando i senesi ebbero la meglio sui fiorentini e tanto fu “Lo strazio e il grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso” (Inferno, Canto X). Va detto che l’Arbia confluisce in un altro corso d’acqua, l’Ombroncino, che da lì viene detto Ombrone. Questo fiume, però, non è l’Umbro della Tabula Peutingeriana. Di questo Ombrone non vi è traccia.

Tornando al fiume Auenna, per gli abitanti della valle dell’Aventia, non è difficile capire dal nome che si tratta proprio del fiume carrarese con decorso “inventato”.

Prima parte

Seconda parte

Terza parte

Quarta parte