• Sab. Apr 20th, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Il Codex Vindobonensis 324 e il mondo antico (prima parte)

DiGian Luigi Telara

Nov 28, 2022

In questa ricerca seguiremo la lingua del popolo apuano, secondo uno sviluppo storico-cronologico e cercheremo di identificare, da un lato le caratteristiche linguistiche e fonetiche attuali, dall’altro gli influssi linguistici sulla lingua apuana, derivanti da quelle dei popoli, con cui gli antichi apuani vennero in contatto. Seguiremo, dunque, nell’insieme, un percorso storico, glottologico e linguistico per arrivare a identificare un alfabeto in grado di scrivere la “lingua apuana”.

L’area di interesse di questo impegno è tutto il “carrarese”, ovvero l’insediamento umano che si estende lungo la valle bagnata dalle acque del “flumen Aventia”, dal monte, al mare. In quest’area si parla un dialetto particolare, che, peraltro, trova differenze tra le sue varie parti: idealmente e per comodità di classificazione possiamo considerare una versione del dialetto parlato nei “paesi a monte”, il carrarino, parlato a Carrara, e infine il dialetto parlato più a valle, lungo la fascia costiera ad Avenza e a Marina.

Come prima cosa va notato che, ai “carraresi”, manca decisamente un alfabeto, che riesca ad esprimere ciò che loro pronunciano, cioè dei fonemi adeguati. I suoni del dialetto apuano, infatti, hanno caratteristiche particolari che trovano difficoltà ad essere espresse con i grafemi dell’alfabeto latino. Va anche detto che, all’interno del carrarese, è decisamente più fattibile per un carrarino trovare un corrispettivo grafemico del proprio eloquio, rispetto alle altre zone, i cui suoni sono più particolari. Manca, in ogni caso, un modo standardizzato per poterli scrivere anche in “carrarino”. Nell’insieme, comunque, le caratteristiche fonetiche sono simili in tutto il carrarese, perché hanno la stessa origine, pur se con esiti fonetici diversi.

Il dialetto del carrarese nel suo complesso si è basato, finora, sulla pura tradizione orale e ha subito un processo di italianizzazione marcato, con tanto che si è perso di generazione in generazione. Tuttavia, per quanto ci sia una perdita linguistica in termini, sia di lemmi, sia di suoni, è ancora possibile recuperare molto.

Una prima fonte è il “Dizionario Carrarese-Italiano” di Luciano Luciani. Questa fonte è particolarmente preziosa, in quanto rappresenta, forse, la principale memoria linguistica di lemmi e di fonetica del passato linguistico apuano. Luciani ha usato un alfabeto fonetico, che era stato sviluppato da eminenti linguisti delle generazioni ancora precedenti che, a loro volta, avevano tradotto su carta una molteplicità impressionante di suoni. Molti di questi suoni sono persi. Forse tra i più anziani, qualcuno ne avrà ancora memoria, forse potrebbero essere ancora presenti nella più remota memoria degli anziani apuani, tuttavia, pensare ad un loro recupero è impossibile. Per questo l’obiettivo che ci poniamo è quello di salvare quanto rimane nella popolazione attuale. Cercare di tornare indietro nel tempo significherebbe dover imparare un’ulteriore altra lingua, con anche il rischio di inventare suoni perduti. Inoltre, dietro al Luciani c’era un background di linguisti di notevole spessore e sarebbe un vero peccato non farne tesoro.

Altra fonte sono le pubblicazioni di linguisti, che si sono dedicati allo studio dei dialetti simili a quello carrarese. Si tratta di tanto materiale in quanto le aree che hanno una parlata “cacuminale” come il carrarino, sono tante, specie nel sud d’Italia. Ci sono, poi, i poeti carraresi che, per fortuna, hanno prodotto molti scritti. Le loro opere sono doppiamente importanti, sia per il loro valore artistico intrinseco, sia per il loro modo di scrivere in dialetto. Si tratta di una scrittura, nell’insieme, simile tra i vari autori, anche se con alcune disomogeneità. Si nota, comunque, nell’insieme un’evoluzione nella loro scrittura, che cambia nel corso dei decenni. Ad esempio si nota che l’uso della kappa, in antico molto diffuso, pian piano è scomparso, tanto da sembrare a molti un’esagerazione, come anche l’assenza della “q”. Altra caratteristica: tutti gli autori sono di fatto carrarini, per cui manca una produzione artistica letteraria delle altre aree del carrarese. Questo aspetto mette in luce le difficoltà di scrittura di queste zone. Sono convinto che se fosse stato possibile scrivere con facilità i suoni di tutte le zone del carrarese, adesso leggeremmo anche materiale proveniente da autori di queste altre aree. La linguistica intesa come studio etimologico, come sintassi e come grammatica, è un’altra fonte in cui io mi sono impegnato in prima persona. Questo approccio è particolarmente utile per capire da dove vengono le parole, la loro grafemica in latino e come questa si è evoluta nel tempo. È qui che possiamo cercare un modo filologico di trascrivere i suoni. Infine, l’ultima fonte, è Facebook. Sulla piattaforma social più famosa si trovano tanti appassionati che scrivono in dialetto. A volte si legge un dialetto italianizzato, più spesso si trova un italiano dialettizzato, ma capita di leggere anche un dialetto con una aderenza alla linguistica che è notevole. Questa fonte, in particolare, è utile per cercare il modo di tradurre per iscritto tutti quei suoni soprattutto quelli dei paesi a monte e della fascia costiera, che non hanno, per l’appunto, ancora trovato una omogeneità grafemica. Facebook opera, in pratica, come una specie di referendum spontaneo sulla identificazione dei grafemi giusti, per i suoni che ne sono ancora privi. Una cosa che va sottolineata è che, scorrendo l’etimologia dei lemmi e ripercorrendo come questi suoni si sono evoluti nel corso dei secoli, la forma grafemica italianizzata che ricompare in Facebook è come se ritrovasse la sua antica essenza latina, l’etimologia, e i suoi passaggi attraverso il latino ecclesiastico. Riaffiorano cioè le origini delle parole, come per magia. Laddove esistano discrepanze tra scrittura, Facebook e aspetti linguistici, questi prevalgono.