La figura di Luigi Calabresi è, senza ombra di dubbio, una di quelle che racconta gli anni di piombo, la stagione tra la fine degli anni 60 e l’inizio degli anni 80 caratterizzata da violenza politica, lotta armata e attentati terroristici. Luigi Calabresi nacque a Roma il 14 novembre 1937 da una famiglia borghese. Frequentò il liceo classico presso l’Istituto San Leone Magno e nel 1964 si laureò in giurisprudenza con una tesi sulla mafia siciliana. Luigi Calabresi decise di intraprendere la carriera in polizia, confidando agli amici di non vedersi come avvocato o magistrato. Nel 1965 vinse il concorso come vice commissario di pubblica sicurezza e frequentò il corso di formazione nell’Istituto superiore di polizia, quindi prese servizio a Milano. Venne inserito nell’ufficio politico della Questura, con l’incarico di indagare negli ambienti della sinistra extraparlamentare. In quel periodo, come d’altronde anche oggi, gli Stati Uniti avevano un occhio particolare su ciò che avveniva nel Mediterraneo e Calabresi indagò sugli anarchici accusati di utilizzare gli esplosivi già usati in Grecia per contrastare la dittatura dei Colonnelli. Arrivarono gli anni caldi della contestazione studentesca e Calabresi conobbe Giuseppe Pinelli e si scambiò, con lui, alcuni libri: questo è un particolare davvero curioso. Nel novembre del 1967 Calabresi guidò le forze di polizia nello sgombero dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che era stata occupata dagli studenti guidati da Mario Capanna, un altro nome noto che avrebbe fatto la storia di quegli anni. Nel 1968 Luigi Calabresi diventò commissario capo e si trovò a fronteggiare le proteste sempre più dure nelle vie di Milano. Nell’aprile del 1969 Calabresi fu incaricato di indagare sugli attentati con bombe avvenuti nel padiglione della FIAT alla Fiera Campionaria e alla stazione centrale di Milano. Il 21 novembre 1969 accadde un episodio che testimonia la grande correttezza di Luigi Calabresi. Durante i funerali di un agente, Antonio Annarumma, difese Mario Capanna che stava per essere linciato da parte degli agenti presenti alle esequie. Arriviamo al momento cruciale per la vita di Luigi Calabresi. Il 12 dicembre 1969 esplosero cinque bombe in una filiale della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano. Le indagini, dirette dallo stesso Calabresi, condussero verso la pista anarchica e alla sua vecchia conoscenza Giuseppe Pinelli. Dal quel momento, per il principio del piano inclinato, iniziarono una serie di conseguenze che non si fermarono fino a tragici epiloghi. Luigi Calabresi e la sua squadra arrestarono Giuseppe Pinelli e altri 84 anarchici in cerca della verità, che spesso si nasconde tra le pieghe della storia. Nella tarda serata del 15 dicembre 1969 Giuseppe Pinelli precipitò dal quarto piano della Questura di Milano. Da quel momento iniziarono una serie di congetture. La prima versione fu quella del suicidio dell’anarchico, in quanto il suo alibi non sarebbe stato confermato. Un particolare inquietante fu che il questore dell’epoca, Marcello Guida, era stato il direttore del carcere per i prigionieri politici di Ventotene durante il fascismo. È evidente come costui sia stato molto veloce nel riciclarsi, ma questa è un’altra brutta storia del nostro paese. In ogni caso l’alibi di Giuseppe Pinelli risultò attendibile e gli scenari sulla sua morte aprirono il campo a polemiche politiche e istituzionali che fecero di Luigi Calabresi il bersaglio deputato per la vendetta di gruppi extraparlamentari. Per completare il quadro, in quel periodo Luigi Calabresi stava indagando sulla morte di Giangiacomo Feltrinelli, l’editore morto in circostanze alquanto particolari, mentre stava collocando una bomba sotto un traliccio, almeno secondo quegli inquirenti sui quali Calabresi stava indagando. Un’altra indagine sulla quale stava tentando di fare luce, era il traffico internazionale di esplosivi attraverso il confine triestino e quello svizzero, per il quale era stato fermato l’estremista di destra Gianni Nardi. Il 17 maggio 1972 alle 9 e 15, Luigi Calabresi fu assassinato in via Francesco Cherubini a Milano, vicino alla sua abitazione, mentre stava andando al lavoro. Dopo qualche anno per il suo omicidio furono condannati gli esponenti di Lotta Continua, Leonardo Marino, Ovidio Bompressi, come esecutori materiali. I mandanti furono identificati e condannati in Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri. La vita e la morte di Luigi Calabresi si intrecciano con una delle stagioni più cruente del nostro paese. Suo figlio Mario, oggi giornalista e scrittore, ha raccontato una parte di storia nel libro: Spingendo la notte più in là. Forse la notte, l’oscurità che hanno pervaso quegli anni difficili che conservano misteri che forse non saranno mai svelati, perché è molto più semplice addossare le colpe ad un capro espiatorio che prendersi le colpe di una società fallita.
Luigi Calabresi: gli anni di piombo
