Può succedere che una persona vada a rinnovare la patente e per tutta risposta l’impiegata le dica che non è possibile per il semplice motivo che la richiedente è morta. Sembra una barzelletta, ma è ciò che è successo nella realtà ad una giovane mamma americana, tale Nicole Paulino, che si è vista negare il rinnovo perchè all’anagrafe cittadina risultava deceduta per cui, evidentemente, non più abile alla guida. Tutto sembra essere nato per un errore di distrazione da parte di un’agenzia di pompe funebri che, nel registrare il decesso di un’altra persona, ha immesso nel pubblico registro il numero di previdenza sociale sbagliato, provocando così tutta una serie di errori a cascata che hanno portato non pochi problemi alla vera vittima di questo inconveniente, come il blocco all’assistenza sanitaria ed una serie di lungaggini burocratiche per convincere il governo che lei era via e vegeta. È molto probabile che la signora Paulino abbia toccato ferro o, per lo meno, abbia fatto tutta una serie di scongiuri, apprendendo questa notizia, ma sicuramente avrà avuto il suo bel daffare per convincere i burocrati locali che era viva e vegeta. Cose che possono succedere solo in America, starà commentando qualcuno, ma non è così: purtroppo, anche in Italia, non siamo nuovi a disastri del genere, infatti anche noi registriamo casi di persone che scoprono di essere morte a loro insaputa. L’anno scorso un signore di Foggia di 66 anni è andato a ritirare la pensione ed ha scoperto di essere deceduto da almeno un paio di mesi buoni. La legge italiana vieta agli zombie di ritirarla per cui l’INPS ha avvisato la banca intimandole di restituire le somme erogate dopo la data di morte, che ammontavano a circa due mensilità. Ecco come racconta la sua vicenda il diretto interessato: “All’Inps risulta che io sia deceduto l’1 dicembre del 2023 – dice Nando, il protagonista della vicenda -, ragione per la quale le mensilità ricevute nei mesi di gennaio e febbraio 2024 andavano restituite. Sono stato avvisato dal mio istituto di credito presso cui avevo il conto che nel frattempo ho spostato in un’altra banca”. Almeno fino a due mesi dopo il problema non era ancora stato risolto è non abbiamo più notizie dall’interessato su come sia finita la faccenda. Certamente è un episodio triste e disdicevole, purtroppo non è l’unico nel genere, infatti già nel 2017 nel comune di Lendinara, in provincia di Rovigo, la signora Carla Paiola venne a mancare all’età di 88 anni, fu registrato il decesso ma nel trascriverlo il cognome divenne Piola e guarda caso nel comune di residenza esiste davvero una Carla Piola che, a sua insaputa, venne dichiarata morta, ottenendo così la morte di una persona ancora viva e la “rimessa in vita” di una che invece era morta. Siccome i guai non vengono mai da soli, non soltanto i dati sbagliati furono trasmessi all’INPS, con il conseguente blocco della pensione, ma dall’altra parte, il funerale venne interrotto e non fu possibile riprenderlo fino a quando l’inghippo non venne risolto.
Questo è ciò che succede a causa di distrazioni o casi di omonimia, ma esiste una procedura giuridica che prevede un percorso burocratico proprio per ovviare a situazioni i del genere, specie quando si devono affrontare casi di morte presunta, per esempio quando una persona rimane vittima di un incidente, ma non è mai stata ritrovata la salma. In questi casi bisogna aspettare un determinato lasso di tempo prima che si possa accertare la morte giuridica della persona, così come è possibile fare il procedimento inverso, quando cioè davanti ad una morte presunta il soggetto dimostri di essere ancora in vita. La cosa assurda è che non basta davvero chiamare qualcuno, dicendo che si è vivi, ma bisogna esibire un certificato che lo attesti!
Non stupiamoci se in futuro qualche funzionario bussi alla nostra porta, chiedendoci se siamo ancora in vita, magari stanno solo cercando di aiutarci, o di sanare una loro distrazione.