“Italiani, popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori” disse un giorno qualcuno ed io aggiungerei anche di coraggiosi e valenti esploratori. La Lunigiana non può esserne da meno, sia perchè facente parte del territorio italiano, sia per aver dato i natali ad uno dei più famosi e meno conosciuti esploratori del XVIII secolo: Alessandro Malaspina. Discendente della famosa casata che dominò e governò queste terre fin dal primo medioevo, nacque a Mulazzo il 5 novembre 1754 e, come tutti i figli non primogeniti delle famiglie nobili dell’epoca, il suo destino sembrava già destinato ad una carriera ecclesiastica, come dimostrano gli studi tenuti a Roma sotto la guida di padre Antonio Maria de Lugo, teologo di corte e direttore del Pontificio Collegio Pio Clementino. La sua determinazione a voler intraprendere una carriera tra le fila della Marina militare, convinse il padre a concedergli di assecondare i suoi desideri, per cui, dopo una breve esperienza nell’Ordine Militare di San Giovanni di Gerusalemme, durante la quale ebbe modo di effettuare alcuni mesi di navigazione nel Mediterraneo, seguì lo zio in Spagna dove, grazie alla sua parentela con l’ex viceré, fu accolto nella Accademia della Real Marina di Spagna col grado di Guardiamarina. Nella Marina Spagnola ebbe modo di distinguersi per valore e coraggio durante alcune battaglie contro vascelli appartenenti al sultano del Marocco e a dignitari algerini, ma, soprattutto si mise in evidenza in uno scontro, tenutosi al largo di Gibilterra, contro la potentissima Marina inglese. La partecipazione a queste battaglie gli diede l’opportunità di avanzare di grado fino a quello di Capitano di fregata, che gli fu assegnato di ritorno da una missione fino alle isole Filippine. Forte del prestigio ottenuto, partecipò ad alcune campagne di rilevazioni cartografiche, per, poi, essere assegnato ad una missione di più ampio raggio che, partita da Cadice nel 1786, si concluse nel medesimo porto nel 1788, dopo aver fatto il giro del mondo. Questo viaggio, che aveva uno scopo puramente commerciale, gli diede l’occasione di effettuare alcune rilevazioni nautiche, ma, soprattutto fece maturare in lui la consapevolezza che l’era delle grandi scoperte si era conclusa con quella recente, da parte di Cook del continente australiano, per cui l’obiettivo delle missioni esplorative non poteva più essere la scoperta di nuove terre, ma l’esplorazione di quelle conosciute. Un’esplorazione che avrebbe dovuto tener conto del valore scientifico a cui queste erano destinate. Sulla base di questo nuovo modo di pensare la navigazione, nacque il progetto di una spedizione alla quale avrebbero dovuto partecipare il fior fiore degli scienziati del tempo nel campo dei cartografi, dei naturalisti, dei pittori e dei disegnatori, andando ad arruolare anche esperti di nazionalità diverse da quella spagnola. A disposizione di questi personaggi venne messa una vera e propria biblioteca tra le più fornite del tempo, per avvalersi della cartine più aggiornate, dei testi di riferimento più recenti possibili e degli strumenti di rilevazione più moderni.
A bordo delle corvette gemelle Descubierta e Atrevida, così chiamate in onore delle navi Discovery e Resolution che servirono agli ordini del capitano Cook, con la benedizione del re Carlo III di Spagna, il 30 luglio del 1789, Alessandro Malaspina partì per una missione quinquennale intorno al mondo. Attraversato l’oceano Atlantico in soli 52 giorni toccarono terra nell’odierno Uruguay, per poi proseguire a sud lungo le coste dell’Argentina, doppiare lo stretto di Magellano e risalire a nord fino alle coste del Perù. Dopo una sosta di quattro mesi dedicata alla manutenzione delle navi, all’organizzazione per la spedizione dei primi materiali in Spagna e ad alcune spedizioni scientifiche verso l’interno, ripartirono verso nord toccando le coste dell’Ecuador, del Nicaragua e del Messico, spingendosi ancora più su in cerca di quel famoso passaggio a Nord Ovest, chimera di tanti esploratori fin dai primi anni del XVI secolo. Importante fu il lavoro sotto il profilo etnografico ed antropologico per la descrizione di alcune tribù autoctone del Nord America, una delle quali, quella dei Nootka, era accusata addirittura di cannibalismo.
Il viaggio proseguì verso le Filippine toccando varie isole tra cui Le Tonga, Guam, Sulawesi, le Molucche e la Nuova Zelanda. Il ritorno prese la stessa via dell’andata con il doppiaggio del stretto di Magellano, le isole Falkland ed ancora Montevideo per poi tornare a Cadice il 16 maggio 1795. Alessandro Malaspina, al suo ritorno in patria trovò la situazione politica profondamente cambiata, anche a seguito della Rivoluzione Francese, della quale ebbe contezza per la prima volta, lungo le coste del Perù nell’estate del 1790. La sua stella si spense lentamente parallelamente alla decadenza della corona spagnola, tanto da rimanere vittima di congiure di palazzo che lo condussero fino alla prigionia. Liberato grazie all’influenza di nobili italiani alla corte di Napoleone, tornò in Italia prima a Genova e poi a Pontremoli dove morì il 9 aprile 1810.
Ciò che lo rese davvero degno di essere ricordato come uno dei più famosi esploratori italiani è stata anche e soprattutto la sua visione moderna delle spedizioni di ricerca, volte non più solo a trovare nuovi territori da annettere e nuove popolazioni da soggiogare, ma a scoprire i segreti del mondo che ci circonda, avvalendosi di scienziati ed eruditi senza badare alla loro connotazione politica o provenienza. Gettò sicuramente le basi della moderna scienza di esplorazione e meriterebbe un posto di maggior rilievo sia a livello nazionale che a livello regionale.