Ogni paese ha il suo santo patrono, ovvero un personaggio elevato ai crismi di santità, scelto dal popolo affinché lo protegga dalle avversità. Nella tradizione cristiano cattolica, solitamente i resti o le reliquie ricollegabili a tale santo sono conservate sotto l’altare, come dettato da tradizioni antiche ed ormai distanti nel tempo. La prossima volta che entrate in una chiesa, possibilmente antica, lasciatevi guidare dalla curiosità e vedrete che da qualche parte spunteranno resti o anche solo parti di essi appartenuti al santo di rifermento. Più è prestigioso il luogo o la chiesa, più “importante” sarà la reliquia custodita, ad esempio se andate a Sarzana, città che nei secoli ha ereditato i resti della fastosa Luni, troverete un’ampolla contenente il preziosissimo sangue di Gesù. Non parleremo, comunque, di questa preziosa reliquia che la tradizione e la fede vogliono vera, ma di una figura altrettanto carismatica e allo stesso tempo misteriosa, legata sia all’antica Luni, che alla moderna Carrara, rivestendone il delicato compito di protettore della città.

Su San Ceccardo infatti le notizie non sono molto certe, a partire dal momento storico in cui il santo è stato martirizzato: la tradizione vuole fosse l’anno 860, altre fonti il 600 circa. Diverse storie con diversi svolgimenti, ma vediamoli sommariamente.

Ceccardo era il vescovo di Luni nel IX secolo: fino a qui sembra siano un po’ tutti concordi, ma la città che ai tempi dell’impero romano era molto importante, versava ormai in un irrefrenabile declino, solo i marmi che rivestivano i suoi palazzi davano l’idea di un’opulenza ed una ricchezza ormai passata. Vuole un racconto che, una piccola flotta vichinga transitante al largo, sia stata attirata dalla lucentezza di quei rivestimenti e, sospettando la presenza di un tesoro da razziare, abbia escogitato un trucco per depredarla. Nascoste le navi, il condottiero Hastings (e già il nome dovrebbe far pensare) si presentò alle porte della città come pellegrino con la scusa di avvicinarsi alla regione cristiana. Fingendo, poco dopo, di ammalarsi se ne andò. Poco dopo, un altro normanno si recò sotto le mura dicendo che il pellegrino in punto di morte aveva espresso il desiderio di ricevere un funerale cristiano, per cui ottenuta l’autorizzazione fu organizzato un corteo funebre, con in testa il sarcofago, che varcò le porte cittadine, ma, così come fece il prode Odisseo a Troia con la scusa del cavallo, il capo vichingo balzò fuori dalla bara seminando morte e distruzione ovunque. Vittima dell’incursione fu anche il vescovo che morì decapitato. Un’altra versione vuole che il vescovo vittima degli incursori sia stato il suo predecessore Gualchiero, mentre Zicard, come viene amorevolmente chiamato dai carrarini, si narra fosse stato martirizzato in una zona più interna, verso le cave, là dove oggi sorge la chiesa costruita in sua memoria. Alcuni storici hanno storto il naso su questa versione, perchè abbiamo a disposizione l’elenco preciso dei vescovi succedutisi a Luni ed il nome non torna in quella collocazione storica, in più, anche le versioni seguenti sono discordanti. Di certo c’è che il vescovo si recò nell’entroterra, il motivo però non è chiaro, alcuni raccontano che lo fece per andare ad acquistare dei marmi per la chiesa locale da dei cavatori con i quali c’erano delle discordanze sul prezzo da pagare. Che i cavatori carrarini abbiano un carattere poco accomodante è un dato di fatto, ma arrivare ad uccidere un vescovo venuto di persona a stabilire una transazione la vedo un po’ dura. Un’altra versione vuole che la sua morte sia avvenuta a causa del suo zelo religioso, allorquando criticò gli usi di alcune genti. Non dobbiamo stupirci troppo di questa versione dei fatti, perché noi siamo sempre stai portati a pensare che dopo l’editto di Milano del 313 d.C. e quello successivo di Tessalonica del 380, tutte le genti abitanti l’Impero Romano si siano convertite in blocco alla nuova religione. Questo processo fu, in realtà, lento specialmente nelle zone interne come possono essere quelle montane e appenniniche, ne è conferma la famosa lapide di Leodegar, conservata nella chiesa principale di Filattiera (alta) che denuncia come, ancora verso la fine del VIII secolo in Lunigiana erano presenti numerose enclave di pagani che adoravano gli idoli, probabilmente le statue stele. Chissà che le gesta di Ceccardo non si inseriscano proprio in quel contesto, sta di fatto che il nostro personaggio, inoltratosi in quella che, al tempo, era una zona boschiva, fu assalito da alcuni briganti o chissà quali genti e bastonato a morte, se non addirittura decapitato. Altre versioni dicono accoltellato alla gola ad opera di un contadino insospettito da una generosa elemosina che il prelato aveva concesso alla moglie. Certo qualcuno ha sollevato il sospetto che una decapitazione nei boschi, somigli più ad una esecuzione bella e buona, ma scovare la verità, dopo così tanto tempo e con così poche fonti certe, è davvero un bel problema. Anche le sorti dei suoi resti sono avvolti nel mistero. Scomparse per secoli, seguendo il filo dei racconti leggendari, il suo scheletro fu ritrovato anche grazie alla presenza di una sorgente, dove ora c’è una fontana ritenuta miracolosa, e ricomposto in un’urna fatta di marmo mentre il cranio fu riposto in una teca d’argento. I più maliziosi sollevano anche altri sospetti legati al fatto che subito, i resti ritrovati dopo quasi 800 anni, furono deposti sotto l’altare maggiore della chiesa di Sant’Andrea dove già erano conservate le reliquie di quel santo, così come ho spiegato all’inizio. Insomma per qualcuno sembra si tratti di una devozione quasi imposta, per motivi che non è dato sapere e ciò sembra ancor più strano per il fatto che, nemmeno due secoli dopo, la venerazione per questa figura era quasi scomparsa tanto che all’improvviso, nel XVI secolo si pensò di riaprire l’urna per verificare che all’interno ci fossero davvero le ossa del santo. Durante quell’ispezione dal cranio venne prelevato un dente e dall’alveolo si dice stillarono alcune gocce di sangue. Altre ricognizioni furono effettuate e nell’ultima del 1949 fu effettuata un’indagine precisamente riguardo la storia del dente. Fu notato un lieve rossore nella zona interessata e lo scienziato incaricato delle analisi affermò che quanto prelevato non poteva essere classificato come materia ematica anche se, quanto messo a sua disposizione, non era sufficiente a fare una relazione tale da cancellare ogni dubbio. Insomma, un po’ come avrebbe potuto sentenziare l’oracolo di Delfi, non è, ma potrebbe anche essere!
Nel 2021 i resti del Santo sono stati sottoposti ad un’ulteriore analisi ad opera di studiosi dell’Università di Pisa e resi pubblici nel 2023, in quell’occasione è stata anche mostrata una ricostruzione del volto eseguita con moderne tecniche di plastinazione sulla base degli studi effettuati sul suo cranio. Andando su Youtube, se proprio non volete andare in chiesa a vederlo, è possibile osservare il volto di un uomo del primo medioevo che, muto, è capace di raccontarci ancora tante cose, basta saper tendere l’orecchio ed ascoltare.