Per definizione un animale parlante è un qualsiasi animale, che può produrre suoni o gesti simili a quelli di un linguaggio umano. Esistono animali che possono imitare la voce umana, vedi ad esempio i pappagalli o i merli indiani. I passato sono esistiti anche degli esemplari che, sebbene non parlassero, riuscivano in qualche modo a comunicare con l’uomo. Cani, gatti, cetacei, foche, manguste, capre persino, elefanti, ma i casi più clamorosi, credo, siano quelli che riguardavano i nostri parenti più prossimi, le scimmie di grosse e di piccole dimensioni. Ricorderete Koko, la grilla femmina che parlava coi segni dei sordomuti e che toccò il cuore di milioni di persone specie quando, almeno stando ai ricercatori che la studiavano, chiese ripetutamente di avere un gatto come amico e quando le fu regalato un gattino di pezza risposte con segni che esprimevano tristezza. Al contrario, si mostrò invece felicissima quando a un suo compleanno le fecero trovare un gattino vero, che allevò come un figlio. Discorso inverso, invece, è quando sono gli uomini che parlano agli animali, sogno proibito fin dalla notte dei tempi e che ha stimolato la fantasia di generazioni di artisti e scrittori. Chi non vorrebbe poter parlare col proprio gatto o col proprio cane? Io personalmente sono letteralmente ossessionato dal capire come vedano i ragni con tutti quegli occhi, ma questo è un altro discorso. La letteratura, ed ultimamente la cinematografia, ci hanno regalato storie in cui uomini ed animali comunicano come se non esistesse alcuna barriera a dividerli: Babe il maialino coraggioso, Man in Black, Stuart Little, Scooby Doo fino ad arrivare al più famoso Dottor Dolittle, il veterinario che parlava con gli animali impersonato prima da Eddie Murphy e poi da Robert Downey Jr. Andando ancora più indietro nel passato, il mio preferito da bambino era Francis il mulo parlante, ma capisco che non tutti possono ricordarselo e non perché io ho gli anni del cucù, semmai perchè fa parte di un tipo di cinematografia ormai morto e sepolto. Mi capita spesso però di parlare al mio gatto, naturalmente senza nessuna speranza che mi capisca, ma questo è un atteggiamento comune un po’ a tutte le persone che hanno un animale domestico. Uno studio pubblicato sulla rivista “Science” nel 2015 ha rivelato che parlare col proprio cane determina un rilascio di ossitocina nel sangue tale che, oltre a far star bene, concilia il sonno e combatte stress ed ansia. Un’altra ricerca invece, afferma che dialogare con i nostri amici a quattro zampe, permette di dare un nome alle emozioni negative, in un posto considerato sicuro: questo rende poi le persone meno reattive quando si trovano di nuovo ad affrontare quello stato d’animo. A darci una mano viene però l’intelligenza artificiale che, secondo studi recenti, ci fornirà la possibilità di interagire con il mondo animale, in particolare il progetto Earth Species sta catalogando il repertorio vocale di animali domestici, così come di corvi, cetacei e pipistrelli. L’attenzione è ora concentrata sulla mappatura vocale di due specie di corvi, quello hawaiano e la cornacchia nera. Un team di biologi sta cercando di interpretare i suoni emessi per capire quale funzione specifica abbiano per poi cercare di riprodurli a fini scientifici. Molti sono gli animali attenzionati e, in collaborazione con l’Università di Windsor, stanno cercando di interpretare le emissioni sonore delle balene Beluga, ora in pericolo di estinzione, per quantificare la somiglianza dei richiami di contatto e determinare se sono presenti modelli dialettali, al fine di comprendere meglio la struttura sociale di queste creature minacciate. Potremo, quindi, in un prossimo futuro dialogare davvero con il mondo animale? Qualcuno dice di esserci già riuscito, anche se con metodi poco convenzionali, ma il risultato non sembra essere stato dei migliori. Il cantante dei Black Sabbath, Ozzy Osbourne, lo ha raccontato in un’intervista: “Ero abituato a buttare giù manciate di pasticche di acidi alla volta. È finito tutto quando sono tornato in Inghilterra. Una volta ho preso 10 pasticche di acido e poi sono andato a passeggiare in un campo. Mi sono ritrovato a parlare con un cavallo per circa un’ora. Alla fine il cavallo si è girato e mi ha detto di andare a farmi fottere. Da lì ho detto basta” e non sarebbe stata nemmeno la prima volta, se è vero che nella sua autobiografia intitolata “Dillo al Dr. Ozzy” ha raccontato che una volta, sempre sotto l’effetto degli acidi si è messo a parlare con due mucche, fino a quando una ha detto all’altra una cosa del tipo “Buon Dio, questo tizio parla”.
Il grande ed insuperabile Frank Zappa, in una sua canzone intitolata “Stink foot” dialogava con un barboncino che ad un certo punto, alla fine di una disquisizione di davvero difficile interpretazione, gli rivelava un segreto sull’interpretazione del concetto di continuità: “The crux of the biscuit is the apostrophe” ovvero, “la croce del biscotto è l’apostrofo”. Che cosa voglia dire è ancora oggi oggetto di vaste discussioni, il che sta a significare che forse è un bene che tra noi e gli animali ci sia una barriera linguistica insormontabile: ho paura, infatti, che i loro giudizi verso di noi potrebbero essere tutt’altro che piacevoli. Meglio non sapere.