
quinta puntata
L’appuntamento è nel luogo in cui devono incontrare la guida. Joo si ritrova a condividere la fuga con la zia. Trovano un buon nascondiglio e aspettano. Mille pensieri mulinano all’impazzata nella sua mente, incontrollabili e disarticolati. Come il delirio di un folle. O di un moribondo. Dove saranno le altre… non guardarmi adesso Hyeokda…da dove viene questo dolore… latrano i cani rabbiosi…papà ti voglio bene…bugiarda bugiarda bugiarda…chissà quanto fa male quando ti sparano…braccata come un animale..adesso svegliati…non sento più niente…voglio uscire dal mio corpo…tutte quelle luci addosso…la bava dei cani addosso…gli occhi addosso…i fucili addosso…le urla addosso…anima gelata…mi fa male tutto… non ho mai visto il mare…tante altre cose non ho ancora visto…dicono che non sta mai fermo il mare nemmeno quando è calmo…si muove sempre…si muove sempre…si muove sempre.
“Sempre dritto, ragazzo, l’ultima casa in fondo alla strada, quella bassa e gialla: non puoi sbagliare”. Il vecchio ha gli occhi spenti di chi sa di aver vissuto invano, come se si fosse trascinato per tutto il tempo lungo un corridoio senza fine, una sala d’attesa dopo l’altra. La pelle del suo viso, ruvida come un lembo di terra riarsa, è un reticolo visionario di rughe profondissime. Hyeok fatica a capire come quest’uomo possa ancora respirare e camminare. Mentre s’interroga su questo, butta lo sguardo sul punto indicato. Poi si gira per ringraziare il vecchio, ma quest’ultimo è già sparito, come se la strada lo avesse inghiottito, o fosse passato attraverso un portale magico. Nessuna ragazza si era comportata come Joo. Lasciarsi va bene. Capita di continuo, capita a tutti. Essere adulti non ti mette al riparo dal rischio di spezzare il cuore a qualcuno, o da quello che qualcuno faccia altrettanto con il tuo. Anche lui aveva lasciato, ed era stato lasciato a sua volta. Ma il numero che aveva fatto Joo, ragazzi, era davvero da rullo di tamburi.
La sua sparizione improvvisa non aveva senso. Tutto andava a meraviglia. Mai uno screzio, mai un’incomprensione. Hyeok non riusciva a farsene una ragione, e dopo qualche giorno di attesa, aveva cominciato ad andare nei posti che lei frequentava abitualmente. Primo fra tutti lo studio fotografico, naturalmente. Fece l’errore di dire che era il suo fidanzato: “Bella stronza che ti eri scelto amico, sei fortunato che ti ha mollato”.
Ad un certo punto smise di cercarla e di farsi domande. Ma si ricordò che una volta Joo gli aveva parlato della sua nonna materna che viveva al nord con la madre, e che spesso andava a trovarle. Nonostante non nutrisse molte speranze di trovare qualche risposta, gli era sembrato giusto e ragionevoli provarci, e così si era messo in viaggio. Magari le era successo qualcosa di brutto. Magari nascondeva qualcosa. In Corea del Nord succede spesso qualcosa di brutto alle persone che nascondono qualcosa.
Hyeok raggiunge in fretta la casa gialla. Alla porta si presenta una signora di bassa statura, dall’età indefinibile. È certamente la nonna di Joo – la somiglianza non lascia spazio all’immaginazione – e quindi deve avere per forza un’età avanzata, ma la pelle è ancora liscia e diafana, come se in quel corpo minuto non scorresse più nemmeno un goccio di sangue. Una cosa un po’ inquietante, alla pari del vecchio sparito come un fantasma, qualche minuto prima.
La donna non lo fa neanche iniziare a parlare: “Entra…”. L’appartamento è fatalmente modesto. C’è un angolo cottura, con accanto una minuscola finestra, poi un divano letto aperto, un tavolo con due sedie, e una bella credenza, finemente decorata e sicuramente molto antica, che nobilita la stanza, per quanto possibile. Dal lato opposto del divano, appoggiato su una sorta di panca, c’è un televisore. Due antenne spuntano da dietro l’apparecchio. Hyeok non può fare a meno di guardare quel pezzo da museo. La donna se ne accorge e sibila: “Sì, è vecchio, lo so, ma funziona ancora…tanto qui prendiamo solo un canale”. Non c’è ombra di cortesia nella sua voce quando gli chiede di sedersi. Non ci sono altre porte. L’appartamento finisce in quelle quattro mura. Il bagno deve essere esterno. Sul tavolo giacciono una decina di fogli sparsi e una serie di matite colorate, lasciate lì alla rinfusa. Quando Hyeok si siede, una sbirciatina è inevitabile. La donna è di spalle, ai fornelli, intenta a preparare il tè. “ Guarda pure. Ho lasciato tutto così, esattamente come lo hanno lasciato loro” gli dice.
Hyeok prende in mano i fogli uno ad uno, e li osserva per qualche secondo: sono cartine. Cartine topografiche in scala bassa, e quindi molto dettagliate, di un territorio montagnoso. Su ognuna di esse sono tracciate delle linee colorate ed è presente del nastro adesivo sui due lati opposti, alcuni su quelli corti, altri su quelli lunghi. Una cartina contiene un punto rosso su quale tutte le linee convergono. Hyeok comincia a comporre i fogli sul tavolo, intuendo che sono tutti frammenti di un quadro più grande, e non ci mette molto a trovare la disposizione corretta. Il territorio riprodotto è quello immediatamente al di là del confine, in Cina, e le linee colorate sono percorsi alternativi a quello tracciato in nero e che raggiunge il punto rosso in modo più diretto. La donna si avvicina al tavolo con una tazza fumante. Attende che Hyeok riunisca i fogli gli mette la bevanda davanti. Poi si siede stancamente. “Joo mi aveva detto che avresti potuto presentarti in questo buco in cerca di risposte:aveva ragione. Sei sveglio. Bevi il tuo tè”.
Fa una piccola pausa e poi riprende: “Ci avevano già provato nel 2012, lo sapevi? Che domanda stupida…ovvio che non lo sapevi. Ci avevano già provato, ma erano stati catturati e li avevano rispediti a casa. Joo e la sorella hanno passato sei mesi in una struttura, una specie di riformatorio, mentre mia figlia e suo marito erano ai lavori forzati. Quel debosciato di mio genero ha perso tutti i soldi; per questo sono scappati. Poi lui si è ammalato ed è morto non molto tempo dopo. Mia figlia non si è mai rassegnata: il suo unico pensiero era fuggire di nuovo. Diceva che lo doveva al marito e alle sue figlie per dare loro un futuro migliore, ma quando si muore non c’è futuro…o no? Comunque è riuscita a convincere un paio di parenti; ha preso contatti con un’organizzazione segreta. Le hanno mandato le cartine con i vari percorsi e due cellulari usa e getta con un solo numero in memoria. So è che una volta arrivati al punto di raccolta devono chiamare quel numero e aspettare. Non ho altre informazioni da darti, ragazzo, potrebbero essere già morte tutte e cinque e non lo verrei a sapere comunque. Una cosa te la voglio dire però: prima di incontrarti, Joo era determinata a riprovarci, come mia figlia. Ma dopo aver trovato lavoro e averti conosciuto non era più così convinta. Ricordo grandi discussioni fra lei e la madre. Penso che ti ami davvero, ma non poteva far saltare tutto solo perché lei aveva trovato un po’ di felicità e, d’altro canto, non poteva nemmeno dirti la verità. Non odiarla. Ora vattene, sono stanca”.
Hyeok si alza, ma la vecchia non lo precede, né lo segue. Resta seduta al tavolo con gli occhi fissi su qualcosa che non c’è. Hyeok apre la porta ed esce, ma prima di chiuderla alle sue spalle, butta un ultimo sguardo all’interno. Qualcosa brilla sul viso della donna. Per un attimo Hyeok pensa che siano lacrime, e vorrebbe tornare dentro e consolare in qualche modo quella creatura consumata dal tempo e dal dolore, ma desiste e la lascia al suo silenzio.
continua…