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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

A Firenze una piazza per Alda Merini

DiSilvia Meacci

Nov 30, 2022

La piazza è nella zona del Gignoro, vi si arriva da viale Giovanni Verga e da viale Aldo Palazzeschi e da lunedì 28 novembre, si chiama Piazza Alda Merini.  La cerimonia di intitolazione si è svolta alla presenza dell’assessora alla toponomastica, Maria Federica Giuliani e del presidente del Quartiere 2, Michele Pierguidi ed è stata arricchita da una performance dell’Accademia Teatrale di Firenze. La proposta di omaggiare la celebre poetessa è stata approvata lo scorso marzo dalla giunta, dopo esser partita dal consiglio comunale e dalla stessa Giuliani, a quel tempo vicepresidente dell’assemblea. Sui social il sindaco Nardella ha parlato della nuova piazza in onore della poetessa e ha citato un suo verso ispirato e profondo: “Ci si abbraccia per ritrovarsi interi”.

Alda Merini è una scrittrice meneghina, morta nel 2009 all’età di 78 anni, molto apprezzata e rivalutata ultimamente. Fu contrastata dalla famiglia nel suo amore per lo studio e la letteratura e, fin da giovane, le fu necessario seguire terapie psicoanalitiche per il suo disturbo bipolare. Nel corso della vita venne più volte internata in manicomio. In lei, si alternavano atteggiamenti vivaci, lascivi, ribelli e periodi cupi, di crisi profonda, di buio. Nonostante i suoi ricoveri in manicomio, gli elettroshock, i trattamenti rudi, di cui si ha testimonianza nella sua prosa e nei suoi versi, Alda si definiva poetessa della vita. Narrava l’amore, il sogno, la sofferenza, certo, ma non la pazzia. Suggestive ed intense le sue poesie, tanto amate dalla gente, spesso citate sui social media, veicolo di massa di arte e cultura. La sua prima pubblicazione risale agli anni cinquanta, mentre la sua opera più apprezzata e rappresentativa è “La terra santa” del 1984, una specie di terra promessa da raggiungere grazie al balsamo della scrittura, con cui vinse nel 1993 il Premio Librex.

Alda Merini è nota anche come aforista, faceva spesso ricorso a delle massime frutto della sua esperienza e del suo sentire: “Il più bel teatro da guardare è il proprio destino”.