Questo docu-racconto è basato su una storia vera. Alcune ricostruzioni e alcuni personaggi sono opere di fantasia.
prima puntata
Nel 2022, in Corea del Sud, si sono celebrati 191690 matrimoni. Non abbiamo dati statistici ufficiali sulla loro distribuzione, ma immaginiamo che Seul, in qualità di capitale del paese e di città più popolosa, detenga il primato delle cerimonie ufficiate. Ma se il loro numero non è certo, lo è il fatto che quella fra Joo e Hyeok avesse un significato speciale, e non perché i due fossero delle celebrità dello spettacolo o degli influencer famosi. Kim Joo-Kyung e Jang-Hyeok sono stati due fuggitivi, due traditori, due eroi, o forse, molto più semplicemente, due ragazzi che si sono persi e poi ritrovati, dopo rischi indicibili, a poche centinaia di chilometri da dove erano partiti.
Quale definizione si addica meglio a Joo e Hyeok, dipende solo da quale lato del 38° parallelo si voglia guardare la loro storia. La Storia, quella con la “s” maiuscola, prima o poi inghiottirà l’anacronistica dittatura socialista nordcoreana. Ma per adesso il paese sopravvive alle sue contraddizioni, attraverso un feroce indottrinamento, l’assenza di ogni libertà, e un isolamento praticamente totale. Dopo la fine della seconda guerra mondiale – e nonostante non si fosse macchiata di alcuna colpa, né rappresentasse alcun pericolo per il nuovo assetto internazionale – le potenze vincitrici applicarono alla Corea lo stesso trattamento riservato alla Germania nazista sconfitta. La sua integrità territoriale venne violata a favore della costituzione di due stati distinti, separati da una linea di confine che correva lungo il 38° parallelo: la Repubblica Democratica di Corea al Nord, e la Repubblica di Corea al sud, poste sotto il controllo sovietico la prima, e sotto quello statunitense la seconda.
Mentre la Corea del Sud cominciò la sua marcia verso la democrazia e lo sviluppo in senso capitalistico, il neo stato comunista dipendeva, in modo quasi totale, dagli aiuti provenienti da Mosca. Quando questi vennero meno, a causa dello sfaldamento dell’URSS, il paese cadde in una crisi economica molto profonda e, fra il 1994 e il 1998, fu colpito da una carestia devastante, nota come la “Marcia ardua” o “Marcia della sofferenza”. Si può affermare che il Nord non si sia mai ripreso, davvero, da questo cataclisma economico. Oggi, la Corea del Nord è tra i paesi più poveri del mondo, gravato da sanzioni internazionali durissime, dove la corruzione e le folli spese militari sottraggono enormi risorse alla popolazione. È una sorta di immensa prigione a cielo aperto, dove sono rinchiuse quasi trenta milioni di persone, e dalla quale è impossibile fuggire.
Fuggire: questa era l’unica salvezza. Non c’era più niente per Joo e la sua famiglia nel posto dove erano nati e cresciuti: lo Hamgyong, una remota regione montuosa della Corea del Nord, per larghi tratti incontaminata, quasi al confine con la Cina. I genitori avevano scoperto di essere stati raggirati, e di aver perso praticamente tutto, anche i risparmi per mandare Joo a Pyongyang, la capitale, per proseguire i suoi studi all’università. Joo era un’eccellente studentessa e avrebbe potuto costruirsi un futuro diverso e migliore. Ma ogni progetto svanì nell’estate del 2012. I debiti contratti dalla famiglia non potevano più essere gestiti. Restare sarebbe equivalso alla rovina di tutti. Per cui ad agosto si decise per la fuga, destinazione: Corea del Sud. Per farlo era necessario attraversare il confine con la Cina, viaggiare clandestinamente in territorio cinese, verso sud, per 4500 chilometri, entrare nel Laos, raggiungere la Tailandia, e qui consegnarsi alle autorità. A differenza della Cina, la Tailandia riconosce ai nordcoreani lo status di rifugiati: una volta entrati nel paese, i rifugiati vengono trattenuti in un campo a Bangkok per i necessari accertamenti e poi, se ne fanno richiesta, vengono consegnati alle autorità sud coreane. Questo era il piano. L’unico possibile, nonostante la sua follia, visto che attraversare il paese, e cercare di passare il 38° parallelo, era semplicemente impossibile. Il confine fra le due Coree, infatti, si dipana per circa 250 chilometri, ed è una delle frontiere più militarizzate del mondo. Da qualche anno i soldati che la presiedono, hanno l’ordine di sparare a vista contro chiunque tenti la fuga, perché lasciare il paese è considerato un atto di diserzione, un reato gravissimo, peggio di un omicidio.
Con l’omicidio di suo zio nel 2013, anche se formalmente si è trattato di una condanna a morte, seguito dalla sparizione della zia dalla scena pubblica poco dopo, e con il diabolico piano ordito per eliminare il suo fratellastro, avvelenato con il gas nervino all’aeroporto di Kuala Lampur nel 2017, in soli sei anni l’attuale leader supremo della Corea del Nord, Kim Jong-un, ha portato a compimento il suo piano per liberare il campo da tutte le figure più ingombranti che avrebbero potuto ostacolare il suo regno, o anche solo offuscare il suo astro, nei decenni a venire. Kim Jong-un è un nuovo dittatoruncolo, con un ego fuori controllo e varie sindromi psichiatriche ed anche un piccolo arsenale nucleare con cui trastullarsi e fare la voce grossa. Esattamente quello di cui il mondo aveva bisogno. Nel 2011 il ventisettenne Kim Jong-un, rampollo della famiglia che detiene il potere in Corea del Nord da quasi 80 anni, eredita il paese dal padre, Kim Jong-il, così come quest’ultimo lo aveva ricevuto in dote dal nonno, Kim Il-sung, idolatrato fondatore della nazione, guidata dal 1948 al 1994, l’anno della sua morte. In perfetto stile sovietico, molte informazioni su Kim Jong-un sono incerte, persino la sua data di nascita è avvolta nel mistero. Ma i suoi studi all’estero, e il fatto di essere nato in epoca moderna, avevano fatto sperare agli osservatori internazionali che, sotto una guida presumibilmente più illuminata da parte sua, il paese avrebbe potuto, quantomeno, cominciare una trasformazione, sia dal punto di vista politico, sia da quello economico sociale. Le speranze erano mal riposte, e non c’è voluto molto per rendersene conto. Il nuovo leader non solo non ha avviato alcuna riforma, ma si è spinto persino oltre i suoi predecessori. Propagandando incombenti minacce esterne, frutto più della sua fantasia, che di un reale pericolo di attacchi o, ancor più remotamente, di invasioni, ha lanciato la Corea del Nord in un’imponente programma di ammodernamento e potenziamento militare. Non contento, il nostro, si diletta, periodicamente, nel lancio di missili balistici a lunga gittata, per dare dimostrazione della propria forza militare a tutti gli attori non comunisti del quadrante, considerati nemici.