seconda e ultima parte
Ugo Guidi era amico di artisti come il pittore Ottone Rosai, il critico Piero Santi, il pittore e scrittore Ardengo Soffici, il poeta Alfonso Gatto, i pittori Carlo Carrà e Antonio Bueno, giusto per citarne alcuni; personalità di spicco nel mondo della cultura, dell’arte e della letteratura nella metà del ‘900 che spesso frequentavano casa vostra. Non le nego che una parte di me non è scevra da invidia nel pensare che lei ha avuto, grazie a suo padre, la possibilità di respirare e nutrirsi d’arte, Quanto questo l’ha arricchita?
Questa chiacchierata mi riporta alla mente personaggi come Guttuso, Moravia, Marino Marini, La Pira, Quasimodo: ho queste memorie e sono fortunato perché vivo e provo emozioni che insieme ai ricordi mi accompagnano quotidianamente. Ho goduto e godo di questo. Pensi che ho strizzato il colore sulla tavolozza di Ottone Rosai che ha vissuto da noi, ho un ritratto che fece a mio padre, e un suo autografo fatto sul cartoncino di un pacchetto di sigarette. Fu uno dei primi dei tanti autografi che ho collezionato nella mia vita, me lo fece mentre eravamo in macchina, io ero un ragazzino. Disegnò Charlot che con il bastone creava la sua firma. Anche Piero Santi, quando veniva in Versilia per scrivere, abitava a casa nostra.
Le figure totem di suo padre, cosa rappresentano? Il totem è considerato un oggetto sacro, o un simbolo, per esempio per un gruppo di persone come potrebbe essere la famiglia. Suo padre ha iniziato a scolpire totem in un momento preciso della sua vita?
Rientra in un’evoluzione, a metà degli anni ‘60 inserì le figure all’interno di ambienti e quindi queste figure vennero stilizzate e semplificate, successivamente acquistarono una loro autonomia e in una seguente evoluzione divennero figure totem. A un certo punto fu distratto dalla cottura, dell’argilla che diventa terracotta, e per avere una visione pura dell’opera le ricoprì inventando una patina di creta, latte e chiara d’ uovo.
Una domanda personale: Ugo Guidi artista, Ugo Guidi padre, anzi, babbo, come diciamo in Toscana, due personalità distinte, o l’una si intersecava nell’altra?
È chiaro che l’artista e il babbo convivevano, non si potevano dissociare. Era affettuoso e delicato nei nostri confronti, ma viveva nel suo mondo, per le cose pratiche c’era mia madre. Lui si realizzava in quello che faceva quotidianamente: la mattina insegnava in Accademia e nel pomeriggio era una continua creazione di opere nel suo studio. Ho avuto un rapporto bellissimo con lui e avevo per lui un grande rispetto. Era geloso di noi, tanto quanto delle sue opere e appena ne vendeva una sentiva la necessità di dare vita a un’altra, pur non ripetendosi mai. Grazie a lui ho potuto relazionarmi con artisti e letterati, ero già un ascoltatore attento e sensibile a quello che era il mondo dell’arte.
A seguito della sua ultima affermazione le chiedo quale sia la relazione che lei ha con l’arte in generale?
Il mio rapporto con l’arte è testimoniato dal fatto che, oltre ad aver voluto, insieme a mio fratello, che la casa vivesse immutata nel tempo, con amici sostenitori è nata l’Associazione Amici di Ugo Guidi oggi ETS. Sul Museo sono state fatte 14 tesi da varie Università e Accademie. Inoltre il Politecnico di Milano ha assegnato una tesi che ci ha inserito nelle Case Museo di tutta Europa. La Casa Museo Ugo Guidi è inserita nei Luoghi della Cultura del MiBAC, è stata aperta dal FAI, dalla Associazione Nazionale Case della Memoria e dalla Associazione Dimore Storiche Italiane, è nelle guide TCI, ACI e Lonely Planet. Il MUG è stato inserito da Google a livello planetario nel The Guide-Tab.Travel, in Wikimedia (Wikipedia) e “Ugo Guidi digital” del Ministero Beni Culturali-MIC, sul sito MUSEOITALIA.
Il materiale che suo padre prediligeva per scolpire?
Era partito con il marmo, ma prediligeva la pietra. Ci ricolleghiamo al fatto che lui, essendo poverissimo, lavorava su scarti di lavorazione che prendeva nei laboratori e con quelli creava. La Pietra di Porta è una pietra difficilissima perché è disomogenea, una materia che non si presta per niente a essere lavorata, ma per lui era evocativa. Ha lavorato veramente tutto, anche radici e lamiera, polistirolo e legno, era un vero artista con alle spalle l’esperienza dell’artigiano, nella casa museo ci sono ancora i suoi usurati strumenti di lavoro.
Professor Guidi, aprire le porte a estranei è far accedere persone che niente hanno a che fare con quello che, per eccellenza, è luogo di intimità e in cui conserviamo i nostri ricordi, i nostri oggetti e dove trascorriamo il tempo con i nostri cari. Le mura domestiche sono quelle che delimitano e sbarrano il “dentro” dal “fuori”, sono il nostro rifugio, suo padre, però, quelle porte le apriva?
Mio padre era estremamente geloso della sua intimità e del suo ambiente e faceva entrare solo gli amici più stretti. Quando ero adolescente, dai 12 ai 18 anni, non voleva nemmeno che i miei amici entrassero all’interno del nostro giardino. Lì c’era il suo mondo, immerso in ciò che amava: la natura.