di Rachele Vacca classe IV E Liceo Scientifico Marconi Carrara
Essere donna non è facile. Non è facile nel 2023 e non lo è mai stato in passato. Non è facile in Iraq e nemmeno in Italia. Non esiste un luogo sicuro per chi è donna, perché essere donna è limitante. Essere donna vuol dire sentirsi costretta a rispettare un coprifuoco, avere paura di camminare da sola per strada, diffidare di qualunque uomo. Vuol dire anche leggere: “Si stima che nel mondo il 35 per cento delle donne abbia subito una violenza almeno una volta nella vita” e sentirsi fortunata a non appartenere a quella percentuale. Ma convivere con la paura non è anch’essa sintomo di violenza? Quindi forse quel 35 per cento è un numero più basso di quello che davvero rappresenta la realtà, poiché ogni volta che un uomo picchia, stupra, uccide una donna, questo abusa di tutto il genere femminile. D’altro canto, questo regime di terrore ha trovato terra fertile in cui crescere, grazie alla reazione dei mass-media o delle persone intorno alla vittima e al carnefice: troppe volte si creano dibattiti sul ruolo della donna all’interno del crimine, facendo sentire l’oppressa, almeno in parte, colpevole di ciò che le è successo; e quest’odio verso di lei si ripercuote su tutto il genere femminile, che non deve più far fronte solo al timore dell’abuso, ma anche alle conseguenze sociali che esso causerebbe nel caso avvenisse. Questo comportamento, che giustifica qualunque forma di violenza contro le donne, è la conseguenza del patriarcato, e affinché le donne possano sentirsi al sicuro, bisogna estirparlo, ma troppe persone sembrano non rendersi conto che è un problema reale e finché non ne saremo tutti consapevoli, sia uomini che donne, il patriarcato continuerà a essere alle fondamenta della nostra società, che è una società tossica e discriminatoria. Essere donne non è facile, ma se noi volessimo, potrebbe esserlo.
Per Giulia e per le altre centoquattro donne vittime del patriarcato nell’anno 2023.