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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

L’incantatore di serpenti: Manga Marazina

DiAlessandro Fiorentino

Ago 8, 2023

Sapete chi sono i serpari? Secondo l’enciclopedia Treccani sono quelle persone che “cacciano e catturano serpenti, per addomesticarli o per farne commercio – se ne utilizzano le pelli e se ne ricavano sieri antiofidici – o, in usi regionali, per farne omaggio alle statue dei santi, portate in processione, a  cui si chiede protezione dal morso dei serpenti, secondo un’antica tradizione di origine pagana.”

In effetti il culto dei serpenti affonda nella notte dei tempi e tanto si è radicato nel substrato sociale da essere affiancato alla devozione cristiana nella figura di San Domenico, ancora oggi festeggiato in un paese degli Abruzzi chiamato Cocullo. Cercando  in quel luogo, potrete trovare tracce di questi serpari nelle pieghe della storia: personaggi in bilico sul filo delle arti oscure e della stregoneria, rigettati, ma, spesso, segretamente ricercati per le loro supposte arti divinatorie e curative.

 Si narra che fra le truppe di Giovanni dalle Bande Nere, che dal 1523 al 1525 ebbe modo di sostare nelle terre di Lunigiana, ci fosse un serparo di origine abruzzese,figura a metà tra medicina e magia, al quale la soldataglia tutta si rivolgeva per saper di oracoli o per scovare qualche intruglio.

Perché scomodare i serpari per arrivare fino al “Gran Diavolo” come veniva spesso soprannominato il condottiero? Perché in questo contesto, ma non è detto che lo sia, si inserisce la figura decisamente insolita di “Manga Marazina” all’anagrafe Fortunato, anche se la sorte in questo caso non gli è stata molto favorevole. Il suo soprannome derivava dalla sua abilità a fabbricare “al mangu”, ovvero il manico, alle marazine cioè le piccole roncole che i contadini di allora avevano sempre in tasca. Il dottor Giancarlo Biagini di Bagnone, che ringrazio per avermi fatto conoscere questa storia, mi racconta che le persone come Fortunato erano spesso piuttosto “sfortunate” perché, abbandonate dalla gente e dalla società, dovevano arrangiarsi per poter sbarcare il lunario e  potersi sfamare. Erano in pratica dei senza tetto, diremmo oggi, sostenuti dalla pietà popolare e dalla loro intraprendenza nel saper svolgere lavoretti nei dintorni, quel tanto per poter mettere un tozzo di pane sotto i denti accompagnato da un bicchiere di vino. Fortunato però aveva un’abilità straordinaria che era quella del serparo, acquisita non si sa quando, nè dove, che gli permetteva di catturare bisce e serpenti di ogni razza, portandosele indosso come fossero parte dei suoi indumenti. Non era raro veder qualche testa di serpente uscire fuori dalla sua camicia o da qualche taschino. Le vipere, che invece metteva in barattoli o vasetti di vetro recuperati qua e là, le faceva arrivare fino all’Istituto Sieroterapico di Siena dove si produceva il siero antiofidico.  “Amava girovagare per i mercati della Lunigiana – racconta il dottor Biagini –  e lo si poteva riconoscere perché indossava sempre un berretto con su scritto “W Mussolini”, una giacca troppo stretta o troppo larga a seconda del benefattore di turno, che però indossava raramente perché amava portarsela sulla spalla con le maniche legate in fondo a mo’ di borsa nella quale teneva di tutto: il pane, la borraccia dl vino, frutta nel periodo estivo e un sacchettino unto e bisunto dove teneva il “gromo” della pipa”.  Il gromo è ciò che rimane nella pipa dopo aver fumato il tabacco ed era proprio quella la sua arma segreta per intontire i rettili e permettergli di catturarli. “Apriva loro la bocca e infilava a forza il gromo, tanto che anche la vipera più aggressiva si imbambolava e se ne stava buona e tranquilla nella piccola bottiglia che Fortunato si portava dietro. Poi con l’aiuto del Maestro Faliero di Malgrate, la mandava a Siena per ricavare dal veleno il prezioso siero dell’antidoto”.

Di Manga Marazina si potrebbe parlare per ore e il suo ricordo, benchè sbiadito dal tempo, rimane tra quelli più cari degli abitanti di Bagnone tanto che il dottor Biagini lo ha inserito in un libricino dove sono raccolte tante altre storie e che ha voluto intitolare proprio con il suo nome. Chissà se Fortunato non sia davvero un discendente di quel serparo abruzzese, al seguito di Giovanni dalle Bande nere? A noi piace volare con la fantasia, ma a volte la realtà è molto più bella ed affascinante e la sua storia non può che avercela solleticata, proprio come fa un serpente quando, inavvertitamente, ci sfiora un piede: sta a noi lasciarci sorprendere dalla sua presenza e farci ammaliare dalle sue sinuosità.