• Gio. Apr 25th, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Il primo porto da cui partì il marmo: Luni

DiVinicia Tesconi

Apr 8, 2022

La terra, sin dall’età del rame, era appartenuta ai Liguri Apuani. Nel corso del secondo secolo avanti Cristo, l’avevano difesa con le unghie e con i denti dai ripetuti attacchi portati dalle legioni romane ed erano riusciti anche a ricacciare indietro l’invasore con una battaglia mitica: quella del Saltus Marcius, in cui il console Quinto Marcio Filippo fu costretto a indietreggiare, inseguito dai Liguri Apuani fino ad Anzio. Ma fu l’ultimo fuoco di un popolo indomito: pochissimi anni dopo, nel 186, i romani tornarono e si ripresero tutto, con gli interessi e per non correre più il rischio di dover sedare le inevitabili continue rivolte che i Liguri apuani assicuravano, decisero di deportarli in massa nel Sannio, tra gli attuali Molise, Abruzzo e Campania. La costa sull’alto Tirreno era romana e per ribadirlo il governo di Roma impose la creazione di due avamposti fortificati: Lucca e Luni.

Così nacque, nel 177 avanti Cristo, la colonia romana di Luni, alla foce del fiume Magra, affacciata sulla baia in cui facilmente potevano attraccare le navi romane e, soprattutto, molto vicina a quelle montagne di straordinaria pietra bianca che i romani avevano scoperto. Il ruolo della Luni romana fu soprattutto quello di porto di imbarco dei marmi estratti dalle cave di Carrara e, già allora, questo determinò la fiorente crescita della città, i cui terreni, in buona parte erano stati donati da Roma ai propri militari a fine carriera. Luni divenne un centro molto ricco, di oltre 50 mila abitanti. Abbellita con templi, statue e addirittura un piccolo anfiteatro, Luni aveva un’industria di scultori del marmo, una fonderia in bronzo e una fabbrica di vetro. Divenne un importante centro commerciale grazie all’abilità dei suoi cittadini che cominciarono a vendere i prodotti tipici della zona, dal legname ai formaggi, ai vini fino al marmo. Luni aveva anche un ruolo strategico di grande importanza per cui venne fortificata con delle mura che, almeno nella parte rivolta verso il mare, probabilmente erano rivestite di marmo bianco di Carrara. La colonia e il suo anfiteatro erano praticamente sul mare, perché le piene del Magra non avevano ancora distanziato il sito dalla spiaggia per circa due chilometri. Il nome che era stato dato alla colonia romana si richiamava a un’antica divinità italica o, più probabilmente, ricordava la forma a falce di luna della baia su cui si affacciava ed anche la purezza del marmo, considerato il manto della Luna sulla terra.

Il declino avvenne nel corso del Medioevo, ma almeno fino al quinto secolo dopo Cristo, Luni restò un centro di grande rilievo tanto da essere scelta come sede vescovile per la diocesi apuana. In seguito subì diverse devastazioni: nel quarto secolo dopo Cristo a distruggerla fu un terremoto molto violento. Nel settimo secolo dopo Cristo venne rasa al suolo dai Longobardi guidati da Rotari, seguiti, poi, dai Franchi che la indebolirono al punto da renderla facile preda delle incursioni dei pirati saraceni e infine dei Normanni. Nel nono secolo di Luni restavano solo le vestigia di un glorioso passato, abbandonate alla prepotenza della natura che, rapidamente aveva trasformato tutta la pianura costiera in una enorme palude. Nel 1201 la sede vescovile fu trasferita a Sarzana e della città di Luni si persero le tracce. Ma quel passato grandioso non poteva restare sepolto troppo a lungo e nel Rinascimento, già, cominciò a tornare alla luce grazie ai primi scavi archeologici. Vennero restituite alla storia le strutture del foro romano, con il tracciato del decumano massimo, la basilica civile, la curia, il tempio e diverse dimore signorili in cui erano sopravvissuti pregevoli affreschi e mosaici, oggi conservati nel museo Archeologico di Luni. E, soprattutto, riemerse l’anfiteatro, costruito sul modello dei grandi anfiteatri, capace di ospitare 7000 spettatori, nel quale si tenevano spettacoli di gladiatori e animali.

Proprio in questi giorni, i comuni di Sarzana e di Carrara hanno firmato un nuovo accordo di partenariato impegnandosi a promuovere azioni concrete finalizzate a «incrementare l’offerta culturale e turistica» delle due città attraverso la valorizzazione dei rispettivi “gioielli” archeologici: il museo e l’area di Luni e la cava romana di Fossacava di Carrara.

© Foto di Cristina Maioglio