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Diari Toscani

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Carrara: Gino Bibbi, l’anarchia, la coerenza e l’umanità

DiVinicia Tesconi

Ago 8, 2021

Morì l’8 agosto del 1999, sei mesi dopo aver compiuto 100 anni: Gino Bibbi, l’anarchico, l’ingegnere, il rivoluzionario, l’aviatore, il bombarolo, l’antifascista, l’anticomunista, il carrarino – e in quale altro luogo avrebbe potuto scolpire meglio il suo carattere duro ma dal cuore grande? – fu uno dei ragazzi del ’99. Uno dei tanti che a soli 18 anni fu costretto ad andare al fronte nella Prima guerra mondiale per rimpolpare l’esercito italiano dopo la disfatta di Caporetto. Uno dei moltissimi partito da Carrara, bacino privilegiato a cui attingere soldati, per via della comune esperienza dei carraresi nel tracciare sentieri tra le rocce, derivata dal lavoro alle cave. La guerra, per Gino Bibbi, fu la prima palestra per il suo coraggio e per il suo bisogno di provare a cambiare il mondo. Era ricco: la sua famiglia aveva una grossa ditta di legname e lui era cresciuto negli agi e nelle comodità. Non aveva mai patito la fame, aveva potuto andare scuola, ma proprio a scuola aveva visto come vivevano la maggior parte dei suoi compagni: poveri, malvestiti, affamati e costretti ad andare a lavorare già da bambini. Al giovane e ricco Bibbi parve un’ingiustizia inaccettabile che da piccolo lo fece piangere più volte di dispiacere e che, appena un po’ cresciuto, gli fece rifiutare la vita comoda e agiata che aveva davanti, per lottare contro ogni sopruso a favore dei più deboli.

Al fronte, la sua baldanza e anche, in parte, le sue origini, gli permisero di diventare, in breve tempo, sottotenente di fanteria, ma anche di consolidare le sue idee d’anarchia accanto ai molti compagni e concittadini già incamminati su quella strada, tra i quali, suo cugino Gino Lucetti, che una decina di anni dopo, con l’aiuto di Bibbi, tenterà di uccidere Benito Mussolini.

Che l’escalation del fascismo nell’immediato dopo guerra sarebbe diventata un grosso problema per il paese, Bibbi, fu uno dei primi a capirlo. Carrara, del resto, per quanto piccola città di provincia, aveva fin troppi elementi per poter essere un perfetto spaccato dell’andamento nazionale.

A Carrara c’erano gli enormi interessi legati al marmo e poi, c’era Renato Ricci, uno che era stato al fronte nella Prima guerra e che si era distinto tanto da entrare negli Arditi. Uno che, da subito, aveva intravisto in Benito Mussolini il faro che avrebbe illuminato il destino dell’Italia. Ricci fu uno dei primi a fondare, a Carrara, i fasci di combattimento inventati da Mussolini e uno dei più solerti a raccogliere uomini e armi da offrirgli per portare a compimento la marcia su Roma. Carrara e il suo marmo stavano diventando un feudo di Ricci, che non perdeva occasione per propagandare gli ideali fascisti e che aveva un vero e proprio culto personale della figura di Mussolini. Parallela, ma di segno opposto, la convinzione maturata da Gino Bibbi sulla pericolosità e sulle potenzialità dittatoriali dei princìpi su cui Mussolini stava fondando il suo partito. Bibbi aveva coraggio e non aveva paura. Non temeva neppure Renato Ricci, che ormai era diventato il ras di Carrara. Nel 1923 Bibbi distribuiva in via Roma, la via principale del centro di Carrara, volantini che ritraevano Mussolini definendolo “pagliaccio”. Quando Ricci in persona gli si parò davanti per strappargli via i volantini, Bibbi glieli tirò in faccia. Umiliò il ras in pieno centro, in pieno giorno, davanti a tutti. Pagò carissima la sua ribellione: una squadra di fascisti lo pestò a sangue, tanto da renderlo irriconoscibile persino a sua madre, che morì in seguito a un malore per aver visto il figlio in quelle condizioni, ma Bibbi aveva solo cominciato a mostrare di che pasta era fatto.

Tre anni dopo partì per Roma con due bombe Sipe in tasca e l’obiettivo di consegnarle a suo cugino Gino Lucetti, che aveva organizzato un attentato al duce. Solo la svista di pochi secondi impedì il cambiamento del corso della storia italiana: i tre secondi che impedirono alla bomba lanciata da Lucetti di entrare nell’auto di Mussolini e mettere fine alla nascente dittatura fascista. La bomba rimbalzò sul tetto della vettura ed esplose quando l’auto di Mussolini era già a distanza di sicurezza. Lucetti fece 20 anni di galera e morì poco dopo essere stato liberato dagli americani. Bibbi, accusato, ma senza prove, di essere complice del cugino, fu arrestato, torturato e incarcerato e poi mandato al confino a Ustica e poi a Lipari.

Bibbi aveva studiato e riuscì ad ottenere il trasferimento al carcere dell’Ucciardone a Palermo, per poter completare la facoltà di ingegneria. Appena ottenuta la laurea, evase dal carcere e si rifugiò in Tunisia insieme a un gruppo di anarchici e poi da lì raggiunse Parigi. Da quel momento, il susseguirsi degli avvenimenti della vita di Gino Bibbi sono degni di un film o di un romanzo: il brevetto da pilota conseguito a Parigi insieme al fratello del futuro dittatore spagnolo Francisco Franco, la scelta di andare in Spagna a combattere contro la dittatura militare, la piccola officina di Valencia in cui preparava le bombe per gli attentati degli anarchici, l’arruolamento come pilota nella aviazione repubblicana nella guerra civile spagnola e poi, ancora, arresti, salvataggi in extremis, torture, altri tentativi di attentati, prigionia per mano dei fascisti e prigionia per mano dei comunisti – i bolscevichi, li chiamava lui – e ancora il confino con un compagno d’eccezione: Sandro Pertini.

Di nuovo a Parigi, poi in Italia per lottare accanto ai partigiani nella Resistenza. Torna anche a Carrara per aiutare a liberarla dai tedeschi. Poi in Brasile e infine nella sua città quando l’Italia diventa a tutti gli effetti una repubblica, ma la sua anima anarchica non si placa e lo vede nelle file della Federazione Anarchica italiana sempre pronto a lottare, a discutere, a dare l’esempio. Un amore per l’anarchia puro, che lo porta a lasciare la Federazione Anarchica carrarese a metà degli anni ’50 perché, a suo giudizio, troppo contaminata dall’ideologia comunista. Per questa sua scelta di coerenza viene addirittura accusato di simpatizzare con le nuove destre. Invece Bibbi fu sempre fedele solo a se stesso. Al suo giudizio, alla sua capacità di valutare, alla sua insubordinazione verso chi cerca di inculcare le idee negli altri. Una coerenza che gli fa rifiutare, nella parte finale della sua vita, la cittadinanza spagnola onoraria offerta dalla Spagna per il suo impegno nella guerra civile. Un rifiuto motivato dalla sua identità di italiano, ma accompagnato dall’invito a chiamarlo nel caso di necessità di bombe per scongiurare il ritorno di un nuovo dittatore.

E infine i lunghi anni della calma imposta dall’età sempre più avanzata. La famiglia, la moglie e i due figli, la casa in via Beccheria, nel centro storico di Carrara e la passione per i bambini che fotografava in continuazione, forse come estrema speranza di possibilità di un futuro migliore. La calma, ma non la pace interiore che un animo indomito come quello di Bibbi non avrebbe potuto raggiungere mai. La sua voglia di ragionare degli uomini, della vita, della libertà lo porta negli anni ’80 a scrivere una sua lunga riflessione da lasciare ai giovani nella quale ribadisce ancora una volta l’importanza di saper ragionare con la propria testa. La stampa su una pagellina e la distribuisce a mano agli amici fidati. “…Non è la via dell’insulto e della denigrazione la più giusta e proficua se ci punge il desiderio di maggior civiltà e umana solidarietà. Vedetevi: con il solo addobbo del volto alla maniera dell’Idolo prescelto, per il quale è bello combattere e obbedire e …far paura, eccovi tutti dediti alla battaglia imbrattatrice di muri, col proposito di conquistare altri giovani al bello insito nell’insultare, nel non pensare, nel far paura! Credo che sia altra la via per le mete, certamente lodevoli e buone, che molti giovani si prefiggono. E fermamente si può asserire che giustizia e solidarietà, così come comprensione e amore, mal sono incrementabili con il far paura o con il far tremare chicchessia. Calmatevi, simpatici invasati o drogati da culti di questa o quella personalità. Ricordatevi piuttosto che avete intelletto, coscienza e sentimenti incrementabili su scale di civile coraggio. Abbiatene cura. Fateli robusti questi attributi della vostra persona. Siano intelletto, coscienza e sentimenti, la buona e forte triplice alleata di vostra vita. Essa mai vi ingannerà con incitamenti all’odio e alla denigrazione di questa o quella mitica divisione dell’uman gregge…..” sono una parte delle parole di Gino Bibbi che, a penna, sul suo ultimo volantino, scrive “La via del riscatto” e che nelle due righe della sua biografia condensa il senso di tutta la sua incredibile vita: “Coerente in ogni circostanza con le proprie idee piuttosto che coi regolamenti e le idee correnti; ne ebbe seri guai che, nel ricordo, sono per lui anche ragioni di gioia”.