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Diari Toscani

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Villa Berring Nicoli dell’architetto Enrico Del Debbio

DiDiari Toscani

Apr 15, 2021

Ricorda vagamente una casa colonica spagnola: bianca, un patio che circonda il cortile, la rossa terracotta tutto attorno e facciate asimmetriche, arricchita però con elementi classici, come la trifora dall’antico sapore rinascimentale, posta sopra l’entrata principale. Intorno un giardino disposto su vialetti ordinati e ornato da una vasca in marmo, con delle colonnine dove fioriscono pergolati. A un primo sguardo, senza conoscere la mano del suo architetto, si intuisce subito dall’originalità delle sue linee il tocco del talento artistico. Progettata e costruita nel 1922, quale villa di campagna, su commissione della famiglia Berring Nicoli, Casa Mia è una delle opere minori del famoso architetto di origini carraresi Enrico Del Debbio, il quale dopo aver lasciato il suolo natio, compiuti gli studi di architettura all’Accademia di Belle Arti, raggiunse il successo a Roma dove realizzò alcune tra le opere più importanti dell’architettura romana, dal grande complesso sportivo del Foro Italico, di cui curerà il piano e per il quale progetterà lo Stadio dei marmi e numerosi edifici, fino al Palazzo della Farnesina.

A Carrara sono molteplici le tracce lasciate dal giovane architetto, come Villa Giampaoli sul viale XX Settembre, il monumento a Mazzini ad Avenza, il quartiere popolare delle particolari case basse allo Stadio e alcune abitazioni a Carrara. E Casa Mia, che sorgeva proprio accanto a villa Olga, altra opera di Del Debbio abbattuta improvvidamente però negli anni -70 per lasciare spazio a una serie di palazzine residenziali, passa inosservata e silenziosa tra le case e le villette moderne che si affacciano sul viale XX Settembre, principale via di collegamento tra Carrara e Marina, un tempo aperta campagna.

Villa Berring Nicoli mostra «come si possa […] adeguarsi completamente all’ambiente. Infatti egli ha usato elementi assai famigliari alla campagna toscana, composti con fine senso armonico. L’uso dei fuori squadro nei vani, delle totali dissimmetrie volumetriche, il pittoresco integrale stanno a dimostrare che egli ha voluto qui rusticizzarsi compiutamente. Viceversa quel suo modo liscio e largo di trattare i piani nelle masse pure complesse, quel suo semplificare e ridurre al minimo le sagomature delle fasce e delle cornici, conferiscono alle casette un’aria fresca ed attuale. Gustosi i particolari interni come, per esempio, il cortile, le scale e i caminetti».

Il giovane Enrico Del Debbio aveva gettato le basi del progetto della villa studiando a fondo le ville classiche italiane, a partire dall’orto-giardino pensato con percorsi segnati da colonnine in pietra che sorreggono un sistema di leggere travi lignee riprendono il tema delle tradizionali pergole mediterranee. La semplicità della linea delle facciate come la rampa d’accesso gradonata di forma semicircolare, resteranno elementi ricorrenti nella sua filosofia.

La superficie esterna viene vissuta da Del Debbio nella sua veste di involucro, anziché come elemento strutturale in sé: è evidente nel trattamento delle superfici di facciata, intonacate a grana fina. Anche questo principio rimarrà una costante di tutta la sua opera, e che compare in modo evidente nella progettazione, iniziata nel 1923, e nella realizzazione, conclusa nel 1932, del quartiere degli artisti per la cooperativa Ars a Roma.

La villa oggi è un’abitazione privata appartenente a una famiglia carrarese, la quale ha messo particolare cura e amore nel mettere in pratica quei piccoli restauri resi necessari dal trascorrere del tempo, una volta acquistata qualche anno fa. Dal ripristino dei vialetti all’installazione di sifoni acquistati a Sarzana e provenienti dall’antico ospedale sarzanese dismesso e riqualificato. Ma così come può accadere nelle antiche dimore a volte abitate da vecchi fantasmi, anche tra le pagine più fosche dei libri di storia del nostro paese si possono fermare vecchi fantasmi. Forse allo scopo di metterli in fuga insieme alle ombre del doloroso periodo politico in cui il talento del padre visse e si manifestò.

Nel 2002 la figlia di Enrico Del Debbio, Gigliola ha ceduto alla DARC – Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanee, oltre 20 mila pezzi, tra disegni, schizzi, dipinti, documenti e fotografie che coprono l’arco cronologico dal 1910 al 1973, praticamente tutto l’archivio. E probabilmente per fugare ogni ombra e fare chiarezza, nell’introduzione del catalogo della Mostra Enrico Del Debbio architetto. La misura della modernità Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, 7 dicembre 2006 – 4 febbraio 2007, la curatrice ha voluto riportare: «Tendiamo a semplificare anche la storia; ma non sempre lo schema entro cui si ordinano i fatti è individuabile in modo univoco, e può dunque accadere che storici diversi comprendano e costruiscano la storia in modi fra loro incompatibili; tuttavia, è talmente forte in noi, forse per ragioni che risalgono alle nostre origini di animali sociali, l’esigenza di dividere il campo fra “noi” e “loro”, che questo schema, la bipartizione amico/nemico prevale su tutti gli altri. La storia popolare, ed anche la storia quale viene tradizionalmente insegnata nelle scuole, risente di questa tendenza manichea che rifugge dalle mezze tinte e dalle complessità […]. Questo desiderio di semplificazione è giustificato, la semplificazione non sempre lo è». Primo Levi, I sommersi e i salvati.