Alle 08 e 30 del 13 luglio 1944, dagli aeroporti di Ciampino e Valtone in Italia e da quello di Seraggia in Corsica, partirono 12 Thunderbolt P/47 Republic che, una volta incontratisi in prossimità delle coste della Versilia, avrebbero dovuto convergere verso l’entroterra per dare vita alla missione A0-52. Il P/47 era un cacciabombardiere di fabbricazione americana lungo 11 metri con un’apertura alare di poco più di 12, spinto da un motore Pratt e Whitney Wasp R da 2535 cavalli, poteva essere armato con sei o otto mitragliatrici Browning da 12,7 millimetri e il suo carico bellico poteva comprendere bombe di vario tipo oppure razzi da cinque pollici. Quella mattina trasportavano quattro bombe ciascuno: due da 500 libbre (circa 226 chili) e due da 260 libbre (circa 117 chili); nell’ambito di una serie di operazioni da effettuare su alcune città del nord Italia, tra cui Mantova, Ferrara, Cremona e Pinerolo, per le quali furono impegnati in totale 71 aerei, questo gruppo di dodici era diretto a Fivizzano, dove arrivarono dopo pochi minuti di volo, verso le 09,30 circa. I dodici piloti, dieci ufficiali e due sottufficiali, avevano ricevuto notizie precise riguardo i territori che avrebbero dovuto sorvolare prima di arrivare a destinazione: disponevano, infatti, di una mappa precisa sulla quale era segnata la dislocazione delle batterie antiaeree che dovevano trovarsi, seppur di scarsa efficienza, a Massa, Aulla e Podenzana ed anche a Fivizzano. Conoscevano il numero di aerei da caccia nemici presenti nella valle del Po (128) e potevano consultare delle fotografie scattate da precedenti missioni di ricognizione avvenute nei giorni precedenti. Per evitare danni collaterali o incidenti vari, sapevano benissimo, anche, come erano disposte le forze alleate nelle vicinanze dei luoghi da colpire. Sapevano, ad esempio, che in zona operava in contemporanea l’87th F.b. e che, se qualcosa fosse andato storto, avrebbero potuto contare su alcune località dove erano stabilite delle stazioni di soccorso aereo e marittimo, tanto in Corsica quanto a Civitavecchia. Se l’obiettivo di Fivizzano si fosse rivelato problematico o, per qualche motivo, non si fosse potuto raggiungere, l’ordine era quello di bypassarlo e dirigersi verso Collecchio in provincia di Parma per distruggere alcuni edifici commerciali.
Purtroppo per i fivizzanesi, nulla impedì agli aeromobili di raggiungere il paese che venne attaccato, seguendo una diagonale da nord est a sud ovest. Lo testimoniano anche i danni subiti a seguito dello sganciamento delle 24 bombe totali che caddero sull’abitato, 12 da 500 libbre e altrettante da 260 di tipo a frammentazione. Ad essere colpiti furono, infatti, il fabbricato che allora apparteneva alla famiglia Clementi, dietro l’odierna farmacia Clementi sita in Via Roma, quello di proprietà della famiglia Cimoli in Piazza Marzocco dove trovarono la morte sette persone e quello di proprietà della famiglia Simonelli in Via Giulia. Ma quella che fece più danni cadde nei pressi di una fontanella in Via Principe Amedeo, dove parecchi bambini morirono, colti di sorpresa dall’attacco. Dopo aver sganciato il loro carico mortifero, gli apparecchi fecero dei mitragliamenti a bassa quota dopodiché ripresero la via di casa, atterrando senza danni nelle rispettive basi di partenza. In tutto i morti furono 36 e avrebbero potuto essere molti di più visto che parecchie bombe sganciate esplosero in zone disabitate, mentre alcune non esplosero affatto. Un testimone oculare, allora bambino, ricordò che, inizialmente, tutti furono attratti dal rumore di quei velivoli che solcavano il cielo, formando un rombo in tre gruppi da quattro e che sparirono temporaneamente dietro la cresta dei monti. Quando anche i vecchi uscirono dalle botteghe e dai portoni di casa, richiamati da quel frastuono, vedendoli tornare indietro, capirono che qualcosa di tragico stava per avverarsi e ognuno come potè, spinse i più piccoli al riparo, pregando il Signore di proteggerli e sperando che le bombe non cadessero proprio sulla loro testa. Quale fosse il reale obiettivo di quell’incursione aerea non è ben chiaro, alcuni partigiani segnalarono la presenza di un grosso contingente di nemici. Poco tempo prima, infatti, a Fivizzano aveva fatto sosta il battaglione “Lupo” della X MAS, ma alla data dell’incursione di fascisti non c’era alcun segno e alcuni ricordano la presenza di solo una decina di tedeschi, il che avvalorerebbe il rapporto di fine missione che non segnalò alcuna attività nemica. I piloti, che per compiere quella strage scesero a bassa quota per eseguire i mitragliamenti, ebbero l’opportunità di verificarlo da distanza ravvicinata. Alcuni anziani mi fecero notare tempo fa, che i segni delle mitragliatrici americane erano ancora ben visibili sui muri di alcune case che si affacciano sulla piazza principale, proprio come il ricordo di quella strage, che ad occhi attenti nasconde ancora qualche aspetto sconosciuto, è rimasto nel cuore e nei ricordi della popolazione locale.
A ricordare quel triste evento fu costruita una lapide commemorativa che ogni 13 luglio riceve gli onori e le preghiere di tutti i fivizzanesi, quest’anno saranno passati ben 80 anni.