foto di Silvia Meacci
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Al teatro Goldoni di Firenze, per la stagione del Teatro delle Donne, è andata in scena venerdì 16 e sabato 17 febbraio, la prima nazionale di “Ismene“, uno dei 17 monologhi drammatici del grande poeta greco Ghiannis Ritsos, dedicato alla figura mitologica della figlia di Edipo e Giocasta. Lo spettacolo presenta una bilanciatissima fusione tra classicità e graffiante modernità. Fulvio Cauteruccio, nella sua regia, riunisce il mito greco e la potenza della musica, dando vita ad una vera Opera Rock. Lo stile di Cauteruccio è inconfondibile: il pubblico ricorderà la sua felice messa in scena di “Roccu Stortu”, in cui la sonorità era elemento fondante alternato all’intenso monologo in calabrese.
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Dopo il recente passaggio di testimone da suo fratello Giancarlo, Fulvio è ora direttore artistico della compagnia Krypton, fondata 42 anni fa e di cui è stato membro dai primi anni ’90 per oltre 20 anni. In “Ismene” porta ancora la musica: Depeche Mode, CCCP , CSI, Johnny Cash e Nancy Sinatra. Parole forti e canzoni icona. La voce di Edith Piaf con “Non, Je Ne Regrette Rien” irrompe sul palco come potente inno alla vita e alla forza delle donne, che anche nella ripetizione di una grigia quotidianità, vanno avanti a dispetto delle avversità e delle disgrazie familiari.
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Ismene non rinnega niente del suo agire e non agire. È il trionfo della mitezza che diventa irriverenza. La quarta figlia di Edipo, nel ciclo tebano, era rilegata a personaggio minore, quasi funzionale ad esaltare il gesto sovversivo della sorella Antigone che, impiccandosi, si ribella agli ordini di Creonte e non attende il compiersi della sua condanna. Nel testo di Ritsos, a Ismene viene data la parola. Al contrario di Antigone sceglie di andare avanti ed affrontare lo spiegarsi lento dei giorni e il destino inevitabile della morte.
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“...anziché attenderla
giorno dopo giorno, a prezzo d’una vecchiaia inutile, ha preferito
andarle incontro, perfino provocarla, nel nome
di una nobiltà d’animo astuta e insolente, trasformando la paura
di tutta la sua vita e del desiderio in eroismo, trasformando
la sua stessa ineluttabile morte in una vile immortalità,
sí, sí, vile, nonostante tutto il suo abbagliante fulgore”.
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Grande testo, ottima regia e un applauso al bravissimo musicista Massimo Bevilacqua, che, con chitarre e sintetizzatori, e forte di una presenza scenica eccellente, accompagna il monologo di Flavia Pezzo. L’interprete incarna magistralmente Ismene e lo fa seminando accuse, deprecando l’orrore, rivivendo l’infanzia, vomitando il peso che si è portata dentro fino alla sua fine. È una Ismene metamorfica. Bambina, donna sensuale, guerriera irriverente della non azione, bandiera che sovverte il mito, visitandolo in profondità.
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Toccante l’interpretazione di Flavia Pezzo, sempre bravissima e intensa. Lo spettacolo titilla tutti i sensi. C’è solleticamento olfattivo, allorché Ismene scrive con uno spray rosso sui ritratti dei familiari e si può annusare il metallico odore della vernice castrante. C’è coinvolgimento e illusione tattile quando Flavia si scopre le gambe, rivelando tutta la sua femminilità, o quando impugna la bomboletta, si assapora il gusto amaro del sangue che trabocca dagli occhi di Edipo accecatosi, dopo aver visto i corpi senza vita della madre e della moglie. Il testo di Ghiannis Ritsos pullula di rimandi sensoriali e Flavia riesce a trascinare lo spettatore in un vortice esperienziale che induce alla riflessione.
Ismene
di Ghiannis Ritsos
traduzione Nicola Crocetti
regia Fulvio Cauteruccio
con Flavia Pezzo
e Massimo Bevilacqua
scene Alice Leonini
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