TUTTO IL TIFO MINUTO PER MINUTO 20^GIORNATA
Lazio Lecce 1-0
di Pierluigi Califano
Grazie ai soldi delle televisioni a pagamento, oggi la Lazio gioca alle 12,30 di una domenica invernale, quando vorresti magari pranzare tranquillamente, invece niente. Dopo il derby vinto in settimana, i capitolini affrontano un’altra squadra giallorossa, manco fosse la sagra del peperone. Le scorie della partita vinta contro la Roma e lo scarico nervoso si fanno sentire. Oggi rientra Luis Alberto, manca Castellanos e c’è carenza di centravanti. Siccome Capocchiano e Cantarutti avevano un matrimonio e Bruno Giordano è in tribuna, Sarri schiera Anderson al centro dell’attacco e Isaksen con Zaccagni sugli esterni. La Lazio parte lenta e prevedibile come una trasmissione condotta da Amadeus. Il Lecce tiene alta la linea e prova ad offendere anche con brutte parole che Provedel rimanda al mittente. C’è un’occasione per i salentini e una per i romani, per il resto la partita è interessante come un documentario sulla riproduzione delle locuste. Finisce il primo tempo e mangio il pollo con le patate precedente cucinato che mi guardava ormai senza speranza nel forno. Entra Pedro, Pedro Pe al posto di Isaksen che si unisce a Capocchiano e Cantarutti per il brindisi finale. La Lazio sposta il baricentro del gioco in avanti e di conseguenza gli spettatori si spostano verso il Ministero degli Affari Esteri. Dopo un tiro di Pedro e una specie di feijoada in area leccese, un’invenzione di Luis Alberto fa segnare Felipe Anderson che tira talmente forte sotto l’incrocio che la porta sussulta. Il Lecce non ci sta e si riversa in attacco, il suo allenatore fa circa 450 cambi, entra anche un signore che stava passeggiando sul Lungotevere con il cane. C’è qualche altra occasione per il Lecce e un paio per la Lazio, tuttavia il risultato non cambia fino alla fine, dopo quattro minuti di recupero e non una settimana come in altre occasioni con altri giallorossi. La Lazio vince e si porta in zona Europa, il Lecce si salverà perché è una buona squadra, solo un piccolo inciso per Falcone, attaccate…
Fiorentina Udinese 2-2
di Gianni Ammavuta
E il bello è che potevi addirittura vincerla, questa ennesima, inutile partita. Non sarebbe stato male, effettivamente, perché avresti staccato un po’ la Roma e il Bologna, entrambe perdenti, e la nostra improbabile classifica sarebbe stata un poco più solida. Ma figurati se la squadra di Italiano approfitta di un turno favorevole…Dobbiamo, invero, gioire e compiere riti di ringraziamento a Tiche, per non averla persa malamente, questa partita. Nel primo tempo, regalato all’Udinese con spirito di fratellanza e benevolenza, in campo si vede solo la squadra di Cioffi. Se il parziale fosse finito 3 a zero in favore degli ospiti, nessuno avrebbe potuto obiettare alcunché. Il gol del vantaggio dei bianconeri friulani è un condensato di orrore calcistico. Il menestrello Ikonè punta l’aria di rigore, partendo defilato sulla destra. Il primo dribbling gli riesce, così come il secondo. Adesso è al limite, ma le linee di passaggio per un assist nel cuore dell’area sono chiuse. Invece di provare il tiro, il buon Ikonè scarica su un compagno. Ma il compagno non è dove Ikonè sperava che fosse e il ridicolo passaggio diventa una traiettoria che precipita nel vuoto cosmico. Da qui viene prelevata con la dovuta solerzia e con tanto di inchino di ringraziamento, da un difensore friulano, il quale riparte a tutta velocità nella prateria incustodita della 3/4 viola. Indisturbato, il prode avanza e mette in movimento Lucca. Questi sbaglia lo stop, perché il pallone, come un folletto capriccioso, gli batte sul tacco e torna indietro. A questo punto i due centrali viola si avventano entrambi sul pallone vagante, certi di essere più lesti del pennellone friulano, che invece ci arriva un anno prima di loro, controlla e difende agevolmente il pallone, attirando a sé ancora di più i due imbelli difensori. Appena Lucca vede arrivare Lovric che sta correndo tutto solo verso la porta, come se fosse inseguito da Cujo, gli passa la palla sul passo giusto, e Lovric fredda Terracciano dal limite, con un bell’interno destro a girare che anticipa l’intervento in extremis di Ranieri, che stramazza al suolo. Così come a Sassuolo, La Fiorentina ci mette un tempo intero ad entrare in partita. A differenza della gara al Mapei, l’Udinese colleziona almento tre occasioni per andare ad un meritato quanto clamoroso doppio vantaggio. La serata fredda e umida, unita all’imbarazzante prestazione dei viola, è foriera di un’inevitabile serata da dimenticare in fretta, ma la Viola torna in campo e sembra essere una squadra nuova, sempre piuttosto bruttarella, ma quantomeno una squadra. Il neo acquisto Faraoni fa il suo esordio in viola e scodella il bel cross che Beltran gira in porta. E’ parità. A questo punto tutto lo stadio si aspetta un assedio, perchè la vittoria sembra davvero a portata di mano. Ma la Fiorentina non cavalca l’onda, e si toglie di dosso la paritita come si fa con la forfora sul cappotto. E’ così che si arriva al 78° e al gol del raddoppio friulano, con una nuova gigantesca dormita della difesa viola, che stavolta non riporteremo agli onori della cronaca: e “l’è tutto da rifare”, come soleva dire l’immortale Gino Bartali. Non passano neanche cinque minuti che la Viola trova il pari grazie ad un tiro dello scatenato Beltran che trova un braccio clamorosamente largo di un difensore friulano, trasformandosi nella più comoda delle occasioni. Sul dischetto si presenta Nzola, della cui entrata in campo, nessuno – compresi i suoi compagni – si era accorto. Ogni idioma conosciuto viene usato, ogni divinità pagana e non viene invocata, per convogliare tutta la buona sorte del mondo sui piedi dell’ivoriamo. C’è chi afferma di aver visto Terracciano, spettatore distante, con un guantone chiuso tra i due inguini, impegnato nel gesto esorcizzante la sfortuna per eccellenza. Ma la sfiducia, piuttosto generalizzata, nel centroavanti della Fiorentina, ieri è stata malriposta. Per questi bambinoni dalla vita di plastica, anche tirare un rigore può spaventare come una stanza buia spaventa un bambino, ed è per questo che alcuni rigori vengono sbagliati. Ma non stavolta. Nzola è freddissimo e insacca rasoterra a fil di palo, spiazzando completamente il portiere. Siamo allì’82° e la partita non è ancora finita, perchè c’è il tempo per un palo clamoroso di Buonaventura e per una girata ancora di Nzola, che finisce sopra la traversa, proprio all’ultimo secondo dell’ultimo minuto. Il girone di ritorno comincia con un asfittico pareggino ampiamente immeritato, che si porta con sè i soliti molti dubbi e le solite pochissime certezze. Adesso, ad aspettare la Fiorentina, c’è questo ridicolo torneino che mette in palio la Supercoppa italiana, da giocare in Arabia Saudita, dove diritti umani, parità di genere e democrazia cedono il passo al business del pallone.
Un saluto a tutti e sempre forza Viola!
Juventus Sassuolo 3-0
di Vinicia Tesconi
Dusan e Fede! E quindi: che vogliamo di più? Cioè, in realtà, vogliamo moltissimo, perchè siamo juventini, ma, finalmente – finalmente – abbiamo di nuovo la certezza di sperarci. Perchè quel “vincere è l’unica cosa che conta” che tutti i nonjuventini interpretano come prepotenza sportiva, in verità, significa giocare sempre al meglio per potersi permettere il lusso di sperare in ogni traguardo. Essere sempre lì, fino alla fine, appunto. Comunque la Juve, adesso c’è davvero: basta musi corti e soprattutto musi lunghi. Grande calcio e lezione secca nei denti agli arroganti sassuolesi (si chiamano così?) convinti che per qualche magia, non certo per la loro qualità tecnica, oggettivamente mediocre, ci avrebbero sempre messo sotto. Anzi, alla fine, dobbiamo pure dirvi grazie per l’umiliazione dei quattro gol (molti, più opera nostra che vostra) che ci avete inflitto all’andata: è stato un brusco, ma efficacissimo risveglio, completato adesso con il recupero totale di tutti i nostri attaccanti. E siamo lì, come ha detto Allegri: le guardie che inseguono i ladroni.