Quando sentiamo parlare di miracoli, tendiamo a pensare a un qualche avvenimento straordinario avvenuto nel passato e al quale oggi, potremmo dare una spiegazione più che logica, piuttosto che assegnarlo ad una dimensione trascendentale, divina. La breve storia che sto per raccontare, invece, ci riporta a quella dimensione altissima dalla quale, con ostinazione e pervicacia, cerchiamo di discostarci ogni giorno, perché fa sembrare più intelligenti dire che la scienza moderna può spiegare tutto, anche ciò che, obiettivamente, una spiegazione logica sembra proprio non averla.
Beppino Simonetti nasce a Bagnone il 31 maggio del 1946, il giorno dell’ascensione, l’ultimo giorno del mese che, tradizionalmente e liturgicamente, viene consegnato nelle mani di Maria, la madre di Gesù. È un bel bambino, biondo, vispo e pieno di vita, che cresce bene, ma nell’ottobre dell’anno seguente un morbo si impossessa di lui: è quello della poliomielite ed è così aggressivo che nel giro di poco tempo lo consuma così tanto, da renderlo simile ad una bambola di pezza. Beppino è, evidentemente, in fin di vita e il sacerdote del luogo gli somministra il viatico con l’olio santo. È il 2 novembre, giorno dei morti, e il destino di Beppino sembra ormai segnato, ma la madre, Antonia, non si dà per vinta, nonostante suo marito Dario abbia già ordinato la bara bianca per il funerale. Avvolge il bambino in una coperta, scende a Villafranca con la corriera e poi col treno lo porta all’Ospedale Felettino di La Spezia, dove non le danno più speranze, ma lei è testarda e alla fine riesce a convincere i dottori a ricoverare il figlio. Trattengono anche lei in quarantena, per evidenti motivi sanitari: Beppino è in coma. Le suore presenti le consigliano di accendere un cero alla Madonna, affinchè l’anima del bimbo venga accolta in paradiso e Antonia quel cero lo accende, ma prega perché Beppino si salvi e alla fine così accade. Il figlio esce dal coma e vicini al Natale tornano a casa. Tuttavia è una mezza vittoria, perché Beppino in realtà si trova poco più che allo stato vegetativo, riesce a malapena a muovere la testa, il resto del corpo è pressoché inerme e non risponde a nessun impulso volontario. La vita del bambino sembra inesorabilmente segnata, ma il 18 aprile del 1950, Lunedì dell’Angelo, Antonia decide di partecipare ad un pellegrinaggio organizzato dalle suore di Bagnone presso il santuario della Madonna del Monte a Podenzana. Lascia le cure del figlio alla sorella Mariuccia e si incammina insieme a tutta la comitiva, partecipa alla Messa e ancora una volta, davanti alla Madonna della Neve, chiede, con fede, l’intervento divino per una guarigione. La richiesta viene accolta e mentre lei riceve la comunione, nella frazione di Mochignano, dove vive tutta la famiglia, Beppino riacquista l’uso del proprio corpo e tutti gridano al miracolo. La sua vita sarà poi non del tutto dissimile da quella degli altri ragazzi e pur avendo la possibilità di vivere dei sussidi di un disabile totale, visto che comunque la malattia lascerà su di lui dei segni indelebili, non ne approfitterà mai. Farà vari mestieri, dall’orologiaio al tecnico elettronico, il corniciaio, l’apicultore e si sposerà, avrà dei figli, guiderà una macchina, farà tutto ciò che un uomo sano può permettersi di fare. Oggi Beppino lo possiamo incontrare per le vie di Bagnone a raccontare di quella serie di eventi incredibili che resero la sua vita unica e straordinaria.
Quando ho sentito per la prima volta questa storia, ero un po’ scettico poi ho avuto la possibilità di leggerla in un libro che già una volta ho citato quando ho raccontato la storia di Manga Marazina. Non contento ho cercato, trovato e ed ascoltato alcune persone che lo hanno conosciuto e che hanno vissuto da spettatori in questa incredibile vicenda e questo mi ha spinto a fare una serie di considerazioni sulla vita, su come a volte ci si debba considerare miracolati non perché, come per Beppino, grazie ad un intervento divino si è tornati ad una situazione di normalità o si è usciti da una serie di disgrazie altrimenti insuperabili, ma perché siamo depositari del dono della vita e di tutti quei talenti e quelle opportunità che, ci sono state messe a disposizione. Talenti che, in qualche modo, vanno assolutamente sfruttati e non sprecati.
In giro dicono che Beppino abbia avuto due mamme: una in terra e l’altra in Cielo e in un certo qual modo tutte e due hanno fatto un miracolo. All’inizio parlavamo proprio di questo, di spiegazioni che la scienza non riesce a dare e, secondo me, Beppino è la chiara dimostrazione che fede e scienza possono benissimo andare d’accordo, l’importante è crederci. Il resto viene da sé.