• Mer. Ott 9th, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

OLTRE-FRONTIERA storie di un altro mondo

Destinazione: Kiel, Germania
Coordinate: 54°19′24’’N 10°08’22’’E
Distanza da Firenze: km 1.547

Se mai qualcuno vi proponesse una battuta di pesca o un’immersione nel mare al largo di Kiel – capitale della penisola dello Schleswig-Holstein, nel nord della Germania, ai confini con la Danimarca – il mio consiglio è di rifiutare. A pochissime miglia dalla costa, infatti, c’è uno dei più grandi siti di smaltimento di ordigni e munizioni risalenti alla seconda guerra mondiale: Kolberger Heide. La parola “smaltimento” non vi tragga in inganno, però. Nell’immediato dopo guerra, gli alleati organizzarono l’eliminazione su larga scala delle munizioni convenzionali e delle armi chimiche dell’esercito tedesco, gettando il tutto nel mare, dove si trova tutt’ora: il risultato di questo “ripulisti” sono gli 1,8 milioni di tonnellate di materiale esplosivo che giacciono sui limacciosi fondali delle acque tedesche. Per il livello di sensibilità ai problemi ambientali di quei tempi, si trattò senza dubbio di una grandiosa operazione di smaltimento, in effetti. Ma quella che ottant’anni fa sembrava una soluzione semplice, veloce ed indolore, adesso rischia di diventare un serio problema ambientale e di tutela della salute pubblica.

Residui bellici sono sparsi ovunque, in Europa. Giusto l’altro giorno mi trovavo alla stazione di Firenze, mentre veniva annunciata una giornata di ritardi su una certa tratta, per la rimozione di un ordigno inesploso risalente alla seconda guerra mondiale. Niente di strano, quindi. Ma quando l’ordigno è in mare, le cose si fanno più complicate. Sono circa 28 mila le navi affondate nel corso dei due conflitti mondiali. I ricercatori hanno stimato in 23 miliardi di litri, la quantità di petrolio che queste navi si sono portate sul fondo. Se tutto questo petrolio fuoriuscisse adesso, sarebbe come il caso della Exxon-Valdez, la petroliera affondata in Alaska nel1989 che ha causato uno dei più gravi disastri ambientali della storia, moltiplicato per 550 volte. Una specie di ecatombe planetaria. Ma il petrolio, per quanto rappresenti il pericolo più distruttivo per l’habitat marino e per le coste, almeno è un nemico materico, fisico, che si palesa con chiarezza ed istantaneamente, e che quindi consente una reazione altrettanto tangibile. L’esplosivo contenuto negli ordigni e nelle munizioni ammassati in fondo al mare, invece, è una minaccia più subdola, perché le sostanze chimiche di cui è fatto, si sciolgono lentamente, sono invisibili e, cosa più inquietante, finiscono per essere assorbite dalla flora e dalla fauna marine.

Il problema ha spinto la Germania a sovvenzionare un progetto di ricerca, il North Sea Wrecks (Nsw), che ha il compito di studiare l’impatto sulla salute pubblica di siti quali Kolberger Heide. Nei laboratori del Nsw le cavie utilizzate sono mitili, vale a dire le cozze, e vari tipi di pesci, soprattutto quelli soggetti alla pesca commerciale, che in Germania è un mercato da trecento milioni di euro. I campioni vengono surgelati e conservati in sacchetti di plastica che riportano il nome del relitto nelle vicinanze del quali, pesci e cozze vengono prelevati. Sotto osservazione è, soprattutto la presenza di tritolo nei campioni. Come è noto, il tritolo, TNT, è una sostanza altamente esplosiva ed era presente in tutti gli ordigni bellici delle due guerre. Meno noto, invece, è il fatto che quest’ultimo, al suo stato naturale, è altamente tossico e che, cosa più importante, entra facilmente nel sangue attraverso i polmoni, il sistema digestivo e anche la pelle, provocando macchie gialli  su quest’ultima e anche sui capelli. I campioni vengono tritati e ridotti in particelle che vengono disciolte in una soluzione omogeneizzata di colore chiaro. Uno spettrometro di massa analizza il liquido, e se sul grafico appare un picco azzurro, vuol dire che le molecole del campione contengono tritolo. Per adesso, a parte un sito simile dove i valori sono pericolosamente alti, pesci e mitili di Kolberger Heide hanno una presenza di esplosivo nell’organismo che ha effetti trascurabili per la salute umana. Questo non vuol dire che il problema non esista. Le tracce di TNT dicono agli studiosi che laggiù, da qualche parte, coperto da colonie di coloratissime anemoni che fluttuano dolcemente nelle correnti che percorrono i fondali, il metallo che riveste ogive e ordigni si sta corrodendo, o si è già corroso, e che la sostanza sta uscendo. Magari lentamente, magari poco, per adesso. Ma è innegabile che si stia disperdendo, e che vada a finire nel pesce che arriva sulla nostra tavola. In ogni caso, ogni cozza analizzata mostra danni cellulari superiori a quelli che il suo organismo è in grado di riparare, il così detto “stress ossidativo”, e tutti i pesci catturati intorno ai relitti soffrono di gravi patologie tumorali al fegato. La soluzione sarebbe rimuovere tutto l’esplosivo il prima possibile, ma il prelievo di un ordigno, il suo trasferimento a terra, e il successivo smaltimento, è un processo difficile e costosissimo, circa 60 mila euro per unità. In Germania c’è un solo impianto che smaltisce i residuati bellici di tipo esplosivo. La sua capacità di smaltimento è di circa cento tonnellate l’anno. Questo vuol dire che per smaltire tutti gli armamenti sommersi ci vorrebbero 18 mila anni, secolo in più secolo in meno. D’altra parte, costruire altri impianti è oggettivamente difficile, in quanto nessuna comunità accetterebbe di buon grado la presenza di una struttura simile nel posto dove i propri figli vanno a scuola, o dove si curano i propri cari.

Allora Berlino ha lanciato una gara d’appalto per la costruzione di un impianto galleggiante automatico in grado di individuare e distruggere ordigni e munizioni, che faciliti la trivellazione dei fondali del Mar Baltico, al fine di estrarre gas naturale in autonomia, e svincolarsi così dal legame energetico con la Russia. In questo caso la finalità non è la tutela della salute pubblica, evidentemente, ma il risultato derivato, in ogni caso, andrebbe ad impattare positivamente su questo aspetto. Il problema è che per bonificare i propri fondali la Germania dovrebbe costruirne 500 di questi impianti, uno sforzo di produzione proibitivo persino per la ThyssenKrupp, l’azienda che si è aggiudicata l’appalto e che, curiosamente, è la stessa che ha letteralmente costruito l’imponente macchina da guerra del Terzo Reich, negli anni tra le due guerre mondiali.

La maggior parte delle volte gli ordigni vengono fatti brillare direttamente in mare, ma la procedura – decisamente più semplice e veloce – ha enormi conseguenze a livello ambientale, e un eccesso di questa metodologia andrebbe incontro ad una opposizione e alla condanna della comunità internazionale.

Sembra un problema condannato a non avere una soluzione, come tanti altri legati all’ambiente e alla nostra salute. Anche perché l’immersione in queste acque è oggettivamente complessa a causa delle proibitive condizioni del mare: correnti molto forti, moti ondosi che rendono difficile il recupero dei sommozzatori, scarsissima visibilità a causa dei sedimenti in sospensione, e una finestra temporale di soli due giorni al mese in cui si manifesta un particolare tipo di marea favorevole, sono tutte condizioni che rendono il lavoro di indagine scientifica e di ricerca particolarmente complesso.

All’interno della Nsw, ci sono scienziati che non concordano sull’urgenza di recuperare il materiale bellico, e sono convinti che sia sufficiente monitorarlo e preservarlo, in quanto i relitti tendono ad accogliere una vasta gamma di flora marina, e offrono un osservatorio naturale sulla biodiversità e sulla straordinaria capacità dell’ambiente di modificarsi ed adattarsi. In più, sempre secondo loro, i luoghi dove è avvenuto l’affondamento di un battello, sono luoghi della memoria, sacrari di guerra, cha aiutano l’umanità a non dimenticare.

Sicuramente questa frangia di ricercatori, diciamo, più possibilista, ha ragione sul valore emotivo di questi pezzi di storia che riposano sul fondo del freddo Mar Baltico, con il loro carico di vite spezzate; e forse hanno ragione anche sul fatto che non ci sono rischi, al momento, per la salute pubblica, in relazione alla presenza di tritolo negli organismi marini. Questo non toglie che l’immagine di una cozza ripiena di TNT che entra nel mio apparato digerente, e fa diventare il mio stomaco una sorta di camera di brillatura, mi terrà alla larga da Kiel e dai suoi ristoranti di pesce.

Fonte: Internazionale, Wikipedia