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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Firenze: piante di Papaver somniferum alle Cascine

DiSilvia Meacci

Mag 28, 2023

In viale Lincoln, a Firenze,  sono state scoperte alcune piante di papaveri da oppio dai residenti che frequentano il parco, per correre o passeggiare. Il tratto di lungarno è situato fra il ponte alla Vittoria e il ponte della tramvia. A segnalarne la presenza alle autorità e alla cittadinanza è stato il capogruppo di Fratelli d’Italia Alessandro Draghi: “Sono passato a vedere con i miei occhi ed ho constatato il fatto segnalato dai cittadini del comitato di San Jacopino. Non sono un esperto di botanica, ma l’apparenza non sempre inganna. Segnalerò la questione alle forze dell’ordine e alla direzione ambiente. Se oltre allo spaccio alle Cascine si passa anche alla produzione di stupefacenti, siamo davvero allo sbando”.

Si tratterebbe di esemplari di papaver somniferum, una pianta con proprietà psicolettiche dovute alle sostanze alcaloidi presenti nell’oppio grezzo, il “latte” secreto dalla capsula. La pianta cresce rigogliosa e, caduti i petali, si presta all’incisione delle capsule per la raccolta della sostanza lattiginosa, che, essiccata, fornisce la materia prima di un gran numero di anestetici, sonniferi e droghe. Produce effetti simili a quelli della morfina e dell’eroina ed è in voga tra i cittadini extracomunitari. Spesso la polizia ha arrestato contrabbandieri  di papavero da oppio. Puó essere assunto masticando il bulbo, triturandolo e fumandolo o preparando infusi. È frequente che se amplifichino gli effetti, associandovi le pasticche di un medicinale vietato in Europa, ma diffuso in India.

La pianta è spontanea nelle coste mediterranee ed è presente in Italia, forse da ottomila anni. Il papaver somniferum era molto utilizzato nella medicina popolare, e in ogni classe sociale, per curare tosse e coliche neonatali. Nell’Italia del sud si chiamava papagna, papagno, babafarina, a seconda delle regioni e si somministrava come decotto, con cui si imbeveva una pezza di stoffa che il neonato succhiava insieme a miele o zucchero, per camuffare il sapore decisamente  orribile. Le nonne lo usavano con superficialità per facilitare il sonno, ma a volte i bambini dormivano per giorni e giorni e in alcuni casi aveva effetti letali. La ricetta per prepararlo veniva tramandata di generazione in generazione ed è rimasta un mistero tanto fitto quanto affascinante. Sembra che si facesse bollire l’alloro, la testa del papavero e un po’ di camomilla. Talvolta era utilizzata anche per calmare i bollenti spiriti dei mariti. Turba pensare alle generazioni passate, cresciute a suon di oppiacei, prima che i dati delle invalidità permanenti o delle morti potessero essere analizzati. Alla fine degli anni cinquanta, la papagna cadde in disuso perché la medicina ufficiale riuscì a provarne la pericolosità ed anche la dipendenza che può creare.

La parola “papagna” ha generato un significato figurato: “appapagnarsi” indica sonnolenza e “Ho preso una papagna” si dice quando si è storditi per una botta.