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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

L’arte non devi capirla, devi entrarci dentro: Serenella Oprandi, pittrice e Maestra d’arte

DiSilvia Ammavuta

Mag 20, 2023

Diari Toscani incontra Serenella Oprandi pittrice e Maestra d’arte, nata a Rovetta in Val Seriana, vive e lavora a Bergamo. Ha all’attivo molteplici collettive e personali, – oltre 200 mostre – e numerosi premi e riconoscimenti.

Serenella Oprandi, pittrice… una curiosità: quando parlo con un artista mi rivolgo a lui chiamandolo Maestro; quando si tratta di una donna si usa Maestra? Le sembrerà una domanda stravagante, ma alcune figure professionali femminili preferiscono essere chiamate al maschile, lei?

Mi imbarazza se mi chiamano Maestra, è un titolo che non mi rende l’idea dell’artista. Essendo insegnante, è ovvio che ci voglia la conoscenza della propria materia e quindi sono Maestra o Maestro. Purtroppo non c’è un termine giusto per definire questa professione per le donne artista, dovremmo coniarlo! E comunque è un titolo che non sento mio, e in tutta sincerità non lo vedo nemmeno sugli altri. In quanto pittrice mi definisco artista, oltretutto fortunatissima, come lo sono tutti gli artisti del resto, perché in ognuno di noi c’è una ricchezza, la vena della creatività, perciò, se proprio dovessimo trovare un titolo mi piacerebbe “inventore a livello artistico”.

Nella sua professione di pittrice, in quanto donna, ha incontrato ostacoli?

Montagne! A volte invalicabili, difficoltà e ostacoli in molteplici situazioni, dal non essere considerata in quanto donna, alla tecnica che uso per dipingere: gli acquerelli… purtroppo ci sono preconcetti e stereotipi e il fare acquerelli viene associato alla pittura dei bambini. Anni fa, proprio una giornalista mi disse: “Dove pensi di arrivare? Donna e acquerellista!”

Lei è figlia d’arte, suo padre era un pittore, il legame fra figlia e padre è potente, quanto questo legame e il condividere una passione ha segnato il suo percorso artistico?

Tantissimo, l’inizio è stato lui; veder nascere dalle tele bianche delle forme, dei paesaggi, per me era una magia, il mio papà è mancato presto, avevo venti anni, e non abbiamo potuto condividere il mio percorso artistico. È morto proprio quando ho iniziato a dipingere in maniera seria, è comunque una presenza interiore, un faro. Una mano sulla spalla.

Lei insegna, il suo rapporto con gli studenti?

È una esperienza bella, ed ho un bellissimo rapporto con i miei allievi, ho molto rispetto per loro. Devo fare un piccolo inciso, i miei studenti sono persone adulte e insegno nel mio studio, anni fa rifiutai di insegnare in una scuola perché non mi piace dare voti, posso dare un giudizio, una valutazione, un approfondimento per migliorare e conoscere meglio la propria capacità di espressione, ma i voti proprio no. Vede, ognuno ha il proprio modo di esprimersi, e anche se non bravo ha comunque una interiorità, il mio compito è insegnare la tecnica, le basi, poi ognuno deve trovare la propria strada per esprimere ciò che ha dentro.

Si può insegnare l’amore per l’arte?

Ci sono persone che partono prevenute, sostenendo che di arte non capiscono niente, alzano dei muri precludendosi l’opportunità di avvicinarsi a questo mondo magnifico, per questo mi dispiaccio davanti a queste affermazioni. Si può insegnare ad amare l’arte, facendola conoscere: nell’arte non devi capire, ci devi entrare, è come una pietanza, non puoi sapere se ti piace o non ti piace finché non “ci entri dentro”. A me piace fare questo paragone in quanto tutti mangiamo e quindi è più veloce e facile capire cosa intendo: quando mangi non sai come è stato cucinato quel piatto, man mano che assapori ti viene la curiosità di capire quale spezie ci siano, quali aromi, inali il profumo. Così nell’arte, non ci dobbiamo porre limiti per goderne appieno l’essenza.

Quanto è importante la relazione maestro-discepolo?

Molto. Sono importanti sia il maestro che il discepolo. Il primo deve passare la sua conoscenza e il secondo deve avere la voglia e l’umiltà di apprendere, deve essere aperto a tutto ciò che gli arriva, prendere a mani piene.

E se non ravvisa questi presupposti in un suo allievo?

Le persone supponenti non diventano miei allievi. Quando ravviso quel tipo di atteggiamento non riesco a dare il meglio, divento tecnica, scolastica e non trasmetto l’amore e la passione che nutro per l’arte con il piacere e la gioia di donare, e ovviamente questo viene recepito.

Finora abbiamo parlato di Serenella Oprandi insegnante, adesso mi piacerebbe che Serenella Oprandi pittrice raccontasse se stessa.

Eh! Più difficile raccontarsi che rispondere a delle domande…

E allora una domanda: è sempre soddisfatta dei suoi lavori?

Non sono mai soddisfatta del mio lavoro, sono molto critica con me stessa. È importante evidenziare che io lavoro, non copiando qualcosa: le mie tele nascono, quasi sempre, da emozioni, impressioni, fatto salvo le volte in cui dipingo su commissione. Per far sì che il mio lavoro mi soddisfi è indispensabile che arrivino quelle emozioni e quelle impressioni. Quando un quadro non è come vorrei mi dico: per oggi è così. E così deve rimanere perché l’acquerello non si può ritoccare, però non me ne disfo, è comunque una mia creatura, lo metto da parte, ci sarà sicuramente il momento in cui mi servirà come idea e soprattutto mi servirà per capire cosa dovrò fare di diverso per ottenere ciò che voglio.

Quanto è importante mettersi in discussione?

Tanto: è necessario per crescere, è la molla per scoprire, fare ricerca, osservare in modo diverso o sperimentare, per esempio, materie diverse da usare. Per fare l’acquerello l’elemento base è l’acqua, poi però sul foglio si può intervenire anche con altri elementi. Ecco per sperimentare mi riferivo a questo, alle volte uso: aceto, caffè, sapone, cera…

Ognuno di noi è abbastanza consapevole dei propri pregi e difetti. Averne la consapevolezza può diventare un punto di forza o di vulnerabilità?

Un punto di forza: se sai che non stai dando il massimo ti applichi di più, se ti adegui ai tuoi limiti è finita, non è detto che poi vada sempre bene, ma è comunque un motore. Se stai sempre nel tuo pezzettino non migliorerai mai.

Doveroso a questo punto chiederle cosa sia per lei la fragilità.

Io le dico il vetro! Hai davanti una bella forma che allieta la vista, ma basta un colpettino e… In fondo anche l’essere umano possiamo paragonarlo al vetro, può essere bello, completo, ma anche in questo caso: basta un piccolo colpo e… Fragile vuol dire che con niente puoi andare in pezzi. Pochi minuti fa abbiamo parlato di vulnerabilità, si è vulnerabili non quando siamo deboli ma aperti verso il mondo ed è più facile essere feriti, la fragilità è dovuta principalmente a una natura instabile. 

Domanda provocatoria generata dalla lettura del libro di Pablo Echaurren: “Adotta un artista”, il cui sottotitolo recita: “e convincilo a smettere per il suo bene”. Essere artisti ha controindicazioni? Nuoce alla salute? Fra parentesi, Pablo Echaurren è un artista.

No, non ha controindicazioni, e non nuoce alla salute! È una provocazione interessante, fa riflettere. Voglio però condividere con lei ciò che provo quando finisco una serie di lavori, forse Echaurren non si riferisce a questo, ma a che fare con lo stato d’animo. Quando sono presa dalla produzione ho l’adrenalina che mi spinge a fare, le idee si susseguono, dipingo quasi in uno stato febbrile, ecco, arrivata alla conclusione la mia frase per definire come mi sento è: ho il frigo svuotato, perché è così che mi sento, svuotata.

Cos’è l’arte per lei?

Per me è la vita, ogni giorno è qualcosa di diverso. L’arte la trovi in un fiore, in un cielo, nei profumi, nei colori in qualsiasi cosa guardi, l’arte è vita come “contenuto”, non c’è una definizione perché potrebbero essere migliaia le definizioni.

Ci sono tematiche particolare che ama affrontare in “punta di pennello”?

I sentimenti, e lo faccio attraverso il colore, perché il colore parla. Mi piace usare anche l’oro in quanto dà il senso della preziosità. Un tema che amo molto è la femminilità e la maternità in particolare: la preziosità della natura. Ho fatto una collezione molto ampia sulla maternità.

La prima parola che ho pronunciato, a seguito della sensazione che è scaturita nel vedere le sue opere, è stata: eteree.

Lei mi ha fatto un regalo! Vorrei tanto essere sempre eterea… è la mia intenzione, che poi riesca sempre non so.

Progetti futuri?

Abbiamo passato un periodo brutto, triste, e non mi piace dipingere cose tristi Per dipingere ho bisogno di bellezza. Anche il profumo di una torta è già bellezza. Sto portando avanti la mostra dello scorso anno, fatta a Bergamo, il cui titolo è “Film”, ed è una collezione autobiografica, in cui gli eventi della mia vita sono riportati nelle mie opere, e da questa è stato tratto un libro, presentato in più occasioni, con l’ausilio di una storica d’arte. Il bisogno di raccontarlo era forte, anche se questo percorso intrapreso ha richiesto tante energie, sia a livello fisico che emotivo, fino a farmi sentire svuotata. Per questo dico che ho il frigorifero da riempire, però ho già iniziato a metterci dentro qualcosa! Ho intenzione di dipingere i profumi. In passato ho dipinto i sapori, assaggiando, odorando, cucinando, toccando, unendo le sensazioni che scaturivano, il tutto ascoltando musica.  Per esempio: quando ho dipinto lo zafferano, il colore negli occhi lo avevo, ma ascoltare la musica mi ha aiutato, mi trasmetteva calore, freschezza, forza, e sono riuscita a cogliere e a trasmettere di più senza essere troppo influenzata dalla vista. Più stai in ascolto più vai in profondità, in fondo se pensiamo a chi non vede, ascoltare è importantissimo. La musica affina tutti i sensi, ed è grazie al coinvolgimento di questi, unita all’uso del colore, che si può cogliere appieno la bellezza dell’arte.