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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

“Civico 30” (prima parte) di Silvia Meacci

DiDiari Toscani

Giu 26, 2022

Rina

Ho un gatto nella borsa. Dio, fa’ che non miagoli. Devo pur finire di fare la spesa. “Ecco, Rina, tenga, i suoi carciofi! Ma la primavera non arriva quest’anno?”. Gina è una ficcanaso. Comincia dalle previsioni del tempo per poi arrivare a farmi il terzo grado. È una donna a cui si devono dare in pasto un po’ di notizie personali, altrimenti non ti serba più le primizie o le cosine buone.

“Eh, già” le rispondo. “L’ha detto anche il generale Bernacca ieri sera! Si prevedono nuvole e pioggia per altri tre giorni! E a me tocca sopportare la contessa Bianca con i suoi acciacchi e le sue pene d’amore. Mi dà un po’ di odori? La tratto bene la mia Bianchina, eh? Domani le faccio i carciofi alla giudia. L’unica cosa che le piace di Roma da quando la famiglia la portò lì, lontano dalla Val d’Orcia, perché si levasse dalla testa Pietro, il figliolo della Maria di Gughi. Ma questo ve l’ho raccontato già. Le era preso un innamoramento, un innamoramento tale! Però una contessina del suo rango non poteva certo accasarsi con un fabbro! Eh, la vita! Non è una passeggiata! Arrivederci!” Sguscio via. Sento il micino rimestare nella borsa e, in più, devo anche cercare di controllare l’ombrellino giallo che tengo nascosto sotto la giacca. Che non scivoli e non mi spunti dall’orlo. Lo rintuzzo dentro e arrivo in latteria. Compro il burro tirolese, caro assaettato. Per uscire dalla bottega, passo attraverso i fili di plastica colorati che fanno da tenda e scorgo, per terra, abbandonata in un angolo, una macchinina. Rossa, ammaccata, di latta. Mi sembra che ci sia scritto T-o-r-p-e-a-u-t-o. Deve essere del nipotino della lattaia. Faccio in un baleno. La raccolgo. Sono lesta. Finisce in borsa, con il micio e con tutto il resto. Ormai sono diventata davvero brava. Automaticamente rifaccio capolino nel negozio. “Domani non vengo, ma ci vediamo tra due giorni!”. Non vista, allungo un braccio e lasciò scivolare un bel rosario tra il cesto delle promozioni e la vetrinetta lucida del bancofrigo. Scusami Madonnina, sarò anche irriverente a disfarmene, ma un paternoster di tale fattura, la lattaia non l’ha mai visto. È di corallo e argento. E antico, per di più! Sarà felice. Sorrido tra me e me. In certi momenti mi sento proprio invincibile e ringiovanita. Come se mi vedessi di nuovo ragazzina. Con le fossette sulle guance e i baffetti stiracchiati.

Entro nel portone di casa. Nell’androne incontro la portinaia con la scopa in mano. “Beata lei, signora Assunta, che sta a pianterreno! A me queste scale mi stremano. Glielo avevo detto io alla contessa: non prendiamo casa all’ultimo piano, ma lei è nobile, figuriamoci!” Drizzo le orecchie. “Senti, senti, le canzoni della mamma della Silvia, dal primo piano, arrivano anche quaggiù. Bella cosa esser giovani! A lei, Assunta, è piaciuto il Festival, quest’anno? Certo, hanno fatto di tutto per boicottarlo. E quei tre ragazzi, con lo sciopero della fame, cosa credevano di fare? Comunque, la Zanicchi è una vera bomba e Bobby Solo è proprio bravo. E che bell’uomo, no?” La portinaia mi guarda, ma forse non ha capito tutto quello che ho detto. Sta diventando sorda, credo. La saluto e canticchio. “Prendi questa mano, zingara, dimmi pure che destino avrò…”. Primo piano. Forza, forza, Rinina! Ci siamo quasi. Le parole e la musica mi si sfumano in bocca. Delle voci arrivano dall’appartamento dove abita la famiglia del pittore. La porta è socchiusa. Tommaso, il bambino, si lamenta. “Mamma…ombrellino…bastone…mi serviva…”. Sono divertita perché io so, esattamente, cosa ci sta a fare lì il bastone da passeggio e me la rido tra me e me. Ho sentito abbastanza della conversazione, ma ecco che qualcuno arriva e mi fa sussultare. È Silvia, la bambina loro dirimpettaia. Nello stesso momento, anche Tommaso balza fuori sul pianerottolo. “Ciao, ragazzi, bei diavolini!” e riprendo a salire fingendo di essermi fermata per il peso eccessivo delle borse. Li sento bisbigliare. Che si diranno? Del loro pissi pissi non ho distinto che poche parole. Salgo l’ultima rampa. Noi abitiamo proprio nell’appartamento sopra. Estraggo finalmente l’ombrellino giallo dal cappotto e affronto lo zerbino strusciando bene i miei mocassini. Appoggio a terra le borse. Il gatto deve essersi rassegnato, non si muove più. Che si sia addormentato? La chiave cigola rabbiosa nella serratura. Entro. Raccolgo le mie ultime forze e il fiato.

“Bianca, venite a vedere che vi ho portato! Bianchina, Bianchina! Ma dove…? Ah, eccovi lì! Siete sempre a chiacchierar con lei!”…

Illustrazione di Emma Pianini classe III liceo artistico Artemisia Gentileschi di Carrara