Lucrezia Borgia, opera di belcanto composta da Gaetano Donizetti su libretto di Felice Romani e tratta dalla tragedia di Victor Hugo fu rappresentata per la prima volta in assoluto nel 1833 ed è sopravvissuta nel tempo fino alla fine del XIX secolo, attraverso tutta una serie di adattamenti, versioni modificate, censure e titoli diversi. Dal 9 al 16 novembre, questo gioiello musicale, ricco di virtuosismi e vicende a grande effetto, ritorna al Maggio Musicale Fiorentino dopo quasi cinquanta anni: nel capoluogo toscano era andato in scena, dopo esser caduto in oblio per qualche decennio, nel 1933 e nel 1979.
Alla regia il giovane Andrea Bernard, che ha teso a sottolineare il tratto più umano e femminile di Lucrezia: il suo essere una madre mancata e non solo un’assassina maligna e avvelenatrice. Un’idea che Bernard insinua in varie parti della produzione, mostrandoci una donna alla ricerca del figlio strappatole alla nascita. È il libretto stesso a suggerirlo — Com’è bello! Qual incanto!, cantato mentre la donna guarda Gennaro che dorme, è quasi una ninna nanna — e anche la visione di Victor Hugo conferma la maternità come purificazione dalla perversione.
Come ha osservato in conferenza stampa la soprano Jessica Pratt, al suo debutto nel ruolo di protagonista, Lucrezia è una donna interessante, intelligente, molto religiosa, attorniata da un mondo violento e trasgressivo. È vero, Lucrezia sa di avere potere e lo usa, ma per cercare il figlio. Si sente le spalle coperte e, se offesa, sa ribellarsi. Il marito della Borgia, interpretato da Mirco Palazzi, è invece rappresentato come ossessionato dalla religione e non coraggioso nelle proprie azioni, tanto da costringere Lucrezia stessa a scegliere il modo con cui avvelenare il proprio amante.

“È un’opera con una drammaturgia veloce”, ha detto il regista, “per esprimerne al meglio la fluidità, ho pensato di utilizzare il palco girevole”. Sarà spettacolare e affabulatorio per il pubblico essere trasportati nel flusso della storia anche grazie ai molteplici cambi di scena. Inoltre Bernard ha scelto di ambientare l’opera in un Vaticano più vicino ai giorni nostri, nel secondo dopoguerra, con abiti dell’epoca, giacche pesanti a quadri, pantaloni a sbuffo in colori cupi, che creano un affresco dalle tinte scure, non senza punti di luce, perché la voglia di riemergere e rinascere era tanta. Tutta da vedere quindi questa versione fiorentina che nei suoi contrasti rispecchia la narrazione di Romani e di Donizetti: potere e desiderio, colpa e amore, cupezza e sprazzi di speranza, tragedia, ma anche comicità. Per quanto riguarda la parte musicale, il maestro concertatore e direttore Gianpaolo Bisanti si è detto felice di poter lavorare con tutti professionisti di altissimo livello: i protagonisti, le parti di contorno, l’Orchestra e il Coro del Maggio Musicale Fiorentino.
Attorno alla Pratt e alle sue eccelse doti canore si sviluppa l’opera che, appartenendo al genere di belcanto, è caratterizzata da una tecnica vocale virtuosistica. “C’è una base drammaturgica molto forte, una poliedricità di intenzioni che devono risultare coese per ottenere un risultato avvincente”, ha detto Bisanti, “La gestione del materiale orchestrale va ben pensata ed equilibrata per avere soavità e drammaticità al tempo stesso. Per questa rappresentazione abbiamo scelto l’edizione critica del ‘19 che ha proposto una serie di appendici aggiunte all’originale. Noi vi abbiamo attinto offrendo così al pubblico la possibilità di ascoltare le modifiche e le correzioni che Donizetti fece nel corso del tempo, nonché i tre finali alternativi dell’opera”, ha continuato Bisanti. “Durante il prologo eseguiremo l’aria Com’è bello di Lucrezia e poi attacchiamo la celebre cabaletta Si voli il primo a cogliere.Nel finale del II atto, invece, faremo la versione di Londra del 1839 la quale prevede la romanza di Gennaro Madre, se ognor lontana”. Un’occasione da non lasciarsi sfuggire per immergersi nella musica di Donizetti.
