Ci sono tratti somatici che viaggiano attraverso i geni per generazioni, magari solo miscroscopiche espressioni, piccole attitudini, gesti appena percettibili che tengono legate le persone ad avi anche molto lontani. O forse è solo una suggestione il ritenere che un antenato illustre e celeberrimo, ricompaia in tracce, più o meno evidenti, nei suoi discendenti. Parlando con Lucinda Hawksley Dickens, la trisnipote del grande autore inglese, in questi giorni a Carrara ospite e protagonista di una serie di eventi organizzati dalla Dickens Fellowship e dalla sua vulcanica e instancabile presidentessa Marzia Dati, si prova una sorta di emozione naturale, nata dalla consapevolezza di quel cognome e di quella storia famigliare che trascende il tempo e che si aggancia a quei tratti davvero impercettibili che fanno filtrare lui attraverso il volto di lei. Sarà la fronte spaziosa, sarà il disegno delle sopracciglia che ricordano quelle del grande avo scrittore, sarà lo sguardo acuto e profondo che Lucinda sembra davvero aver ereditato dalla genetica famigliare: è facile, dialogando con lei, avere la sensazione di parlare un po’ anche con lui. Lucinda Hawksley Dickens è la presidente internazionale della Dickens Fellowship, scrittrice e saggista, storica dell’arte e anche conduttrice e attrice. Molto del suo lavoro l’ha dedicato a Dickens. È una dei principali referenti del Dickens Musem di Londra, dove, di recente ha accompagnato in una visita guidata la regina Camilla, appassionata dello scrittore. L’evento a cui partecipa a Carrara è “Dickens. A never ending story” nel quale è relatrice sul tema di Dickens e il viaggio. Quindi partiamo proprio da quando a Carrara, nel 1845, venne in visita Charles Dickens, nel corso del viaggio in Italia da cui trasse il volume Pictures of Italy, in cui parla anche di Carrara.
Lucinda, lei conosce l’impressione che Carrara e i suoi abitanti lasciarono sul suo trisavolo?
Sì conosco quello che scrisse in Pictures of Italy su Carrara. In particolare so che a colpirlo fu il modo con cui venivano maltrattati i buoi usati per il trasporto del marmo dalle cave.
Nella serata che Dickens trascorse al teatro Animosi per assistere all’opera lirica “Norma” , furono proprio i carrarini a colpirlo, perché il teatro era pieno di gente del popolo e anche di cavatori e tutti quanti conoscevano e cantavano le arie dell’opera lirica…
Sì, infatti, in seguito lui scrisse che in Italia tutti cantavano male, ad eccezione dei napoletani e degli abitanti di Carrara.
Quanto pesa su di lei il nome e l’eredità di un trisnonno che ha fatto la storia della letteratura inglese e anche di quella mondiale?
È fantastico perché io sono sempre stata molto colpita dalla sua grande lotta per combattere le ingiustizie sociali. Le sue opere hanno avuto un grande impatto sul pubblico proprio per questo motivo. Quindi è un peso, sì, ma è bellissimo da portare perché Charles Dickens ha combattuto per un mondo migliore.
L’aspetto sociale delle sue opere è, quindi, la chiave della grande attualità e longevità di Dickens? Di fatto è un autore dell’800, ma è ancora molto amato e la presenza delle Dickens Fellowship in tutto il mondo lo conferma…
Dickens è un autore di una contemporaneità incredibile. Oggi viviamo in un mondo in cui il divario tra ricchi e poveri è sempre più grande, esattamente come era ai tempi di Dickens. Oggi si notano soprattutto la crudeltà e la mancanza di umanità ed erano problemi esistenti anche nel suo tempo e questo fa sì che le sue opere possano essere lette alla luce della contemporaneità. Specialmente sul ruolo delle donne, sulle donne di strada da riabilitare, che erano figure che costituivano un grande problema nella società del suo tempo, Dickens ha creato personaggi importanti e incredibili, ma anche tutti gli altri suoi personaggi risultano ancora figure straordinariamente attuali.
C’è stato mai un momento, tra l’epoca di Dickens e la nostra, in cui questo divario sociale si è colmato, secondo lei?
Posso parlare per il Regno Unito, non conosco la situazione dell’Italia. C’è stato un periodo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 in cui sembrava che il divario tra ricchi e poveri si fosse ristretto. Oggi la realtà che viviamo in Gran Bretagna è tragica, anche a causa della Brexit e della pandemia. Oggi il gap è enorme, il costo della vita è altissimo, dobbiamo contrastare problemi come quello dei rifugiati, della crisi mondiale e dell’aumento dei prezzi. Il costo della vita a Londra è alle stelle. C’è una sorta di oligarchia di persone ricchissime e un numero enorme di persone in difficoltà che lavorano e non riescono a pagare i conti.
Cosa immagina che avrebbe votato Dickens sulla Brexit, se avesse vissuto oggi?
Avrebbe sicuramente votato per restare in Europa e non per uscire.
In Italia, Dickens è ancora molto conosciuto e molto amato. Qual è il rapporto che hanno gli inglesi con questo autore tra i principali della loro storia letteraria?
È ancora molto popolare e molto apprezzato. È il punto di riferimento della letteratura inglese ed ha ancora un impatto molto forte soprattutto sui bambini. Addirittura, Un canto di Natale è inserito nei programmi scolastici, così come Tempi difficili, in parte perché sono brevi e più facili da leggere per gli studenti. Ci sono poi moltissime versioni cinematografiche e televisive delle opere di Dickens e queste sono un modo molto efficace per coinvolgere i bambini e avvicinarli a Dickens. In ogni scuola si rappresenta Un Canto di Natale ed è molto popolare il musical Oliver basato su Oliver Twist. In ogni caso è fondamentale il modo con cui gli insegnanti trasmettono agli studenti la passione per Dickens.
Il suo lavoro è totalmente legato a Dickens o ha anche un percorso indipendente dal suo trisnonno?
In realtà per la gran parte del mio lavoro io sono solo Lucinda Hawksley. Uso il cognome Dickens quando mi occupo del museo dedicato a lui o quando partecipo agli eventi della Dickens Fellowship.
Poi parliamo di Paul McCartney che ha l’età di sua madre, è vegetariano come lei e resta uno dei più grandi e di George Michael, del suo poco conosciuto impegno per aiutare i più poveri, della musica inglese degli anni ’80 e dei Rolling Stones che Lucinda ha visto in concerto di recente e di come si è stupita della forma strepitosa di Mick Jagger, e ancora della regina Camilla, che le è parsa estremamente alla mano e gentile nella visita al Museo di Dickens e anche della grandezza di Jane Austen e delle scrittrici inglesi del diciannovesimo secolo. Un po’ a metà tra chiacchiere di ragazze e confronto tra grandi passioni. Sorridente, gentilissima, assolutamente “friendly”, per dirla nella sua lingua e immensamente preparata. Un incontro che lascia il segno e forse, in lontananza anche un accenno di sorriso del suo grande antenato.