seconda e ultima parte
Diari Toscani ha incontrato il maestro Sifu Nicola Colonnata:
I recenti fatti di cronaca ci spingono a credere che oggi sia fondamentale sapersi difendere o almeno saper riconoscere il pericolo quando ci si para davanti e di conseguenza saper approntare una reazione adeguata. Il mercato offre molte soluzioni a questo problema ed i corsi di difesa personale non mancano davvero. Che differenza esiste tra un corso di difesa personale ed uno di arti marziali? Perché una persona che entra nella tua accademia dovrebbe accettare di seguire un lungo percorso marziale piuttosto che un corso di durata limitata?
Noi non offriamo dei corsi, ma dei percorsi. In un corso impari delle tecniche che però non sei pronto ad usare. Pensa ad un corso di cucina: secondo te un ragazzo che fa un corso di qualche settimana sarebbe in grado di gestire una cucina, magari come la mia a Ferragosto, quando abbiamo un sacco di gente a pranzo? No, perché il corso viene fatto all’interno di un ambiente protetto dove c’è l’insegnante, gli allievi che, in genere, sono ad un livello basso e vogliono imparare e alla fine ciò che si vuole è solo il certificato. Tu però sei sempre lo stesso, con la nozione di alcune tecniche che, a volte, in situazioni di stress, non funzionano, perchè l’adrenalina o il cortisolo alterano il funzionamento del tuo corpo. Certo tu sai fare quelle cose, ma non quando è necessario farle. Per tornare alla cucina: la cuoca che ho qui e che ha trent’anni di esperienza, agisce con l’inconscio, non pensa ai piatti da fare, li fa e basta. Per riassumere: il percorso lo puoi fare per esperienza personale con la sequenza errore, revisione dell’errore, apprendimento e nuova esperienza. Chi ha fatto un corso può seguire lo stesso schema e magari nel tempo acquisire dei buoni risultati, ma in un’aggressione in strada, difficilmente funzionerà ciò che ha fatto.

Che percorso proponete voi nella vostra accademia?
Ilpercorso che noi facciamo nella mia associazione, l’AWTKA (Authentic Wing Tjun Kungfu Association, n.d.r.) è totalmente diverso da tutti gli altri perché noi andiamo a lavorare sulla difesa personale insieme alla crescita personale. Da noi, prima di tutto, una persona deve lavorare su sé stessa in modo da poter applicare quegli strumenti che noi gli insegnamo ad usare. Deve rendersi conto della sicurezza che ha già dentro, gliela tiriamo fuori. Esaltiamo un qualcosa che già ha ma che per vari motivi ha tenuto repressa. Il percorso diventa così un ponte tra dove si trova e dove vuole essere senza cadere nel burrone degli errori dove ti aspettano sentimenti di frustrazione e di paura. Ti consente di evitarli il più possibile risparmiandoti il tempo di doverli affrontare e sconfiggere.
Che cos’è il ponte?
Il ponte non è altro che il metodo marziale, che ho forgiato io personalmente e che ho visto funzionare su migliaia di persone, fatto di tanti piccoli obiettivi che non sono solo tecniche di arti marziali o di difesa personale, ma è una cammino di crescita personale nel quale impari le tecniche ed allo stesso modo a diventare una persona capace di saperle utilizzare. Da noi si imparano delle soft skills, richieste ad esempio anche dalle maggiori aziende, che sono quelle della leadership, della gestione di un team sotto stress, di come comunicare efficacemente, di come gestire al meglio il proprio tempo. Spesso le persone vorrebbero raggiungere degli obiettivi, ma non sanno come fare, per questo accade che si manifesti la paura, facendosi delle domande alle quali non sai come rispondere.
Entrando nell’Accademia a Marina di Carrara che è la sede dell’AWTKA, mi hanno colpito due cose: il lungo specchio in ognuna delle due sale per l’allenamento e la scritta su di essi “una cintura nera AWTKA è una cintura bianca che non ha mai mollato”. Puoi spiegarmi il perché degli specchi e della scritta?
Bisogna comprendere che, spesso, non ci sappiamo guardare da fuori: la prima volta che lo fai impari a vederti come ti vedono gli altri e puoi esprimere un giudizio su te stesso. Quando ti guardi, sopra la tua immagine leggi quello che vuoi diventare, una cintura nera – che non è semplicemente un pezzo di stoffa nera che ti leghi attorno alla vita ma un obiettivo che tu vuoi raggiungere. Per realizzare qualcosa di veramente importante devi continuare a dedicartici, devi essere disciplinato. Non devi mollare mai. L’accademia è molto meritocratica purché tutti partiamo dallo stesso punto, dalla cintura bianca. Lo specchio è uno strumento di autovalutazione per capire come ti stai allenando. Io ricordo sempre ai miei allievi che se quello che fanno è veramente importante, l’unica persona a cui devono rendere conto è quella che tutte le mattine vedono per primi nello specchio, se stessi. Solo guardandoti negli occhi capisci se ti stai prendendo in giro o meno.

Lo specchio e la scritta sono allora tutt’uno…
Specchio e scritta hanno il compito di ricordarti qual è la dote principale che devi avere per raggiungere l’obiettivo: la perseveranza. Non, fare quello c’è da fare quando ne hai voglia, ma fare quello che c’è da fare quando va fatto. Io dico spesso ai miei allievi, allenatevi quando nessuno vi guarda. Oggi, specie coi social network, la gente fa tanta scena e poi magari, fuori, conduce una vita che è lontanissima dai valori che vuole trasmettere ai loro allievi. Ne conosco tanti che insegnano a valorizzare la famiglia quando loro invece le distruggono oppure insegnano il valore della disciplina e poi sono i primi a non allenarsi, il valore del lavoro e poi sono i primi a cercare scorciatoie pur di certificarsi. Tra poco uscirà un sito, www.sifu.it e tutte le cose che ti sto dicendo ora le troverai scritte, ce ne sarà per tutti. Nella nostra accademia per diventare Sifu, devi portare uno dei tuoi allievi a diventare un primo grado tecnico oppure diventare quarto grado tecnico, ecco io ho formato molti sifu e tantissimi istruttori per cui, mi ritengo il sifu dei sifu, titolo del quale oggi alcuni si fregiano senza averne molto merito.
È davvero necessario, come si pensa spesso, dover iniziare un percorso marziale da bambini accampando la scusa che altrimenti non si possono acquisire le doti necessarie per praticarle? Ci sono dei limiti di età o di fisico per potersi approcciare a questa realtà?
Ho studiato coi migliori maestri orientali di kung fu e filosofia ed ho viaggiato fino ad Hong Kong, Cina, Indonesia, in India e Nepal per studiare meditazione dai più grandi guru. Sono andato poi in America per studiare coaching e mental coaching, anche lì dai migliori maestri e di tutti questi viaggi posso dirti che la frase che più mi è rimasta impressa è che la maggior parte dei nostri limiti sono nella nostra testa. Non voglio dire che tutti possono fare tutto, ma ognuno di noi ha delle potenzialità, cioè la famosa frase ‘se vuoi, puoi’ è vera solo fino al limite delle tue potenzialità. Sicuramente una persona che si allena con la persona giusta, nel modo giusto e nell’ambiente giusto può esprimere al meglio le proprie potenzialità a differenza magari di qualcuno che si allena con persone sbagliate che non gli danno un metodo o, per tornare al discorso di prima, che sui social fanno vedere alcune cose e poi in realtà non hanno realizzato le cose che vorrebbero insegnare agli altri.
Mi sembra di capire che allora non esistano limiti legati all’età…
E’ normale che tutto ciò che facciamo da bambini è più facile perché la mente è plastica ed ha pochi limiti. Immagina un bambino che gattona e poi comincia a camminare, quando cade si rialza ma non si chiede se potrà farcela o meno. Nella nostra accademia è uguale, se ti guardi intorno vedi persone che ce la stanno facendo anche perché l’ambiente è unico, supportivo, non esiste esaltazione, non ci sono gare ed ognuno vuole solo dai il meglio di se stesso. Non esiste un’età adatta per iniziare.
Però ho visto che siete divisi comunque per età…
Noi coi bambini abbiamo tre classi: panda, tigers e dragons che suddividiamo per fasce di età, poi abbiamo gli junior che corrispondono agli adolescenti ed infine le classi basic e leadership masterclass per adulti. Da noi si può iniziare a qualsiasi età perché si parte dal proprio livello. Una cintura bianca di settant’anni sarà diversa da una di diciotto, perché non esiste competizione se non con se stessi, al fine di fare il meglio di se stessi in quell’esatto momento della propria vita. Fisicamente come maestro non posso pretendere che il settantenne mi renda come il diciottenne mentre mentalmente è il contrario. Nel Wing Tsun, non essendo un’attività competitiva, si diventa ingegneri del proprio corpo, cioè fai si che il tuo corpo si muova col principio dell’economia dei movimenti, significa che un determinato movimento impari a farlo col minor dispendio di energia. Per questo motivo devi saper respirare bene, molte persone non capiscono l’importanza di una buona respirazione che ti fornisce il principale carburante per l’attività. Se in una macchina metti cinque litri di benzina e in un’altra ne metti dieci, a parità di motore chi ne ha di più farà più strada, ecco perché la prima cosa che insegniamo a fare è respirare, poi a rimanere flessibili, non solo fisicamente ma anche di testa. Quando entri in una delle nostre accademie se non sei disposto ad imparare o ti impunti che una cosa non funzionerà mai, stari tranquillo che non funzionerà perchè non l’hai voluto tu. L’unica differenza tra una persona giovane ed una più anziana è che la vita di rende sempre meno disposto a imparare, ma se uno è disposto ad aprirsi allora non esiste età che possa fare la differenza.
Spesso il primo approccio alle arti marziali è stimolato da un artista o un attore visto in azione su qualche piattaforma streaming o in qualche film. Qual è il confine tra realtà e finzione? Quanto c’è di vero in un vero combattimento da strada e ciò che vediamo nei filmati?
Purtroppo delle volte mi son trovato a dover affrontare delle aggressioni per poter difendere me o chi mi stava vicino da pericoli imminenti e mai mi sono approfittato del fatto che fossi un professionista, è stata costrizione assoluta. Per esperienza però posso dirti che funziona solo se hai ricevuto un addestramento appropriato da un maestro che ha saputo prepararti ad uno scontro reale, che non vuol dire su un ring ma per strada. La differenza sta nel fatto che in un ring o in una gabbia ci sono due persone che vogliono combattere, un pubblico ed un arbitro per far rispettare delle regole e per dare un inizio ed una fine. Per strada non esiste tutto questo, magari ti stai facendo gli affari tuoi ed arriva uno che vuole darti una coltellata o magari vuole borseggiarti per cui devi reagire istintivamente. Quegli istinti si creano attraverso delle abitudini, ragion per cui devi essere abituato a reagire istintivamente a degli attacchi che non sono preordinati. In quel caso deve essere bravo l’insegnante ad allenarti in quelle situazioni mentre l’allievo deve allenarsi tanto per far entrare quei riflessi nella propria testa, la quale potrà poi agire istintivamente sotto stress”
È vero che bisogna anche imparare a prenderle?
Assolutamente, infatti in accademia noi utilizziamo delle protezioni, insomma non dobbiamo procurarci dei danni no? Uscire dall’accademia con un naso rotto non va bene, noi ad esempio abbiamo dei caschetti con grata che magari limitano la visibilità, meglio quello che niente. Abbiamo però la possibilità di capire com’è uno scontro reale.
Quanto c’è di Sifu Colonnata nella struttura dei tuoi corsi?
Io ho voluto chiamare la mia accademia AWTKA non sifu Colonnata, il mio metodo, non sifu Colonnata ma metodo marziale. Tutti abbiamo una parte egoica ma secondo me l’AWTKA unito al metodo marziale sono un qualcosa molto più grande della mia persona e vorrei fosse qualcosa che possa essere trasmesso anche il giorno in cui non ci sarò più. L’AWTKA non è la mia associazione, è la nostra in cui ognuno cresce e fornisce il proprio contributo ed ognuno deve poter diventare più bravo del proprio fondatore. Io non voglio essere un limite per i miei allievi, semmai un mentore cioè qualcuno che ha guidato con esempio, qualcuno che ha già fatto ciò che tu ispiri a fare. Voglio essere un mentore per chi, guardandomi, possa veder una persona che cominciando da zero ha raggiunto degli obiettivi utilizzando un metodo fatto di dedizione, costanza con un valore principe che è l’integrità. Un ispirazione per ragazzi che possano dire se ce l’ha fatta lui posso farcela pure io.