E’ una caldissima domenica di fine giugno e dobbiamo cambiare stabilimento perché il nostro abituale è sold out, come tutti i concerti estivi. Arriviamo e chiediamo dove si pagano i lettini, al bar una ragazza ci dice che dobbiamo recarci al gabbiotto all’ingresso. Attendiamo e arriva la stessa ragazza o forse una gemella che ci fa pagare: costano un poco di più e ci chiedono la documentazione reddituale. Finalmente ci sdraiamo sui lettini, non c’è un filo d’aria, l’afa è soffocante e sudiamo come pekari del Guatemala. Passa l’autista Uber che parla al telefono con le sue inseparabili cuffiette. Finalmente si alza il vento e iniziamo a respirare il profumo misto di zuppa di pesce e gonfiabili. A tal proposito, ne scopro qualcuno con delle forme davvero inquietanti. Sulla spiaggia non si parla d’altro che del matrimonio di Bezos, i commenti sono più che altro rivolti agli abiti della sposa, che non riscuotono consensi tra il pubblico femminile. Passa il carretto del pesce che grida: “Cozze”: proprio in quel momento passano due ragazze non avvenenti, manco a fa’ così, però. Il sole scotta e inizio a prendere il colore rosso pompeiano, provo a coprirmi con il tettino del lettino che puntualmente non ha i dadi stretti e mi cade in testa… ma stringemoli sti dadi. Mentre andiamo via scorgiamo zio Arduino, pelato cor codino, che parla al telefono con chissà chi. ‘Sto Tinder fa più danni de Lotito: no, me sa’ che ho esagerato.
Nozze e cozze
