Sin dalla notte dei tempi, viaggiare, camminare o semplicemente percorrere certi luoghi ha creato non poche paure agli uomini. Se, poi, come contorno, aggiungiamo anche determinate condizioni come la poca luce, magari proprio la notte, la poca conoscenza dei luoghi, condizioni atmosferiche poco concilianti, è facile che i boschi, le lande selvagge, i deserti si animino di creature che condensano in loro tutte le paure possibili e le immagini che l’uomo conserva nel proprio cuore. In questo modo, ad esempio, in quel di Loch Ness, un lago delle Highlands scozzesi, dal 1933 prospera la leggenda di Nessy, un animale dalle sembianze mostruose, tanto grande, quanto inafferrabile.

Un criptid – ci racconta la scienza – ovvero un animale che se ne sta nascosto ed è quasi impossibile da scovare. Nessy non è l’unico, esistono anche il Bigfoot, in italiano “piedone”, un essere dai tratti vagamente scimmieschi che, a seconda di dove si trovi, cambia nome: Sasquatch in Canada e negli Stati Uniti, Yeti nell’Himalaya, Yowie in Australia, Yeren nella regione cinese dello Hubei. I tratti di questi esseri sono molto simili, perchè hanno una statura oltre i tre metri, il corpo ricoperto di un folto pelo che può essere nero, rosso o bianco e tutti si aggirano nelle impenetrabili foreste dei paesi d’origine oltre che nella fantasia delle popolazioni locali. Molte persone affermano di averli visti: tra queste ricordo anche il famoso scalatore Messner in una delle sue numerose spedizioni sul tetto del mondo, ma nessuno ha mai portato una prova inconfutabile e schiacciante della loro esistenza. Anche in Messico e nelle zone dell’America centrale è presente il Chupacabra, uno strano essere dedito a succhiare il sangue delle capre e se capita, anche di qualche persona. Insomma basta girare un pò per il mondo per scoprire versioni locali di un mostro o di un essere straordinariamente sfuggente quanto spaventoso che turba l’esistenza dei residenti. Ciò che è accaduto però nel 1948 a Tampa Bay in Florida e nei suoi dintorni ha levato il sonno a parecchie persone, spingendone qualcuna a fare affermazioni che hanno davvero del sensazionale. Dunque un bel mattino, in un paesino lì vicino di appena 15 mila abitanti, chiamato Clearwater (traducibile in Acquachiara), un tizio, camminando lungo la spiaggia, notò delle strane orme lasciate sulla sabbia da un animale con tre dita. Queste orme, lunghe 35 centimetri e larghe quasi 28, con una falcata da uno a due metri proseguivano per circa due miglia, per scomparire improvvisamente sul bagnasciuga. Le tracce apparvero improvvisamente anche in altre spiagge tra l’isola di Honeymoon e St. Pete, lasciando la polizia di stucco e la popolazione nel panico. La notizia si sparse tanto da arrivare ad allertare alcuni cronisti del Times che in un articolo arrivarono a chiedersi “Queste tracce sono veramente quelle di uno strano animale gigante, una mostruosità sbucata dalle acque del mare che il tempo aveva dimenticato?”.

Certamente qualcuno pensò anche ad una burla ben congegnata, ma a quel punto: perché avrebbe dovuto creare così tanti problemi? Come se non bastasse, nel palcoscenico di questa storia si aggiunse uno zoologo di New York, tale Ivan Sanderson. Come ebbe a concludere più tardi Richard Grigonis, un suo biografo (incredibilmente in America esistono biografi anche per i personaggi più insulsi) Sanderson, al contrario di molti scienziati, avrebbe fatto carte false pur di essere annoverato tra gli scienziati più famosi. Sanderson quindi cominciò a fare indagini serrate, intervistando persone dei luoghi, arrivando perfino a portarsi a casa il calco di un’orma apparsa lungo il fiume Suwnnee circa 100 miglia a nord del primo avvistamento a Clearwater. Il risultato delle sue ricerche fu incontrovertibile: non poteva trattarsi di una truffa, quelle orme erano vere perché troppo profonde per essere fatte da un uomo o un mezzo meccanico. A riprova di quello che diceva, Sanderson affermò di aver visto lui stesso quell’animale volare nei pressi del fiume, descrivendolo di colore giallo grigio, di una lunghezza di circa quattro metri, con delle grandi pinne al posto delle braccia e delle zampe che, sbattute nell’acqua potevano generare delle onde poderose. Insomma una specie di pinguino gigantesco soprannominato Old Three Toes (Vecchio tre dita) come lui stesso ebbe a dire, anche se l’idea di un pinguino alto come una casa a due piani in Florida, lasciava un po’ da pensare. Il vecchio Tre Dita riapparve ancora un paio di volte, l’ultima nel 1958 poi di lui non si sentì più parlare. Trent’anni dopo, una giornalista scovò questa storia dagli archivi e facendo un paio di domande in giro, fu consigliata di andare a parlare con un certo Tony Signorini il quale, da sotto il suo banco di lavoro, possedeva una specie di officina, tirò fuori una paio di piedi. Di ferro, con tre dita! L’idea di creare il Vecchio Tre dita venne al suo vecchio principale, un burlone nato, così ispirati dalla notizia, questa volta vera, pubblicata sul National Geographic del ritrovamento di alcune impronte fossili di dinosauro, le studiarono e le riprodussero in ferro con l’aggiunta di un paio di scarpe da ginnastica incorporate. Con un barchino raggiunsero la spiaggia di Clearwater e si divertirono a fare qualche passeggiata sulla sabbia. Per simulare il lungo passo, Tony stava in equilibrio su un piede dondolando l’altro fino a darsi una spinta per poter arrivare il più lontano possibile, ogni piede pesava circa 13 chili. Suo figlio Jeff disse di aver provato una volta a camminare con quelle “scarpe” riuscendo solo ad andare a gambe all’aria. E Sanderson? Ebbene dopo le indagini sul pinguino gigante, si buttò nell’editoria scrivendo libri su Bigfoot, triangolo delle Bermuda e UFO. Morì nel 1973 ma nonostante lo svelamento della truffa di Old Three Toes i suoi lettori più affezionati si rifiutarono sempre di ammettere la verità, forse accontentando in un certo qual modo i desideri dell’autore. Ciò che egli vide e che anche altri giurarono di aver visto furono forse dei lamantini anche se, bisogna ammettere che per scambiare un lamantino per un pinguino gigante bisogna aver avuto davvero una gran brutta giornata. Per metterci sopra il carico da novanta, come si dice da queste parti, Williams, il capo di Signorini, la mente geniale dietro questo scherzo, ammise di aver convinto alcuni suoi amici a rilasciare delle dichiarazioni false pur di accrescere la veridicità dei fatti. Signorini se n’è andato, presumo con un sorriso in viso, nel 2013 lasciando in eredità al figlio i piedi incriminati che conserva gelosamente nonostante più di una persona glieli abbia chiesti per esporli in un museo o in qualche sala cittadina.

Questa storia mi fa tornare in mente un evento simile avvenuto sul monte Musinè, vicino a Torino, dove ho passato la mia gioventù. Un giorno un escursionista trovò dei graffiti su una roccia raffiguranti un disco volante con alcuni ominidi intorno e la scoperta alimentò la già nota leggenda di quel luogo, legato a eventi magici e straordinari. Si mossero scienziati, ufologi e ricercatori strampalati di ogni genere, tutti a giurare e spergiurare che quel monte fungesse da base per frequenti attività extraterrestri. Molti anni dopo, sbucò un contadino che con un sorrisetto alla Signorini, ammise con una frase in dialetto che quei disegni li aveva fatti lui. Inutile a dire che se ancora oggi, a distanza di cinquant’anni, andiamo a riesumare quella storia molta gente affermerà continuamente che quei disegni sono la prova provata che i marziani sono atterrati sul Musinè.
Forse davvero sentiamo la necessità di rendere vere certe storie, magari solo per dare un volto alle nostre paure più ancestrali o, viste da un’altra prospettiva, per avere delle storie divertenti da raccontare ad amici e parenti.