foto di Silvia Meacci
Sarà visitabile fino al 2 maggio, “Poesia e Salvezza”, la mostra di Gessica La Pira. Cornice ideale e scrigno ricco di secoli d’arte il Chiostro Grande della SS. Annunziata, spazio espositivo per le quarantacinque tele che raccontano la fragilità umana. I materiali utilizzati, carta, stralci di giornale, gesso, polvere di marmo, a creare volumi, linee e velature, immediatamente rivelano la formazione dell’artista approdata all’arte e al visual design dopo studi umanistici e specializzazioni in regia, arti sceniche, storia del teatro d’opera lirica. Opere materiche in cui prevale il bianco, purezza potenziale di ogni essere umano, e i colori pastello che ricordano la soavità candida e ancestrale di Beato Angelico. Prezioso l’utilizzo della stoffa che copre la tela in multistratificazioni che non svelano, ma fanno intuire profondità, ferite.

L’arte di La Pira è ricerca del bello, anela a un equilibrio per sanare le lacerazioni umane all’interno del singolo o della società ove sempre più è persa l’identità culturale. I collage realizzati con elementi della natura ma anche con la carta stampata in tecnica mista trasudano malinconia e intimità. Molti rimandi delicati al mondo femminile, alle donne, generatrici di vita. “L’intento è quello di sensibilizzare il pubblico verso una direzione che vede l’arte come necessità dello spirito, responsabilità”, ha commentato l’artista. “Educare alla bellezza vuol dire educare alla speranza. L’essere umano, la nostra identità, la cultura devono essere considerate bussole necessarie per continuare nel cammino di uno stato sociale che non deve arrendersi, che deve mantenere una distanza tra ‘mondo reale’ e ‘mondo digitale’, che deve includere ogni forma, non smarrire la singolarità che caratterizza ogni vita umana e deve essere rivolto all’umanità intera”.

Un’arte intima e garbata che non si ferma solamente alla bellezza ma vuole aprirsi al mondo per impegno civile e sociale. Da un’idea della criminologa Giovanna Ottavi, infatti, il ricavato della vendita delle opere della mostra sarà devoluto a progetti di reinserimento per detenuti ed ex detenuti delle carceri di Sollicciano e Gozzini, promossi dalle associazioni C.I.A.O. e dal Centro Diurno Attavante che si occupa di soddisfare i primi bisogni di coloro che escono dal carcere privi di ogni bene materiale e senza affetti familiari o amicali. Avvicinare la cittadinanza alle problematiche delle strutture detentive, soprattutto di Firenze, è un’opera di sensibilizzazione molto meritevole.Il progetto, curato da Francesca Roberti, è patrocinato dal Comune di Firenze, dalla Regione Toscana e dal Consiglio Regionale della Toscana.
