seconda e ultima parte
Diari Toscani incontra la pittrice Silvana Gatti. Nata a Tunisi, vive a Rivoli, in provincia di Torino. Pittrice figurativa e simbolista, tiene laboratori di pittura per bambini. Ha scritto per alcune riviste d’arte, attualmente scrive recensioni sulla rivista Art&trA di Roberto Sparaci. Ha all’attivo numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Ultimamente ha esposto presso il Museo Civico della Casa del Conte Verde di Rivoli a Villa Filippini di Besana di Brianza. e alla Biblioteca Angelica di Roma, dove ha ricevuto il Premio Blustar International. Alcune sue opere sono pubblicate in numerose riviste e libri d’arte.
Cos’è il fantastico per Silvana?
È pensare a un qualcosa di bello, lasciarsi trasportare da un sogno positivo e immergerci nella natura sperando che continui a farci stupire: davanti a un campo di fiori, a un tramonto, al mare. Nei miei dipinti il mare è spesso presente. A me piace quando la natura vince sull’uomo, a volte vedo un fiore che spunta in mezzo alle crepe dell’asfalto, quello è fantastico, è un segno che la natura vince. Fantastico è vedere il sorriso di un bambino.
Fantasticando non si corre il rischio di vivere in un mondo avulso dalla realtà?
Talvolta è necessario allontanarci dalla realtà perché opprime e penalizza i nostri spazi programmando il nostro tempo.
Secondo lei il tempo è un’illusione?
No, purtroppo non lo è, con le prime rughette ne abbiamo la prova. Importante è fare qualcosa che ci piaccia, nel mio caso la pittura, oltre ovviamente, a trascorrere del tempo con la famiglia e quando è possibile fare dei viaggi.

Esiste una dimensione pittorica che si possa definire illusione?
Quando dipingo mi immergo in un mondo tutto mio, proprio come se io vivessi quel tempo e quel mondo. Se dipingo un mare, io sono dentro il mare, nelle sue onde. Durante il periodo del Covid, se sentivo il desiderio di vederlo, lo dipingevo e vivevo in quella dimensione.
Ha detto che le piace fare viaggi, anche il viaggio dentro noi stessi è importante: è viaggiare nell’interiorità, la propria. Lei riesce a mettere sulla tela quanto di questo viaggio le si mostra?
Alla fin fine sì, uso la simbologia. Il mio mondo, i miei pensieri, le mie sensazioni si palesano sulla tela e vengono impressi. Come diceva Magritte delle opere di De Chirico: “Questo è il pensiero dipinto.” Da un pensiero nasce un’immagine e da essa nasce un quadro.
Il suo rapporto con il colore…
Colori forti e decisi. Anche nell’abbigliamento mi piace che ci sia colore. Mi dà allegria, positività.

Nei suoi quadri lei usa prevalentemente segni e colori netti, talvolta nella vita siamo costretti a “sfumare”, nelle sue opere queste sfumature sono rare...
Nella vita si deve cercare di mediare, anche se non sempre è facile. Per quanto riguarda invece la mia pittura dipende, qualche volta, altrimenti come diceva lei, mi piacciono segni e colori netti. O positivo o negativo con poche vie di mezzo.
In questo caso significa dipingere ascoltando quello che per lei è la verità?
La mia verità. Anni fa dipinsi una serie di bimbi in provetta, attraverso queste tele esternavo il mio pensiero inerente la manipolazione genetica, la clonazione umana e tutto ciò che ne consegue. Qui il discorso sarebbe lungo… Il mio pensiero al riguardo è molto preciso: il bambino ha i suoi diritti.

Nella sua espressività artistica possiamo dire che è presente anche un linguaggio di denuncia?
Sì, è una denuncia sociale con un punto di domanda: dove siamo arrivati? Dove stiamo andando? Ho fatto una serie di dipinti sui migranti. Nel mio quadro Alla ricerca dell’identità c’è uomo al centro mentre da una parte ci sono dei grattacieli e dall’altra una colonna romana, è un uomo che non sa più chi è e non sa più dove andare, è in balìa degli eventi storici contemporanei. Basta pensare a coloro che in Africa pagano, con i pochi risparmi che hanno, per poter scappare e, dopo aver attraversato il deserto, vengono chiusi nelle prigioni libiche; subiscono di tutto con la speranza di riuscire a venire in Europa, ma quanti di loro riescono a farcela? Così come gli afgani che arrivano a Gorizia e si accampano sull’Isonzo dopo aver fatto ottomila chilometri a piedi. La realtà purtroppo è questa, è un’epopea. Questo quadro e un altro di questa serie fanno parte della Collezione delle stampe e dei disegni di Sgarbi.
Cos’è l’arte per Silvana?
L’arte deve dare dei messaggi, ed è fondamentale che gli altri riescano a recepirli altrimenti rimane fine a se stessa.
Tiene ancora laboratori con i bambini?
Sì, la prima fase è fargli apprendere la tecnica, si inizia con la tempera per poi passare con l’olio. Nella seconda fase del corso cerco di far emergere la loro creatività. Le faccio un esempio: il tema è un campo di papaveri. Quello che dico loro è che quel campo di papaveri lo devono dipingere come lo vedono e lo sentono loro. Ognuno lo rappresenterà in maniera personalizzata. C’è un episodio che racconto sempre: una volta portai un gruppo di bimbi a dipingere en plein air in un lago qui vicino Rivoli, una bimba dipinse una ninfea in mezzo al lago. La mamma obiettò in quanto non c’erano ninfee. Le dissi che sua figlia aveva capito perfettamente la lezione che avevo fatto su Monet e che aveva dipinto il lago di Avigliana in modo personale miscelando creatività e storia dell’arte.
Lei ha parlato di creatività dei bambini, quanto raccontano attraverso i loro disegni?
Torno nuovamente a farle un esempio, una volta portai ai bambini la stampa di un quadro di Monet in cui si intravede, in un campo di papaveri, una casetta. Una bambina dipinse due case, una bianca e una nera. Questa bambina era stata adottata. Potrei farle molteplici esempi perché in ogni loro disegno o dipinto comunicano anche il rapporto che hanno con i genitori, o con il padre o con la madre. Quando alcuni elementi sono rappresentati molto grandi, per esempio, può voler dire che hanno una visione della famiglia positiva, se un albero è dipinto in modo imponente vuol dire che hanno un rapporto positivo con la figura paterna, un albero esile indica invece un rapporto inesistente con il padre, che è una figura importante nella loro vita. Una casa grande simboleggia un buon rapporto con la famiglia.
L’emotività è una componente nell’arte, e indubbiamente mostrare la strada ai bambini per poterla esternare è importante, che ruolo hanno i genitori per stimolare nei figli la voglia di farlo attraverso la pittura?
Rispetto a qualche anno fa, purtroppo, i genitori hanno meno interesse a mandare i figli in un laboratorio di pittura, infatti i gruppi sono meno numerosi. Dare ai bambini la possibilità di potersi esprimere attraverso l’arte è importante, sia per loro, sia per i genitori. Quello che rappresentano su di un foglio può farci capire molto di ciascuno di essi.
Progetti futuri?
Ne ho alcuni, ma al momento sono allo stadio embrionale. Sono reduce da un trimestre molto intenso di mostre, ora è il momento di produrre per i prossimi eventi.