Una volta, per evocare una disgrazia imminente si usava dire “Mamma li turchi”, memori delle razzie fatte da bande di pirati saraceni nei secoli precedenti, lungo le coste del Mar Mediterraneo. I tempi però cambiano ed oggi potremmo dire “Mamma li dazi!”, grazie a questa iniziativa del neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il cui vero obiettivo è ancora tutto da scoprire. Gli americani le chiamano “tariff” e la notizia delle loro imposizioni sta letteralmente facendo impazzire le borse di tutto il mondo, soprattutto per il fatto che il POTUS, acronimo tutto statunitense che sta per President Of The United States, un giorno le impone e l’altro le leva, poi le alza, le abbassa, le sospende, insomma una gran bella rogna per chi cerca di impostare una strategia decente sui commerci con l’estero. Se la loro imposizione può (e per certi versi lo è) essere folle, ancor di più lo è la formula matematica con la quale vengono calcolati. Non sono un economista e in matematica andavo abbastanza male, per cui cercherò di descriverli in maniera tanto semplice, quanto l’ho capita. Dunque stando a quanto scritto dalla pagina economica del Corriere della Sera, dalla quale ho ricavato la spiegazione, “La formula tiene conto del deficit commerciale 2024 degli Stati Uniti verso il Paese a cui è stato imposto il dazio”, il deficit commerciale si verifica quando il valore totale delle importazioni di un paese supera il valore totale delle sue esportazioni. Nel caso dell’Unione Europea ad esempio ammonta a 235,6 miliardi di dollari che, diviso per il totale delle importazioni degli Stati Uniti dall’UE, ovvero 605,8 miliardi di dollari, dà come risultato 0,39, da qui il 39 per cento arrotondato per eccesso a 40 e diviso per due, per effetto dello sconto di cortesia fatto da Trump. Ecco da dove arriva il famoso 20 per cento di dazio da pagare sulle merci esportate. Una formula del tutto campata in aria perchè non ha alcun fondamento economico, e a dirlo non sono io, che di economia ne capisco quanto Lapo, il mio gatto, può capirne di astrofisica, ma Tommaso Monacelli, professore ordinario di Macroeconomia all’Università Bocconi di Milano. A suo dire, quella di Trump è una mossa frutto di una politica populista più che una sensata manovra economica, ma io mi fermo qui con le spiegazioni, perché ci ho già messo molto tempo a capire il concetto che vi ho spiegato, figuratevi il resto. Il passo successivo, che però strappa davvero qualche sorriso, sta nello sbirciare la quota di dazi che, con questo metodo bizzarro, è stata affibbiata agli altri stati e se qualcuno dice di non aver letto con curiosità la lista fornita dalla Casa Bianca, è più bugiardo di Pinocchio. Ad avere la peggio sembra sia stata la Cina a cui è stato applicato un dazio del 34 per cento, che, aggiunto a quello preesistente, lo fa volare al 54 per cento, ma siccome è risaputo che ai cinesi non gliela si fa, proprio ieri questi hanno annunciato che risponderanno con tariffe al 104 per cento, sempre che qualcuno domani mattina non si svegli di cattivo umore e cambi ancora le carte in tavola. Segue a ruota il Vietnam, che notoriamente non gli è mai stato simpatico, con un 46 per cento, la Cambogia, altra rivale storica col 49 per cento, lo Sri Lanka col 44 per cento, Taiwan col 32 per cento, insomma a leggere la lista, che si può facilmente trovare in rete, c’è davvero da chiedersi che tipo di fiaschi di vino circolino nei palazzi che contano a Washington. La tassazione che più mi ha incuriosito è stata quella affibbiata allo stato di Saint Pierre e Miquelon, che, in realtà, è un comune sotto la tutela della Francia, composto da tre isolotti messi in croce di fronte a Terranova, con una popolazione di 5618 abitanti a cui è stato imposto un dazio del 50 per cento, quasi peggio della Cina. Ma che gli avranno mai fatto quei poveracci a Trump? Le Isole Svalbard, ricoperte totalmente da ghiaccio e abitate da poco più di 2000 persone, con un’economia basata praticamente sul niente, se la cavano con un modesto 10 per cento. Chiudono questa bizzarra compilation, davvero come una ciliegia sopra una torta partorita da un pasticcere ubriaco, le Isole Heard e McDonald, praticamente un puntino microscopico nell’Oceano Indiano, prossime al Polo Sud, sede dell’unico vulcano attivo dell’Australia e composte da rocce, ghiaccio e fuoco con popolazione pari a zero abitanti ,visto che da almeno dieci anni nessuno osa metterci piede. Il premier australiano Anthony Albanese ha dichiarato recentemente, riferendosi a questa storia dei dazi, che: “Nessun luogo sulla Terra è al sicuro” ed infatti anche loro sono state colpite da una tassazione pari al 10 per cento. Non è chiaro quali dati economici siano stati presi in considerazione, vista la formula di cui vi ho parlato sopra, così come non è chiaro nemmeno chi debba incaricarsi di mediare politicamente, a meno che non si voglia tenere conto di una nutrita colonia di pinguini, gli unici in grado di poter salvaguardare le loro ipotetiche esportazioni negli Stati Uniti.
Quando ero ragazzino si favoleggiava su ciò che sarebbe potuto essere il mondo una volta diventati grandi. Non so voi, ma io, una storia del genere avrei fatto davvero fatica ad immaginarmela.