Ventotene è un’isola piccola, quasi un puntino nel Tirreno, ma con un peso storico gigantesco. Lì, nel 1941, mentre in Europa infuocava il secondo conflitto mondiale, qualcuno già ne profetizzava il futuro. Si trattava di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, confinati dal regime fascista italiano, i quali buttarono giù il Manifesto di Ventotene, una dichiarazione di guerra contro i nazionalismi. La loro idea era quella di un’Europa federale, unita, non solo da trattati economici, ma anche da un’identità comune, per mettere fine a secoli di guerre interne al continente. Le loro parole hanno ispirato l’Unione Europea che conosciamo oggi, anche se il risultato finale è qualcosa di molto diverso da quello che Spinelli e Rossi immaginarono a Ventotene. Oggi, quel Manifesto è di nuovo al centro del dibattito, dopo che la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha espresso in sede istituzionale che l’Europa di Ventotene “non è la sua”. Il dibattito aperto dalle dichiarazioni della premier è diventato una questione essenzialmente logico-politica in contrapposizione con le opposizioni. E in questo “mare magnum” di opinioni ci siamo chiesti quanti ragazzi sanno davvero cosa sia il Manifesto di Ventotene. Ho avviato un piccolo sondaggio tra i giovani della mia rete sociale e il risultato è stato che la metà ne ignora l’esistenza. “Ventotene? Mai sentita. È un nuovo locale?” mi ha detto qualcuno. “C’entrano i trattati europei, giusto?” ha azzardato un altro. Solo il terzo, dopo qualche secondo di riflessione, ha centrato il punto: “Era il progetto di un’Europa senza stati nazionali. Ma oggi, sinceramente, chi la vuole?”. Effettivamente…bella domanda. Per questo ho deciso di parlarne con alcuni colleghi universitari che, a differenza della media, seguono percorsi di studio relativi alla materia politica.
Dario, 21 anni, sorridendo sarcastico ha detto: “Spinelli era un visionario, non uno stupido, ma l’idea di Europa che teorizzava 75 anni fa ormai è una soluzione obsoleta. Lui parlava di un’unione politica vera, non di una tecnocrazia che impone vincoli di bilancio e regole assurde. Se fosse vivo oggi, si metterebbe le mani nei capelli. La Meloni ha fatto bene a distanziarsi, perché l’UE non tutela gli interessi italiani, ma li affoga in una palude burocratica”. Luca, 21 anni, è stato molto più drastico: “L’UE è un tiranno che ci soggioga. Ci hanno venduto il sogno dell’integrazione e ci siamo ritrovati con un’Europa che impone tasse, regole e austerità, mentre Germania e Francia fanno quello che vogliono. La polemica sul Manifesto di Ventotene è la solita retorica globalista che serve solo a chi ha il potere. L’Italia deve riprendersi la sua sovranità, punto. Se il prezzo è uscire dall’UE, ben venga. L’Europa è una zavorra che ostacola il benessere italiano”. Matteo, 24 anni, europeista ma con qualche riserva, ha provato a difendere il progetto: “Senza l’UE saremmo molto più deboli. Pensa alla crisi del 2008 o alla pandemia: senza i fondi europei saremmo colati a picco. Il problema è che l’Unione non è abbastanza politica. Gli stati membri la usano quando gli conviene e la scaricano quando fa comodo. Il Manifesto di Ventotene era una provocazione, ma forse serve ancora oggi: bisogna scegliere se arrivare all’Europa federale o restare in questo limbo di competenze”.
Il punto nodale del concetto emerge proprio qui: Ventotene non è solo un’isola, è un’idea che oggi sembra lontana, sbiadita. La generazione che ha dato tutto per costruire l’Unione Europea si sta spegnendo e la nostra non sembra più intenzionata a mantenerla ‘viva’. Un tempo si sognava un’Europa unita, come oggi si sogna una carriera da influencer: senza crederci davvero, ma sperando che funzioni. La politica si muove su logiche di consenso immediato e i giovani, invece di dibattere su Ventotene o questioni analogamente rilevanti, scorrono indefessamente reels sui social. Eppure, il vero bivio è qui: restare in questa zona grigia, uniti solo da moneta e regole fiscali, o costruire davvero qualcosa di consolidante e innovativo. La premier dice che l’Europa di Ventotene non è la sua, forse in realtà il problema è che l’Europa, oggi, non è di nessuno.