foto di Pietro Marchini
Sappiamo che antiche tribù di abitatori del pianeta vivevano di vita autonoma, ma con frequenti contatti soprattutto commerciali. Per lungo tempo stettero in assoluta tranquillità, ma un bel giorno, stanchi di tanta serenità, iniziarono a litigare e ben presto le contese finirono in guerra e la guerra in tragedia. Furono in pochi a salvare la pelle e in particolare due giovanissimi ragazzi, membri di clan opposti. Questi decisero di andarsene da una terra che oramai consideravano ostile, volevano dimenticare gli orrori subiti, la perdita dei genitori, di fratelli ed amici. Si giurarono eterna fedeltà, radunarono il loro miseri averi, alcune pecore e capre e si incamminarono verso un futuro completamente ignoto. Camminavano di giorno e riposavano di notte, senza tregua, in cerca di un territorio che potesse accoglierli per una vita serena. Passarono settimane e mesi finché giunsero nei pressi di una catena montuosa così vicina al mare da suscitare in loro una grande meraviglia. Erano attratti dai fianchi bianchi delle affilate vette che riflettevano la luce del sole, e dalla marina che i raggi rimandava indietro caricandoli di intensi colori. Decisero di tentare l’avventura su questi monti, iniziarono a salire e si trovarono dopo qualche giorno in un’altura boscosa in mezzo a due valli. I nostri giovanissimi eroi trovarono alloggio in quello che oggi chiamiamo l’altipiano del Vergheto, fra Massa e Carrara. Lì poterono riposare e dormire in ripari naturali, ed ebbero la facoltà di far pascolare le greggi nei grandi prati che circondano il monte Sagro. Ma erano anche curiosi, irrequieti e desiderosi di conoscere quelle lingue bianche che tanto li avevano affascinati. Lasciarono il piccolo gregge custodito dal loro fedele lupo (un lupo a guardia delle pecore! allora era possibile) e scesero il pianoro verso nord, sicuramente passarono da Colonnata, quando ancora questo non esisteva e proseguendo per impervi sentieri giunsero sopra uno spiazzo dominante la marina.
Avevano il bianco marmo sotto i piedi, dietro le spalle, sopra la testa, erano estasiati, al colmo della felicità, mai avrebbero pensato di vivere in un luogo tanto bello e magico. Vi erano anche tanti anfratti nella roccia che sembravano fatti apposta per accogliere una giovane coppia in viaggio di nozze. Presero una immediata decisione: qui avrebbero trascorso gli anni che a loro restavano da vivere e, data l’età, gliene rimanevano ancora molti. Creusa fu felice di sistemare le poche cose in una confortevole grotta, accolta da una ricca fluorescenza all’ingresso. Attis vagava nei dintorni alla ricerca di cibo, piccoli animali, bacche o radici di cui loro conoscevano i segreti. Naturalmente entrambi dovevano badare al gregge, alle cure di cui gli animali necessitavano, a ricavarne il latte e le pelli per farsi comodi e caldi vestiti. Dovevano cercare pascoli sempre verdi e ricoveri in caso di forti temporali. Ma il momento più desiderato era la sera quando, dopo aver esaurito i loro compiti, potevano rannicchiarsi in fondo al piazzale per godere il tramonto del sole. Era questo uno spettacolo che li conquistava sempre e che ogni volta giudicavano diverso. Ma una sera, dopo un giorno splendido e tenuto pulito dal vento di tramontana, l’astro colpì con i suoi raggi il bianco della montagna. Questa cambiò colore, rimandò bagliori di rosa, blu e azzurro, facendo del luogo un ambiente da favola. I due ragazzi al colmo dell’estasi si toccarono, si abbracciarono si baciarono e fecero per la prima volta quello che nessuno gli aveva mai insegnato: si accoppiarono, senza regole né convenzioni. Impararono a fare l’amore, così come avviene in tutto il mondo animale. Conobbero un piacere fin’ora sconosciuto, impararono ancora di più ad amarsi e rispettarsi. Più tardi scoprirono che, come per il resto degli esseri viventi, da quell’amore scaturiva la vita che rendeva ancora più preziosa la loro.
Da quel giorno i loro corpi non smisero più di cercarsi: un temporale, un forte vento, una nevicata, bastava a loro per stare avvinghiati e ripetere quella meravigliosa esperienza. Naturalmente anche dopo un grande evento atmosferico, quando in cielo compare l’arcobaleno che sembra spegnersi nella marina, e il tutto assume tinte indescrivibili, i due giovani amanti si trovavano in perfetta sintonia per fondere insieme anima e corpo. Dopo ogni grande evento naturale nasceva un bambino, furono molti gli eventi e furono molti i bambini. Nessuno ha mai saputo quanti fossero, né quanti sopravvissero alle avversità della natura, ma quando su questi monti arrivarono i primi popoli Liguri, i nostri erano tanti e accolsero loro a braccia aperte, formando una grande comunità.
Venne un tempo in cui Creusa ed Attis furono vecchi, radunarono tutta la prole pronunciando le loro ultime volontà: volevano essere sepolti dentro quella bianca roccia che tanto avevano amato e da cui erano stati sempre ricambiati. I figli iniziarono subito a scavare nel marmo della montagna con gli attrezzi che conoscevano a quel tempo. Scalpelli rudimentali e mazzuoli non mancavano ma, non avendo a disposizione mine, filo elicoidale e denti diamantati, il lavoro risultò duro, occorreva molta pazienza e determinazione. Non avevano esperienza perché nessuno al mondo lo aveva mai fatto prima di loro. Tuttavia, il marmo cedeva, saltavano le scaglie mettendo in evidenza la fragilità e la relativa resistenza della pietra bianca. Man mano che procedevano imparavano, capivano quali erano i punti di rottura. Anche questa pietra, come il legno, doveva essere lavorata con delicatezza seguendo le sue fibre. Impararono anche a conoscere le linee di frattura, che oggi i nostri esperti cavatori chiamano il pelo. Trasmisero le loro conoscenze agli altri, perché non andassero perdute.
Passò molto tempo ma finalmente la prima tomba marmorea e la prima scultura, sulla pietra che ha reso famose le Apuane, andò a buon fine. I nostri due eroi erano invecchiati nel corpo ma non nella mente, si amavano ancora di una passione che si rinnovava ogni giorno. Quando morirono furono tumulati, abbracciati insieme, nel luogo che avevano scelto, il purissimo marmo delle Apuane. A questo punto finisce la leggenda e inizia la storia; infatti, non passò molto tempo che tutti gli abitatori delle Apuane furono cacciati dai romani e sostituiti con i coloni. Dando origine ad una vicenda fatta di grandezze e di miserie, di conquiste e resistenze, ma soprattutto di aggressioni alla montagna con sempre più gravi e irreparabili ferite.