seconda e ultima parte
L’intervista alla pittrice Holly Melia sarà una chiacchierata tra amiche che condividono, oltre al godere della bellezza dell’arte, il piacere di trascorrere del tempo in passeggiate immerse nelle meraviglie di un territorio conosciuto in tutto il mondo: il Chianti.

Tua madre è stata un’artista conosciuta e quotata, e mi onoro di essere stata ritratta da lei. Oltre alla bravura ricordo che aveva anche una personalità molto forte. Tutti abbiamo necessità di avere conferme in special modo dai genitori, un riconoscimento del nostro valore. In alcuni casi diventa più difficile quando si hanno genitori con uno spessore abbastanza importante, quasi “pesante”...
Mia madre era sempre incoraggiante, anche con mia sorella. Pensandoci adesso, forse è da lei che ho acquisito la voglia di fare soggetti grandi Quando ero piccola diceva: “Fallo più grande che puoi”. Non ci avevo mai pensato, mi sta venendo in mente adesso. Era contenta che io e mia sorella avessimo la passione della pittura e non l’ho mai sentita come una competizione.
Non mi riferivo alla competizione, bensì al desiderio di voler raggiungere le capacità di tua madre, camminare con le proprie gambe per arrivare ad affermarti non “come figlia di…”, ma come artista capace. Una consapevolezza di sé che deve svilupparsi con la crescita. Non tutti ci riescono e, a volte vivono all’ombra di genitori che hanno una forte personalità...
Non è stato il nostro caso: noi abbiamo fatto anche delle mostre tutte e tre insieme, godendo del poter condividere una passione.

Quindi l’arte è anche condivisione?
Sì, di sicuro, fra di noi era così. Un piccolo inciso: ci sono alcune persone che pensano che l’arte sia riservata solo a chi se ne intende, non è così. Se un quadro piace, piace. È una questione visiva, non si deve necessariamente pensare che in quell’opera debba esserci un messaggio riservato solo a pochi. Forse questo è uno dei motivi per cui dipingo soggetti tratti dalla natura in quanto non c’è niente da capire, sono sotto gli occhi di tutti. Quando ero molto giovane avevo un carattere un po’ ribelle, e feci dei quadri realizzati con l’olio, nei quali dipinsi facce astratte con colori insoliti, era il mio modo di sfogarmi. Pochi hanno visto quelle tele.
Cos’è l’arte per Holly?
Credo che nella mia vita l’arte sia stata un percorso a fasi. Quando ero piccola era per fare qualcosa insieme a mia madre e copiare; crescendo era il mio linguaggio per sfogarmi; poi sono andata all’università, e in quell’ambiente la tendenza è di guidare e incanalare gli studenti. Io non avevo voglia di essere guidata, non mi adattavo granché. Poi ho iniziato a lavorare e sono stata fortunata a trovare Rampini: anche se dovevo lavorare su quello che era stato commissionato, era piacevole perché lavorare nell’arte e guadagnare è gratificante.

Se qualcuno ti commissiona un quadro come ti relazioni con il committente?
Dico sempre che farò quella commissione, ma a una condizione: se il risultato non sarà quello che volevano, sono liberi di dire che non acquisteranno il quadro. Quando mi viene fatta una richiesta, il committente ha già un’idea in testa, spesso però la mia idea è diversa, può essere che non corrisponda a ciò che desidera. Io cerco comunque di fare ciò che mi viene chiesto, ma resta la componente mia, personale.
Da dove nasce quel “qualcosa” che ti porta a dipingere?
Dall’amore che ho per la natura.
Fra l’altro tu ci vivi immersa…
Sì, ed è da lì che arriva la voglia di mettere sulla carta ciò che vedo e osservo, lavoro tanto anche con le foto, anche se ho occasione di vedere gli animali dal vivo.

Il rapporto con le tue opere…
Ci sono momenti in cui ho un’idea, che poi cambia mentre lavoro, per poi cambiare ancora e arrivo a dire che odio quello che sto facendo, che non mi piace. Prendo e lascio lì per poi tornarci con calma nei giorni dopo. Spesso guardo il quadro nello specchio, e questo mi consente di vedere le proporzioni in maniera diversa, è come se lo vedessi per la prima volta. Ci sono volte in cui lavorando non vedo più, mentre nello specchio vedi com’è.
Ci sono dei canoni da rispettare nella pittura: quanto questi possono essere vincolanti nella tua espressione artistica?
Ho sempre lavorato istintivamente, forse perché non ho finito l’università, e non ho mai avuto qualcuno che mi insegnasse sia la tecnica, sia i canoni pittorici. Qualcosa l’ho imparata, le basi, almeno. Credo che sia il mio occhio a guidarmi.
Quanto è importante parlare con chi fruisce delle tue opere e ascoltare le sensazioni che suscitano?
Ovviamente sono felice se riesco a dare piacere con un mio quadro, è importante perché mi dà soddisfazione, però non ho la necessità di essere compiaciuta e l’unico messaggio che porto attraverso i miei lavori è: rispettare la natura. Tengo però a precisare che quando dipingo non parto da quel presupposto. Ciò che muove la mia mano è il desiderio di riprodurre sulla carta quello che vedo.
Mettere su carta ciò che hai visto è anche il mezzo di “scrivere” quello che tu provi?
Sì, diciamo di sì, è un po’ come portare con me quel ricordo.
Ci sono ricordi legati alla memoria nei quali una forte componente sono le sensazioni che essi suscitano, attraverso un quadro riesci a riprodurre per te quelle sensazioni?
Sì, ancora di più, si amplificano. I miei quadri raccontano la vita che è intorno a me, quindi anche la natura.
Quello che tu mi stai dicendo è molto vicino a ciò che fa un illustratore, quindi potremmo dire che si possono raccontare delle storie attraverso i tuoi quadri...
Sì, fin da piccola raccontavo delle storie sugli animali, compresi gli insetti, e così i miei quadri raccontano piccole storie, lasciando a chi li guarda la libertà di usare la fantasia.
Progetti futuri?
Mi piacerebbe ricominciare con le mostre, e vedere cosa viene fuori, è da un po’ che sono ferma. Non ho grandi obiettivi, ovviamente se dovessero arrivare saranno i benvenuti. Mia madre era una persona che voleva la fama e l’ha ottenuta, io invece non la cerco, forse non la vorrei. Ovviamente se faccio una mostra e vedo che le persone apprezzano, mi fa molto piacere.
Foto di Fabio Muzzi