Se vi piacciono le saghe del ciclo di Re Artù sarete sicuramente attratti dal mito del Santo Graal, la coppa che, secondo la leggenda, Nicodemo usò per raccogliere il sangue di Gesù deposto dalla croce. In realtà non è proprio detto che il Sacro Graal sia un calice: alcune versioni dicono sia un piatto, altri che sia la lancia che il legionario romano Longino usò, su ordine del centurione, per verificare che Gesù fosse morto provocando la famosa ferita nel costato dal quale fuoriuscì sangue misto ad acqua. Se poi vogliamo ancora dare retta a Dan Brown, nel suo romanzo il “Codice Da Vinci”, il Sacro Graal è idenntificato nella linea di sangue che unisce una caterva di personaggi storici partendo da Nostro Signore fino alla sua ultima discendente Sophie Neveu. Per dirla tutta, l’idea non è stata nemmeno sua, perché lo scrittore americano la fregò a mani basse dal lavoro di Lincoln Baigent e Leigh intitolato appunto “Il santo Graal” ma questa è tutta un’altra storia che lasciamo altri.

Di reliquie strettamente legate alla figura di Gesù ne abbiamo a bizzeffe, tanto che qualcuno disse che, se dovessimo mettere insieme tutte le schegge del legno della croce di Cristo potremmo ricavarne una foresta di alberi. Ma con la devozione popolare non si scherza quindi, possiamo limitarci a dire che tra le più famose ci sono sicuramente i tre chiodi che sono conservati: uno a Roma nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, uno a Milano sull’altare maggiore del Duomo ed un altro incastrato nella corona Ferrea a Monza e poi ce n’è un quarto che si trova a Colle di Val d’Elsa. Io ricordo anche una spina della corona che si trova a Pisa in una chiesetta (che in quattro anni non ho mai visto aperta) sul Lungarno, dedicata a Santa Maria di ponte Nuovo, detta appunto “Della spina”, mentre altri chiodi sono custoditi in chiese sparse un po’ in tutta Italia. Il Titulus crucis, ovvero l’iscrizione INRI posta in cima alla croce, scoperta da Sant’Elena sarebbe anch’esso a Roma insieme al chiodo, mentre la scalinata che portava alla sala dove fu interrogato da Ponzio Pilato la possiamo trovare vicino alla basilica di San Giovanni in Laterano. Il calice dal quale siamo partiti sembra sia conservato nella cattedrale di Valencia ma, se non siete convinti che quello sia l’originale, allora potreste credere che a Torino, una statua posta all’entrata della Chiesa della Gran Madre, ai piedi della collina della Maddalena, quella che sta sotto Superga per intenderci, indichi dove la preziosa coppa è nascosta. Ce n’è un po’ per tutti i gusti, ma se non si vuole andar troppo lontano, possiamo rimanere in Lunigiana dove, anche qui, tradizione vuole che esista una preziosissima reliquia di Gesù. La storia dice che il Venerdì Santo dell’anno 782, il Vescovo di Luni, Apollinare e quello di Lucca, Giovanni, videro giungere sulle coste della ormai decadente città di Luni una barca senza equipaggio. Recuperatala scoprirono che all’interno erano trasportate due reliquie: una era un’ampolla contenente il sangue di Gesù, mentre l’altra un crocifisso detto acherotipo, ovvero non scolpito da mani umane. I due alti prelati si spartirono il carico e così il crocifisso, che prese il nome di “Volto Santo” prese la strada di Lucca dove è ancora presente ed è meta di pellegrinaggi, mentre il sangue rimase sul posto. Quando la sede vescovile fu portata a Sarzana la reliquia gli andò appresso e ancora oggi è possibile vederla conservata in un’apposita teca installata in una cappella laterale del duomo. Non starò qui a discutere se quella testimonianza sia vera o meno, ognuno è libero di pensarla come vuole, alla fine solo la fede può distinguere una vera reliquia da una falsa, ma sta di fatto che nel passare degli anni, parecchie persone si sono inginocchiate davanti a lei: San francesco d’Assisi, Santa Caterina da Siena, San Domenico di Guzman, i papi Paolo III e Niccolò V, gli imperatori Federico III, Carlo V, Carlo VIII e Maria Adelaide sposa di Vittorio Emanuele II. Infine, ultimo, ma assolutamente non meno importante, il sommo poeta Dante Alighieri. Prima e dopo di loro, un vero fiume di pellegrini che, transitando per la via Francigena e la Via del Volto Santo, hanno rivolto le loro preghiere, rendendo la devozione per questa reliquia un fenomeno di massa. La forza di queste reliquie, vere o false che siano, risiede nel potere evocativo che suscitano tra i fedeli. Non ritengo sia giusto sminuire il valore dell’oggetto in se stesso, credo sia, invece, doveroso osservare come queste fruttifichino in termini di fede e facciano crescere nell’animo di chi le venera, un vero spirito cristiano. Uscendo dalla cattedrale di Sarzana, se poi alzate lo sguardo in alto a sinistra, noterete un altro curioso oggetto, forse unico nel genere, conficcato tra i mattoni della facciata. Si tratta di una spada, sulla quale si sono intessute svariate leggende. La prima vuole che sia stata messa lì solo per fungere da meridiana, ma a meno che non abbiate dei buoni occhiali, sembra difficile credere che abbia avuto quella funzione. Una seconda versione dice che quello sia stato il segno di una pace stipulata tra due condottieri, alla fine di un conflitto per la spartizione del territorio. Non si sa, però, a chi ci si riferisca con questa storia per cui, ecco una terza versione che ci riporta alla battaglia passata alla storia col nome di Serrezana, nella quale si confrontarono Genova e la Firenze dei Medici. Secondo quest’ultima versione la spada potrebbe essere appartenuta addirittura a Lorenzo il Magnifico e fu posta lì per sancire la fine del conflitto che vide la città gigliata vincitrice.
Insomma se andiamo visitare Sarzana, in un solo luogo possiamo trovare davvero tante storie, quante ne può contenere l’intera Lunigiana, vera terra di misteri e di leggende.