
Quando gli antichi allestivano una costruzione, si saranno mai immaginati che, parecchi anni dopo, nel futuro, quella stessa costruzione sarebbe stata ammirata, da millemila persone, non in quanto tale, bensì in quanto “Rovina”? Facile che no. Diceva il filosofo Roberto Peregalli: “…Passeggiare senza meta tra le rovine, di qualsiasi epoca esse siano, è un’esperienza entusiasmante. Il tempo è come improvvisamente sospeso. Il mondo quotidiano appare lontano. Il rapporto che si è creato tra la natura e l’opera ha generato un miracolo, un equilibrio fragile e sublime tra il tempo e la bellezza. Un racconto della solitudine e del silenzio…”.

Ecco. Magari, se i suddetti antichi avessero potuto vederle nel futuro remoto, avrebbero considerato quelle loro stesse strutture architettoniche, ridotte a scheletri e moncherini di sè stesse, come mera “spazzatura”.

Ho detto “Spazzatura”?
Sì, l’ho detto.

E lo hanno detto anche coloro che, nel 2016, provarono a realizzare il laboratorio artistico “Basura” (per l’appunto, “Spazzatura”, in lingua ispanica), le cui “rovine” sorgono, ancora oggi, in Via Carriona di Ravaccione 55, poco prima del curvone dietro il quale sorge la frazione di Torano di Carrara.

Principio primo di quella realtà era, appunto, il creare arte spremendola fuori, letteralmente, dai rifiuti, dalle scorie, dagli scarti, ricavati dall’industria del lapideo come dalla generica società dei consumi.
Arte dalle Rovine, nel vero senso della parola. Rovine che si fanno Arte ed Arte che si fa Rovina.

Eh già, perchè, come avrete intuito al volo, quel progetto ha visto, decisamente, giorni migliori, sempre che…i giorni migliori non siano ancora qui, in forma di resti, vestigia, reliquie, ruderi. Ricordo e spirito vitale, ancora tangibili di un qualcosa che, a suo modo, continua ad esistere, anche se in una forma del tutto nuova ed insospettabile.

E la faccenda si fa ancor più interessante, se consideriamo che, nel corso degli anni di fruizione e poi di abbandono, quelle stesse mura, nate già un pò disastrate ed ora più che mai tali, sono divenute, di fatto, un museo a cielo aperto di graffiti!

Il reticolato metallico che avrebbe dovuto respingere i visitatori, gli esploratori ed i semplici curiosi, non esiste più, quindi la struttura, se avete un filo di coraggio e di sana incoscienza, è assolutamente visitabile.
Dico “incoscienza”, perchè in alcuni punti la stabilità dell’edificio sembra relativa, quindi, se vi ci avventurerete a vostro rischio & pericolo, prestate attenzione, mi raccomando.

Dico “coraggio”, perchè tutte le rovine degne di questo nome – e quindi, pure queste -, hanno, da sempre, un guardiano e custode. Personificato, nella fattispecie in esame, da “l’Assisa”: una misteriosa figura pensante e pensosa, oltre che, giustappunto, seduta (la testa fra le mani e la posizione parlano chiaro), che potrete scorgere subito, nell’atto di darvi le spalle, appena varcati i confini di quel bizzarro luogo fuori dal tempo e dallo spazio.

“Ma è una scultura di gesso!” , diranno i più fanfaroni fra di voi.
Sarà. Ma provate ad andarci da soli, dopo che è calato il sole, e ce lo sapremo ridire. Scommettiamo che almeno un piccolo brividino di inquietudine vi artiglierebbe la bocca dello stomaco?
Anche voi, quindi, sedetevi un attimo, acchiappatevi il testone fra le mani e…’Meditate, gente, meditate’.
“La vita non merita di essere vissuta che per le delizie che fioriscono sulle sue rovine” (Emil Cioran, “Il Crepuscolo dei Pensieri”).

