Piove: sarà la stagione, sarà il clima un po’ confuso di questi ultimi tempi, sarà che qui in Lunigiana piove spesso e molto, resta il fatto che piove. Ho trovato Lapo, il mio gatto di razza ellenica, per cui filosofo per diritto naturale, a guardare con aria malinconica fuori dalla finestra. Mi sono avvicinato, gli ho dato un paio di gradite carezze e ho cercato di capire cosa avesse carpito la sua attenzione in particolare. Senza farsi pregare troppo mi ha detto che non invidiava affatto quei piccioni appollaiati sotto il tetto della casa di fronte, non solo per il fatto che stavano fuori all’addiaccio, preda dell’umidità, ma anche perché, un po’ come me, stare all’aperto, mentre fuori viene giù acqua a catinelle, gli fa salire la paura dei fulmini. Le statistiche dicono che le probabilità di essere colpiti da un fulmine sono circa una su trecentomila, ma sbagliamo a pensare che un tale evento possa essere spesso mortale. L’Istituto Superiore di Sanità ci dice che un fulmine, causato molto sommariamente (e poeticamente) da una differenza di potenziale tra cielo e terra, può “provocare danni alla salute, se il corpo viene colpito direttamente dalla scarica oppure se viene colpito dalla corrente di ritorno nel terreno, quindi in maniera indiretta. I danni più gravi sono quelli derivanti dalla fulminazione diretta, e in certi casi possono provocare la morte. Se, per esempio, la corrente passa per il cuore può provocare un arresto cardiaco, mentre se attraversa i centri nervosi o respiratori può portare alla morte per arresto respiratorio. Possono causare la morte, o ferite gravi, anche le bruciature conseguenti alla fulminazione. Danni meno gravi possono essere: paralisi, amnesie e perdita di conoscenza per periodi compresi fra pochi minuti e varie ore.

Entrambe le opzioni si sono verificate sotto le telecamere il 4 novembre del 2024 nella città di Huancayo in Perù, dove si stava giocando una partita di calcio tra Juventud Bellavista e Famiglia Chocca. Mentre le squadre rientravano negli spogliatoi un fulmine ha colpito in pieno un giocatore, uccidendolo sul colpo, mentre la corrente di ritorno appunto, ne ha feriti parecchi altri, facendoli cadere al suolo storditi. Destino, fatali coincidenze, oppure solo mera sfortuna: chi lo può sapere? Ma se parliamo di sfortuna legata ai fulmini, non possiamo non ricordare il caso di Walter Sumemerford, un maggiore dell’esercito britannico, che nel 1918, dopo aver superato i pericoli più disparati che una trincea della prima guerra mondiale poteva offrire, mentre cavalcava sul fronte belga, fu colpito in pieno da una saetta che lo sbalzò dalla sella. Sopravvisse ma rimase paralizzato dalla vita in giù, venne congedato e forzatamente messo in pensione. Nel 1924 mentre si godeva una giornata di pesca sulle rive di un lago canadese, il cielo si oscurò e, per la seconda volta, venne colpito da un fulmine, che, questa volta, gli paralizzò la parte destra del corpo. Sopravvisse e, nel lungo processo di guarigione riuscì a riguadagnare l’uso delle gambe. Tanto sarebbe bastato a chiudersi in casa per il resto dei suoi giorni, ma così non accadde e nel 1930, passeggiando in un parco si ritrovò di nuovo sotto il cielo sbagliato e per la terza volta un fulmine lo colpì in pieno, lasciandolo, questa volta completamente paralizzato, visse altri due anni, ma il colpo fu talmente forte che non si riprese e morì, si dice circondato dall’amore dei suoi familiari. Il cielo però non aveva ancora chiuso i conti con lui, tanto che quattro anni dopo la sua morte, volendo aggiungere l’ultima parola al loro rapporto, un fulmine colpì in pieno la sua pietra tombale, spaccandola in due. Leggendo questa storia ho riformulato a voce alta il concetto di sfortuna e le mie meditazioni sarebbero finite lì, se Lapo non mi avesse fatto notare che qualcuno subì una sorte ancora più amara di quella del Maggiore Summerford.

La storia che ho letto e che riporterò dalla nota enciclopedia online più famosa della rete, ha veramente dell’incredibile: Roy Cleveland Sullivan, che detiene ad oggi il triste world guinness record, è stato soprannominato “conduttore umano di fulmini” o “Parafulmine umano”. Nato in Virginia nel 1912, venne colpito per la prima volta da una folgore nel 1942 mentre, in qualità di Ranger, era di guardia al Shenandoah National Park. Salito su una torre di guardia in legno ma priva di scarico a terra, sei o sette saette colpirono la cabina in cui era chiuso per cui, per il timore di bruciare, uscì correndo, ma fu colpito a sua volta, riportando solo la bruciatura di mezzo pollice, di mezza gamba destra e della punta del piede, perché il fulmine gli aveva fatto addirittura un buco nella scarpa. Il secondo fulmine lo colpì indirettamente nel 1969, mentre era alla guida del suo camion. Una tempesta di saette si scatenò intorno a lui, fino a quando una cadde su un albero, rimbalzò ed entrò nell’abitacolo bruciandogli ciglia, sopracciglia e capelli. Nel 1970 un fulmine colpì un trasformatore vicino alla sua abitazione, ancora una volta rimbalzò colpendolo di striscio alla spalla, mentre era bellamente seduto nel giardino di casa sua. Nel 1972 mentre lavorava all’interno della stazione dei ranger del parco di Shenandoah un fulmine gli appiccò fuoco ai capelli (di nuovo) tanto che, non potendo mettere la testa sotto il rubinetto, spente le fiamme con la giacca dovette coprirsi con un asciugamano bagnato. Il 7 agosto del 1973 durante una tempesta, visti i precedenti, fuggì dalla foresta per rifugiarsi nel suo camion. Le nuvole nere sembravano seguirlo, ma alla fine se ne andarono, convinto di averla scampata uscì dal camion e, a tradimento, fu colpito per la quinta volta. La scarica elettrica gli bruciò il cappello, la gamba sinistra e in sequenza quella destra levandogli addirittura una scarpa. Il 5 giugno del 1976, vedendo una nuvola nera avvicinarsi tentò la fuga, ma per la sesta volta fu colpito ad una caviglia. Il 25 giugno del 1977 mentre era a pesca un fulmine ancora una volta lo colpì in testa bruciandogliela, danneggiandogli anche petto e stomaco e siccome le disgrazie non vengono mai da sole, ripresosi dall’ennesimo shock notò un orso che gli stava rubando la trota appena pescata, ebbe quindi il coraggio di prendere un bastone e darglielo sul groppone. Dichiarò poi che era la ventiduesima volta che lo faceva. Sembra che una volta anche la moglie fu colpita da una scarica aerea, mentre era fuori in cortile a stendere il bucato, il marito che era con lei ne uscì stranamente illeso. Ironia della sorte, il 28 settembre del 1983 all’età di 71 anni si suicidò per non essere riuscito a sopportare l’unico colpo di fulmine provocatogli da una donna.

Lapo mi ricorda che in un film di Leonardo Pieraccioni, il suo inseparabile amico, interpretato da Massimo Ceccherini, veniva colpito in pieno d’un fulmine e da quel momento in poi comincia ad andare di porta in porta ad odorare il legno con cui era stato fatto, accompagnato dalle note di “Dammi il tuo amore, non chiedermi niente dimmi che , hai bisogno di me!” Chissà che in qualche modo non sia stato ispirato proprio dal ranger parafulmine. Una cosa è certa, come suggeriamo io e Lapo, se siete all’aperto e si scatena un improvviso temporale, non riparatevi sotto un albero, molto meglio rischiare di incontrare un orso che vi ruba le trote appena pescate.