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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Le mortali sette religiose in Kenya

DiStefano Guidaci

Mag 28, 2023

seconda parte

Al fine di avere un quadro completo dell’orrore vissuto nelle ultime settimane sulle coste del Kenya settentrionale, ho parlato dell’argomento con alcuni medici del Malindi General hospital. “Secondo le testimonianze di alcuni sopravvissuti  – mi hanno detto i dottori – che hanno portato in ospedale i propri figli quando si sono resi conto che stavano per morire tra le loro braccia, il culto di morte seguiva un preciso progetto: a marzo dovevano morire tutti i bambini, ad aprile toccava alle donne, maggio sarebbe stata la volta degli uomini”. Un altro collega medico ha spiegato: “Stando a rumors locali, il 27 aprile la polizia ha arrestato il telepredicatore ed ha chiuso la sua chiesa, la New Life International Church, che ha sede a Mavueni, un centro a pochi chilometri dalla città costiera di Kilifi. Il motivo è stato  la scoperta, in una impresa di pompe funebri poco lontana, di diversi corpi di persone che, sarebbero tutte morte nei locali della chiesa”. A quel punto le autorità non hanno più potuto tacere: il ministro dell’interno del Kenya, Kithure Kindiki, in persona è intervenuto per spiegare che la polizia ha trovato più di 100 persone nascoste nella struttura e le ha portate via per interrogarle. Anche il procuratore della provincia di Kilifi ha dichiarato che Odero è sospettato di diversi reati, tra cui omicidio, suicidio assistito, rapimento, crimini contro l’umanità, crudeltà su minori, frode e riciclaggio di denaro. Si tratta di informazioni attendibili, secondo il ministro,  che collegano i corpi riesumati nella foresta di Shakahola alla morte di molti seguaci innocenti e vulnerabili di Odero. Sia Odero che che Nthenge hanno una comune storia di investimenti in vari settori tra cui una emittente televisiva usata per comunicare i loro messaggi ai fedeli. Persino i locali sindaci sono intervenuti stupefatti a condannare lo scempio e l’orrore. In realtà, la gente comune della costa ha la netta impressione che molti sapevano ma hanno taciuto. Da molti decenni in Kenya prolificano nuove “chiese confessionali” che si spacciano per cristiane, ma, nei fatti, sopravvivono solo perché i fondatori lucrano, sfruttando l’ingenuità e l’ignoranza delle popolazioni, che spesso vivono ancora a livello tribale. Le strutture possono essere case in muratura o baracche, non troppo diverse dalle altre in una bidonville. Possono accogliere centinaia di fedeli o un solo un piccolo gruppo. Nomi e luoghi cambiano, ma la sostanza è la stessa: sono ormai migliaia le chiese autodefinite anche nel resto del paese. In comune hanno alcune caratteristiche: fondatori che si attribuiscono il titolo di ‘profeti’ e vantano la capacità di compiere miracoli di vario genere (spesso la guarigione da ogni tipo di malattia, compreso l’Aids), dottrine che mescolano elementi nominalmente cristiani con tradizioni estranee alla fede, come la poligamia. In questo senso il caso del Kenya, dove il 14 per cento dei cristiani non aderisce alla chiesa cattolica, né alle principali denominazioni protestanti, è emblematico di quello di molti stati africani.

Alcuni anni or sono, Lele, il defunto vescovo di Mombasa, che molto si adoperò per aiutarmi nella fondazione del mio orfanotrofio, mi disse: “Queste chiese non hanno una dottrina ben definita, né strutture permanenti: oggi ci sono, domani non ci sono più. Parlano di salvezza, ma poi manca un impatto sulla società, sulle condizioni concrete di vita dei fedeli”. Aggiunse che, già allora , cioè nel 2010, in pochi anni erano state respinte dalle Curie locali quasi 7000 richieste di ufficiali registrazioni di nuove chiese. Nonostante ciò, attorno a queste sette si muovono, in vari casi, anche notevoli quantità di denaro a beneficio degli autoproclamati pastori, motivo per cui il loro tasso di crescita preoccupa da tempo anche il governo di Nairobi. Occorre quindi, urgentemente, dare ordine ad un’espansione incontrollata che rischia di tradursi in abusi. È per questo motivo che i vescovi della Conferenza episcopale cattolica keniana hanno diffuso nei giorni scorsi un comunicato in cui chiedevano al governo di rivedere radicalmente la proposta di legge e l’appello  è stato recepito dallo stesso presidente della repubblica. Oltre che sulla situazione delle chiese autoproclamate, le nuove norme dovrebbero, soprattutto, tradursi in più controllo su quei luoghi di culto e d’istruzione islamici sospettati di propagandare l’ideologia estremista degli Shabaab filo somali. Purtroppo, però, in alcuni casi, le norme destinate a fermare predicatori improvvisati o radicali, rischiano di essere un ostacolo anche alle attività delle chiese e delle organizzazioni religiose storiche, che spesso hanno un ruolo insostituibile anche in ambito sociale.