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Sai la gente è strana – Riflessioni

DiGrave e Courson

Apr 26, 2023

Canzoni nel cassetto”, il libro edito da Vololibero, ideato e scritto da Marco Rettani e Nico Donvito, racconta, capitolo dopo capitolo, come alcune canzoni italiane siano diventate dei successi indimenticabili. Queste righe si concentrano su quanto appreso della storia della canzone “Almeno tu nell’universo” , composta da Bruno Lauzi e cantata magistralmente da Mia Martini. Presentato a Sanremo 1989, il brano è in realtà nato nei primi anni ’70, provato e registrato da Mia Martini, ma poi chiuso in un cassetto. Anche chi ha poche nozioni biografiche su Mimì, sa bene del lungo periodo che per anni l’ha costretta a stare nell’ombra. A causa di indecenti male lingue, la cantante non poteva più esibirsi da nessuna parte, c’erano persone che avevano paura di lei, perché girava voce che portasse sfortuna. Dovunque andasse, solo porte sbattute in faccia. Un destino crudele che fece sprofondare Mia Martini nella totale solitudine, disperazione e autodistruzione. Negli anni, furono provinate diversi cantanti: nessuno accettò di pubblicare nel proprio album quella canzone, fino a quel tentativo da parte di chi teneva a Mia, che provò a rimetterla in gioco una volta per tutte, con l’obbiettivo di abbattere tutti quegli infondati pregiudizi. Non proprio facilmente, la questione andò in porto e nel 1989, Mia cantò “Almeno tu nell’universo” sul palco dell‘Ariston. Ora, detto in sincerità, sembra che questa canzone passi anche con troppa facilità, sdoganata in contesti come karaoke e festival. Bisognerebbe avere il coraggio di sedersi e di ascoltare profondamente le parole, ascoltarle e sentirle, in modo da restarne travolti in maniera disarmante.

“Sai, la gente è strana, prima si odia e poi si ama. Cambia idea improvvisamente. Prima la verità, poi mentirà lui. Senza serietà, come fosse niente”

Bruno Lauzi, con il suo testo, ha messo a nudo uno dei traumi più difficili da sopportare per l’essere umano: l’ abbandono. La gente è strana, matta e sola e per questo motivo, spesso, non è in grado di portare avanti rapporti puri. Troppe vie di fuga, per paura, a volte invidia o peggio ancora, superficialità. A volte i rapporti umani cambiano con la stessa facilità con cui cambia la moda. Questo può essere scioccante, ma accade, ecco perché non va scordato mai il significato di questa canzone: uno spaccato di verità scomoda – la verità vissuta da Mia Martini – e anche  una verità in cui tanti di noi possono maledettamente ritrovarsi. Ad aggiungere crudeltà alla crudeltà poi, spesso c’è la constatazione che  chi subisce queste delusioni siano le persone che meno lo meritano: quel tipo di persone che al prossimo danno l’anima e che invece si ritrovano a barcollare nel buio, vittime di congetture e paure, cicatrici inguaribili e imperdonabili.

Perché tutto questo? Perché la negatività si insinua irrimediabilmente tra le dinamiche umane? Forse perché le decisioni più facili sembrano le più giuste da prendere? O forse, non è facile ammettere che possiamo essere il punto fisso di qualcuno, e che qualcuno possa essere il nostro? Perché nel totale buio è a quel TU che arriva “Almeno tu nell’universo”. Già, tu chi?

“Tu, tu che sei diverso, Almeno tu nell’universo.

Un punto sei, che non ruota mai intorno a me

Un sole che splende per me soltanto

Come un diamante in mezzo al cuore

(…) Non cambierai, dimmi che per sempre sarai sincero e che mi amerai davvero.”

Un’apertura c’è, un po’ di fiducia resta. È alla coerenza di un puro sentimento, che la voce rauca e splendida di Mia Martini si rivolge. Per andare avanti, per non essere più soli come, a volte, si decide di stare. E si può essere soli in mezzo a tanta gente, a lavoro, in famiglia, nella propria band. Quando la band però è una famiglia, ognuno è il bastone dell’altro e non esistono sotterfugi ma affetto e stima reale. Questo il protagonista di questa rubrica musicale, Ivan Grave, l’ha trovato con i suoi compagni di viaggio, una rock band Sardo-Campana, in cui nessuno ha paura di esprimere se stesso con sincerità e coerenza, senza maschere. Dopo vent’anni di carriera artistica, Ivan può spegnere la luce di quella stanza abitata da persone che sono sembrate essere al suo fianco per un po’, ma che poi gli hanno voltato le spalle.