Sardegna, estate 2022. C’è la Faida in giro. Un suono lontano ci incuriosisce. Pochi passi e vediamo un cerchio di uomini, un coro. Quello che stiamo per sentire è Vendetta, un brano del coro di Usini. Subito penso che, di questa canzone, i campani che sono con me e Ivan, non potranno capire neanche una parola. Sta di fatto che stiamo tutti immobili ad ascoltare. Il brano Vendetta è noto in più parti del mondo: i sardi emigrati lo hanno fatto conoscere più che hanno potuto. Il tipo di canto tradizionale in cui ci imbattiamo è molto toccante, Ivan è soddisfatto del fatto che così, per pura coincidenza, i suoi compagni di viaggio possano assistere a questo spaccato di tradizione sarda. Non diciamo nulla sul significato del testo, in pochi secondi prendiamo l’accordo di tacere, in modo, poi, da chiedere agli altri ragazzi cosa hanno potuto cogliere. La Faida che ascolta Vendetta, sembra una situazione studiata a tavolino. Per chi non la conoscesse, il consiglio è semplicemente quello di andare ad ascoltarla. Orecchie e cuori colmi, il brano finisce e ci sediamo tutti su una gradinata: che il simposio abbia inizio.
Tutti i ragazzi hanno potuto cogliere un velo di tristezza, un sentimento che viene fuori con forza grazie alla solennità della linea vocale. L’altro punto che tutti colgono è il brivido, una volta che la parte corale si fa intensa. Di cosa parla esattamente questa vendetta? Il tappeto di tristezza è per tutti accostato ad un sentimento di fierezza, non c’è pentimento, c’è piuttosto unione.
Spieghiamo ai ragazzi il testo e lo raccontiamo anche a voi: il coro di Usini racconta la storia di un bimbo innocente ucciso per errore e della vendetta che il fratello decide di intraprendere, facendosi giustizia da sé. Uccidere l’assassino è un qualcosa che però genera dolore alla madre, che si ritrova con un figlio morto e l’altro assassino per la sanguinosa vendetta compiuta.
“No si podia supportare (Non si poteva sopportare)
tantu dolore o mama mia, (quanto dolore madre mia)
deo lu devia iscaiveddare io dovevo rompergli la testa)
e l’happo fattu a petta ia …(e l’ho fatto a pelle viva)”
Il dolore c’è, ma c’è anche quella fierezza sottile di cui parlano i ragazzi, perché le cose non potevano andare diversamente: a tutti i costi è stata fatta giustizia. Alla fine di tutto, la vendetta risulta essere legittima.
“Mori tue puru e manu mia (muori anche tu per mano mia)
no ti perdono mai, ha mortu a frade meu (non ti potrò perdonare, hai ucciso mio fratello)”
Nanni Brundu, del coro di Usini, scrisse Vendetta nel 1982 come messaggio di pace, trattando un tema noto e problematico in Sardegna: il tema della vendetta tra privati, una modalità che è stata presente nell’isola per un tempo lunghissimo. Il coro di Usini cantò di quanto la giustizia, raggiunta in certi modi, avesse portato ulteriore violenza, odio, dando il via ad una catena di tragici eventi potenzialmente infinita. Nanni Brundu invita al perdono, invita ad andare in un’altra direzione.
I ragazzi della Faida restano colpiti, hanno capito tanto, forse tutto, senza aver compreso le parole del brano. E un ulteriore spunto di riflessione non può mancare. La Faida, infatti, è una band, una gang, una famiglia, che ripone nelle sue canzoni la rivalsa, la rivendicazione dei torti subiti. Questo per loro è vitale. Ivan, Max, JJ, Lexy e Scar prendono la musica e sparano. Non fanno, però, guerra alle altre band, cosa non così scontata, ma ascoltano e si confrontano, cercando perennemente di allargare la loro comunità, cercando di creare uno spirito unito con una rabbia costruttiva. Chitarre, basso, batteria e voce, testi sinceri e senza fronzoli, ecco le loro armi, ecco il loro grido di Vendetta.