A Palazzo Strozzi sono in mostra oltre 70 opere dei maggiori artisti contemporanei italiani e internazionali. “Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye” è stata inaugurata il 4 marzo e proseguirà fino al 18 giugno 2023. È promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, un’istituzione senza scopo di lucro nata per sostenere la produzione dei giovani artisti e al tempo stesso una delle più prestigiose raccolte d’arte contemporanea a livello mondiale, giunta al suo trentesimo anno di vita.
Palazzo Strozzi si riconferma sede eccellente per ospitare forme d’arte contemporanea. Molto elegante e spiazzante il contrasto tra gli ambienti rinascimentali e le sculture, le foto, i video, le installazioni di nuova realizzazione. Tutti gli spazi espositivi, dal Piano Nobile alla Strozzina, sono coinvolti, a cominciare dal cortile in cui è stato installato un enorme razzo spaziale, “GONOGO”, dell’artista Goshka Macuga, che accoglie i visitatori e i passanti.
La prima sezione della poliedrica mostra è dedicata alla scena artistica britannica degli anni novanta. Sono di Damien Hirst le farfalle imprigionate su una tela di color azzurro acceso che risultano monito di riflessione sulla vita e sulla morte. Molto impressionante è l’opera “Love me” di Sarah Lucas. Allo schienale di una sedia è poggiata, ma in verità ne è inglobata, la parte inferiore di un corpo femminile a gambe aperte. Realizzata con fil di ferro, kapok, cartapesta, calze e inchiostro, è totalmente decorata con foto di bocche e occhi. La mancanza di busto e testa suggerisce una mercificazione del corpo femminile o un’intercambiabilità fra occhi, bocca e altri orifizi sessuali.
I materiali sono grandi protagonisti della mostra. Da sempre l’arte trasforma le sostanze fisiche in altro, in figure. Gli artisti contemporanei sono piuttosto degli alchimisti che partono da materiali inconsueti per creare artifici. È il caso dell’opera “Cloud Canyons” di David Medalla dove colonne di schiuma di sapone si generano e si innalzano sfidando la forza di gravità. In “Viral Research” di Charles Ray siamo incantati da contenitori di vetro, collegati tra di loro, in cui un liquido nero e vischioso li riempie allo stesso livello come a richiamare alla mente gli esperimenti chimici, la diffusione di virus e la iperconnessione del mondo in cui viviamo.
La sezione dedicata agli artisti italiani è parecchio suggestiva. Le opere di Maurizio Cattelan spiccano in bilico tra ironia, giocosità e profondità estrema di contenuti. La morte è tema che ricorre nella installazione “Bidibidobidiboo“, in cui uno scoiattolo (tassidermizzato) suicida si erge ad embelma della vita umana reale, di solitudine, di routine, che nessuna formula magica può sovvertire. Nel 1994 Cattelan espose in una galleria di Londra un sacco di calcinacci, macerie di un attacco terroristico a Milano per mano della mafia. A Palazzo Strozzi gli anni di piombo sono ricordati con il simbolo luminoso dellle BR che diventa stella cometa.
È invece di Paola Pivi l’opera “Have you seen me before?“, il grandissimo orso ricoperto da piume di pulcino che altera la percezione della realtà. Un senso di dépaysement si ha anche osservando l’opera di Sherrie Levine realizzata in bronzo partendo da un calco di maschere tribali utilizzate nei riti di passaggio e come augurio di fertilità. Ecco che l’oggetto costruito in serialità e in un altro materiale, lucido ed elegante, viene decontestualizzato, spiazza il visitatore e perde il suo significato.
Iconica è tutta l’opera di Shirin Neshat, artista iraniana e costretta all’esilio che denuncia la condizione della donna nel suo paese con foto dotate di una forza espressiva molto penetrante. Tante le suggestioni dedicate all’identità, al corpo, alle discriminazioni razziali e di genere.
Nello spazio seminterrato di Palazzo Strozzi, “la Strozzina“, tutto concorre a rendere la visita viaggio onirico e personale, di riflessione. Nella videoinstallazione a tre canali di Doug Aitken sullo scioglimento del ghiaccio in Alaska, lo spettatore è rapito dal flusso di immagini in una fruizione rallentata, pausa dai nostri ritmi frenetici. Sorprendentemente, mentre si percorre un lungo corridoio di passaggio, una vocal artist canta una canzone dedicata a ogni singolo visitatore in modo estemporaneo. La mostra continua con proiezioni di differenti artisti. “A partire dagli anni novanta”, si legge sui cartelloni esplicativi, “si è affermata una nuova arte del video che, diversamente dalle esperienze delle decadi precedenti, di orientamento concettuale, trova il proprio referente principale nel modello cinematografico. Il cinema offre agli artisti un universo simbolico, strumenti linguistici e narrativi, e un apparato scenico, quello della proiezione, che da allora in poi definisce la tipica modalità museale di presentazione delle opere video”.
Disponibile in biglietteria e gratuito è il “Kit Teenager”, materiale interpretativo che dà spunti di riflessione per vedere la mostra da soli o con gli amici.
Palazzo Strozzi organizza anche visite guidate per singoli e per gruppi.
prenotazioni@palazzostrozzi.org
Foto di Silvia Meacci







